Amministrativo

Via libera al codice appalti: niente gara per il 98,3% dei lavori pubblici - Il nuovo testo

Il Consiglio dei ministri del 28 marzo ha approvato in via definitiva la riforma dei contratti pubblici. Rilevante è la questione delle gare sotto soglia

immagine non disponibile

di Mauro Salerno

È un numero che fa impressione in termini percentuali, ma colpisce anche in valori assoluti. L’entrata in vigore del nuovo codice appalti porterà in dote la definitiva messa a regime delle deroghe varate durante la pandemia per accelerare l’assegnazione degli appalti di piccolo e medio importo, innalzando le soglie oltre le quali il codice del 2016 imporrebbe una normale procedura di gara. Il risultato sarà che ben il 98,27% degli affidamenti nel campo dei lavori pubblici potrà essere assegnato, in via fiduciaria o attraverso una procedura negoziata senza bando. Dunque senza una gara ben pubblicizzata e aperta a tutti. Anche in termini assoluti, non si tratta di briciole. Parliamo di un mercato di 18,9 miliardi all’anno che rischia di finire per sempre nella zona grigia delle commesse assegnate al riparo di una vera concorrenza.

A fornire i dati di base è l’Anticorruzione.Nella sua ultima relazione annuale l’Anac ha calcolato che nel 2021 le stazioni appaltanti italiane hanno promosso 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici, per un controvalore di 43,4 miliardi di euro. Di queste ben 61.731 procedure (che l’Anac rileva come richiesta perfezionata di Cig, Codice identificativo di gara), pari appunto al 98,27% per un valore di 18,9 miliardi, sono relative a gare di importo inferiore a 5 milioni. Dunque al di sotto della soglia Ue di 5,38 milioni, che è la fascia di importo entro la quale il nuovo codice appalti impone l’affidamento diretto (fino a 150mila euro) e la procedura negoziata senza bando (con 5 o 10 inviti a seconda che le opere da eseguire valgano di meno o di più di un milione). Su questo punto va peraltro registrata una novità inserita nel testo entrato in Consiglio dei ministri, rispetto allo schema inviato all'esame del Parlamento. Mentre la formulazione del decreto approvato a dicembre prevedeva l’obbligo di ricorrere alle procedure semplificate, la nuova versione ammorbidisce il vincolo di procedere senza gara almeno per le opere di importo superiore al milione. Dal testo dell’articolo 50 è stato infatti cancellato il passaggio che permetteva il ricorso alle gare solo «previa adeguata motivazione». E dunque di fatto le scoraggiava, con un vincolo che sarebbe risultato addirittura maggiore a quello delle deroghe di emergenza che adesso vengono trasformate in regola ordinaria. Al dunque, per i piccoli cantieri il nuovo codice disegna sostanzialmente tre binari: affidamento diretto obbligatorio per gli appalti al di sotto dei 150mila euro (il che vuol dire assegnazione a ditte di fiducia senza neppure bisogno di comparare due o tre preventivi per il 62,1% delle procedure e un controvalore di 3,3 miliardi di euro); procedura negoziata senza bando con cinque inviti per gli appalti fino a un milione e procedure negoziata senza necessità di bando con 10 inviti, ma con residua possibilità di scegliere la gara, per gli appalti di lavori tra uno e 5,38 milioni. In questo modo le scorciatoie varate in tempo di pandemia, con applicazione poi estesa fino al 30 giugno 2023, si trasformeranno in regole per il mercato ordinario senza soluzione di continuità. Una scelta ritenuta eccessiva dall’Autorità Anticorruzione e dalle imprese di costruzione che hanno più volte denunciato il rischio di ampliare il limbo dei contratti a scarso tasso di trasparenza.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©