Whistleblowing: nuovi obblighi
di Marcello Trabucchi e Paola Spinzi *
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Come è noto con il termine whistleblowing si fa riferimento all'istituto, di derivazione anglosassone, volto a tutelare la condotta delle persone che segnalano irregolarità, violazioni di legge o illeciti penali commessi (o che si presumono commessi) all'interno del proprio ambito lavorativo

Entro il prossimo 10 dicembre l'Italia dovrà rivedere le norme sul whistleblowing al fine di recepire quanto previsto dalla Direttiva UE n. 1937/2019 (di seguito, "Direttiva"), dedicata alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione.
Come è noto con il termine whistleblowing si fa riferimento all'istituto, di derivazione anglosassone, volto a tutelare la condotta delle persone che segnalano irregolarità, violazioni di legge o illeciti penali commessi (o che si presumono commessi) all'interno del proprio ambito lavorativo.
L'istituto del whistleblowing è già presente nel nostro ordinamento. La legge n. 179/2017 ha, infatti, previsto che i Modelli organizzativi ex D.lgs. n. 231/2001 debbano obbligatoriamente prevedere uno o più canali per sottoporre, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, ritenute rilevanti ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti o di violazioni del modello.
L'istituto è, peraltro, oggetto anche dello standard ISO 37002:2021 whistleblowing management systems che fornisce le linee guida per la creazione, l'implementazione e il mantenimento di un efficace sistema di gestione del whistleblowing basato sui principi di fiducia, imparzialità e protezione.
Ora, il recepimento della Direttiva dovrebbe comportare una significativa estensione di tale istituto.
Fra le principali novità previste dalla Direttiva si segnala:
l'ampliamento dell'ambito di applicazione. Anche se molte delle categorie individuate dalla Direttiva coincidono – in buona parte - con i c.d. reati 231 (ad es.: riciclaggio, tutela dell'ambiente, appalti pubblici), le segnalazioni potranno avere ad oggetto anche le violazioni del diritto comunitario, ad esempio in tema di sicurezza dei trasporti, protezione dei consumatori, protezione dei dati personali, sicurezza e conformità dei prodotti e degli alimenti.
l'obbligo, per tutti i soggetti giuridici del settore privato con più di 250 dipendenti (inizialmente, poi con più di 50) a prescindere dall'adozione o meno di un Modello Organizzativo ex D.lgs. n. 231/2001, di istituire un canale informatico specifico e riservato all'invio di segnalazioni;
il medesimo obbligo è previsto per i soggetti giuridici del settore pubblico - compresi i soggetti di proprietà o sotto il controllo di tali soggetti – nonché per i Comuni con più di 10.000 abitanti;
la possibilità per gli Stati membri di chiedere ai soggetti giuridici del settore privato con meno di 50 lavoratori di stabilire canali e procedure di segnalazione interna;l'obbligo - oggi non presente nel nostro ordinamento - di dar seguito alle segnalazioni e di riesaminare le procedure implementate periodicamente, almeno con cadenza triennale;l'ampliamento del novero dei soggetti considerabili potenziali segnalanti: oltre ai lavoratori (apicali e subordinati), la Direttiva considera anche gli azionisti e i componenti degli organi di governance e di controllo, gli ex dipendenti e collaboratori, i soggetti ancora non assunti (che partecipino, ad esempio, a processi di selezione), i "facilitatori" (ossia coloro che prestano assistenza al lavoratore nel processo di segnalazione), i tirocinanti, i volontari, i colleghi e persino i parenti del segnalante;
le segnalazioni potranno anche essere orali e saranno possibili attraverso linee telefoniche o altri sistemi di messaggistica vocale e, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto entro un termine ragionevole;
l'obbligo di istituire procedure per le segnalazioni interne a tutela del whistleblower che prevedano:
- canali di segnalazione sicuri;
- un avviso del ricevimento della segnalazione alla persona segnalante entro sette giorni a decorrere dal ricevimento;
- la designazione di una persona o di un servizio imparziale e competente per dare seguito alla segnalazione, dando riscontro entro un termine ragionevole non superiore a tre mesi a far data dall'avviso di ricevimento della segnalazione oppure dalla scadenza del termine di sette giorni dall'effettuazione della stessa;
- informazioni chiare e facilmente accessibili sulle procedure per effettuare le segnalazioni.
Resta fermo il regime di riservatezza applicabile alle segnalazioni con, altresì, l'applicazione degli artt. 5 (Principi applicabili al trattamento di dati personali) e 13 (Informazioni da fornire qualora i dati personali siano raccolti presso l'interessato) del Regolamento (UE) 2016/679 in tema di privacy.
In tal senso appare consigliabile l'adozione di una piattaforma dedicata, tramite la quale l'organizzazione sarà (dovrebbe essere) in grado di garantire la conformità del processo di whistleblowing alla normativa e l'anonimato del soggetto segnalante. Tra queste si segnala l'applicazione informatica "Whistleblower", messa gratuitamente a disposizione alle condizioni indicate dalla Licenza Pubblica dell'Unione Europea (EUPL v. 1.2 https://eupl.eu/1.2/it/) ed utilizzata dalla stessa ANAC e da molteplici amministrazioni e società pubbliche.
*a cura degli avvocati Marcello Trabucchi e Paola Spinzi di SZA Studio legale
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