Civile

Valido il mutuo fondiario anche se supera l’80%

La Cassazione esclude la nullità e la riqualificazione come mutuo «ordinario». Il giudice non può alterare la qualificazione conferita dalle parti a un contratto

di Angelo Busani

Non è nullo né riqualificabile come mutuo «ordinario», ma è un perfetto mutuo «fondiario», quello stipulato tra la banca e il cliente seppur superando il limite massimo finanziabile (cioè l’80 per cento del valore dell’immobile concesso in ipoteca) stabilito dall’articolo 38 del Dlgs 385/1993 in combinazione con la delibera Cicr del 22 aprile 1995.

È questa la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 33719 del 16 novembre 2022, con la quale si fa piazza pulita di tutta la giurisprudenza di legittimità precedente:

● sia di quella emanata fino al 2017 (sentenze 26672/2013, 27380/2013, 22446/2015 3 13164/2016), secondo cui, nel caso di finanziamento eccessivo, il mutuo fondiario non poteva essere qualificato in termini di nullità per violazione di norma imperativa, in quanto il limite è imposto come regola di «buona condotta» bancaria, il cui mancato rispetto rileva esclusivamente a livello di sanzioni applicabili a seguito di controlli effettuati dalla Banca d’Italia;

● sia di quella emanata posteriormente (sentenze 17352/2017, 19016/2017, 6586 e altre del 2018 e 10788/2022), secondo cui il mutuo fondiario di importo eccessivo doveva considerarsi bensì nullo per violazione di norma imperativa, ma al contempo lo si doveva ritenere «convertito» in un valido mutuo ordinario.

Conseguenza della giurisprudenza formatasi dal 2017 era che il mutuo perdeva le caratteristiche fondiarie (ad esempio, la «consolidazione» dell’ipoteca in dieci giorni, la non revocabilità dei pagamenti effettuati dal debitore poi fallito ecc.) ma la banca pur sempre manteneva la garanzia ipotecaria, in quanto essa, per effetto del predetto meccanismo di conversione, non veniva meno a causa della nullità del contratto.

Le Sezioni Unite, dunque, non solo “salvano” il contratto di mutuo, ritenendo che la violazione del limite di finanziabilità non rappresenti un contrasto con una norma imperativa (per la ragione che essa è preordinata solamente alla specificazione dell’oggetto del contratto) e, quindi, non concreti una causa di nullità del contratto, ma anche addirittura salvano la caratteristica fondiaria del mutuo, con tutti i benefici applicativi che ne conseguono. A questa conclusione la Cassazione giunge con un ragionamento invero un po’ complicato.

Si parte dal rilievo che le parti contraenti del mutuo hanno inteso in effetti stipulare un mutuo dotato delle caratteristiche del mutuo fondiario e che poi esse confliggono sulla sua validità (sostenuta dalla banca mutuante) o invalidità (sostenuta dal mutuatario). A fronte di questa considerazione, viene affermato dalla Cassazione che il giudice non può alterare la qualificazione conferita dalle parti a un contratto, a meno che il contratto sia invalido (e, quindi, si discuta in giudizio della sua convertibilità in un contratto valido; ma, come detto, in questo caso la nullità è da escludere) oppure a meno che tale qualificazione sia essa stessa oggetto di contestazione in giudizio.

A quest’ultimo riguardo, la Cassazione afferma che, quando si tratta di effettuare la riqualificazione di un contratto, occorre procedere in termini rigorosamente obiettivi al fine di ricostruire quale fosse la comune intenzione delle parti contraenti.

Ebbene, se tale comune intenzione (addotta dalle parti stesse o accertata da un giudice) sia appunto quella di stipulare un contratto di mutuo fondiario, il giudice non può oltrepassarla e riqualificare il contratto sottoposto al suo esame affinché esso produca gli effetti di un diverso contratto, come, nel caso specifico accadrebbe, se un contratto di mutuo fondiario fosse riconfigurato come mutuo ordinario.

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