Penale

Violenza sessuale su minori, no a minor gravità in base solo all’intensità delle singole azioni

Come spiega la Cassazione l’attenuante va esclusa quando dalla valutazione globale delle reiterate condotte del pedofilo risulti compromessa l’integrità sessuale della piccola vittima in termini anche solo psicologici

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di Paola Rossi

No all’applicazione dell’attenuante di minor gravità al pedofilo che attinga la sfera sessuale del minore anche con condotte non estremamente invasive se considerate atomisticamente, ma che comportano un impatto globale anche solo psichico di una certa gravità sulla sfera intima della giovane vittima. Non è quindi da considerarsi solo il peso della singola azione pedofila per raggiungere un giudizio di minor gravità del reato commesso.

La Corte di cassazione penale- con la sentenza n. 36476/2024 - ha respinto il ricorso dell’imputato condannato per violenza sessuale a danno di soggetti minorenni. Infatti, con il ricorso si voleva sostenere che non avendo cercato veri e propri rapporti sessuali con bambine minorenni, all’interno dell’abitazione dove era ospitato dalla madre delle piccole vittime, egli di fatto non aveva commesso fatti di rilevante gravità con conseguente compressione della sfera sessuale delle parti offese.

Ma la Cassazione respinge l’argomento difensivo con cui si volevano appunto “parcellizzare” le diverse azioni dirette a soddisfare l’inclinazione pedofila dell’agente, al fine di sostenerne la minor gravità nella valutazione dell’impatto sulla sfera sessuale delle bambine entrate nel mirino dell’imputato. Infatti, la reiterazione di condotte pedofile, per quanto singolarmente considerate di minor gravità, è già di per sé atta a escludere l’attenuante che comunque richiede una considerazione globale delle singole azioni perpetrate.

Lo stesso dicasi per la continuazione, anch’essa invocata dal ricorrente ed esclusa dalla Corte di legittimità. Il ricorso pretendeva che fossero posti in continuazione fatti tra loro separati, anche da un lungo periodo di detenzione subita. In sintesi, il ricorso sosteneva che, anche in assenza di una determinazione unitaria conseguente a una volizione intellettiva, andasse dato risalto all’impulsività delle singole condotte in quanto tutte avvinte dal disturbo pedofilo da cui è affetto il ricorrente. Ciò al contrario, unitamente all’atteggiamento subdolo con cui l’imputato carpiva la fiducia delle vittime e delle loro famiglie, porta a escludere il riconoscimento “favorevole” della continuazione tra i diversi reati perpetrati dal soggetto pedofilo.

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