Lavoro

Whistleblowing, nella Riforma rafforzamento delle misure di protezione e divieto di condotte ritorsive

La seconda parte dell'approfondimento è dedicata agli elementi cardine della nuova disciplina, con occhio di riguardo agli elementi di criticità ed alle problematiche che maggiormente interesseranno il settore privato

di Fabrizio Sardella, Alexis Bellezza*

Il canale interno di segnalazione ed il coordinamento con la disciplina di cui al D.lgs. 231/01 in tema di responsabilità degli enti da reato

Quanto alla metodologia della tutela ed alla predisposizione dei canali di segnalazione, il Governo ha adottato un approccio improntato a dar pienamente seguito all'assetto tripartito del sistema di protezione del segnalante, come definito in sede europea.

Un controllore, quindi, il cui scopo precipuo sarà quello di assicurare l'efficace effetto dell'apparato di segnalazione, ed a garantire che lo stesso sia idoneo ed efficace nel porre in evidenza condotte commesse in violazione del diritto interno od europeo, nei summenzionati settori tassativamente previsti. E ciò va fatto, come si è detto, disciplinando diverse modalità attraverso cui gli interessati potranno portare ad evidenza le violazioni.

In primo luogo, all'art. 4, il Decreto introduce per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico l'obbligo di predisposizione di un Canale di segnalazione interno all'ente , sia l'ente stesso operante nel settore pubblico o in quello privato.

Con particolare riguardo al settore privato, come già sopra evidenziato, il Decreto stabilisce che l'obbligo ricada su:
• enti che abbiano impiegato, nel corso dell'ultimo anno, una media di almeno 50 lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
• gli enti che rientrino nell'ambito applicativo degli atti normativi del diritto dell'Unione riportati nella Parte IB e Parte II (servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo) dell'Allegato, a prescindere dal numero di addetti impiegati;
• gli enti dotati di un Modello di organizzazione e gestione di cui al D.lgs. 231/01, a prescindere dal numero di addetti impiegati.

A tal ultimo proposito, è doveroso evidenziare che il Decreto, in un'ottica di coordinamento con la disciplina della responsabilità da reato degli enti, prevede una modifica dell'art. 6, comma 2-bis del D.lgs. 231/01 , sostituito dal seguente: "2-bis. I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e)", unitamente all'abrogazione dei commi 2-ter e 2-quater.

Secondo quanto evidenziato nella Relazione illustrativa che accompagnava lo Schema di Decreto, la ratio della scelta risiede nel non intaccare la già esistente previsione normativa inerente allo sviluppo di canali interni di segnalazione negli enti dotati di Modello organizzativo ex D.lgs. 231/01.

Sia però concessa una riflessione mirata a fare un distinguo: in primo luogo, lo sviluppo dei canali di segnalazione non era stato reso obbligatorio dal D.lgs. 231/01, nel quale l'implementazione degli stessi viene posto esclusivamente quale requisito ai fini della effettiva applicazione ed efficacia preventiva del Modello organizzativo; in secondo luogo, è opportuno evidenziare che l'oggetto della previgente segnalazione ex D.lgs. 231/01 è, in concreto, differente rispetto a quello di cui al Decreto ed alla recependa Direttiva.

Se da un lato, infatti, le segnalazioni del ramo 231 sono intese a portare all'attenzione dell'OdV condotte passibili di costituire violazioni di legge penalmente rilevanti, del Modello organizzativo, o, comunque, sensibili in termini di responsabilità dell'ente da reato, dall'altro, le segnalazioni di cui alla Direttiva UE 1937/2019 muovono su di un piano ben più ampio, e trovano il proprio scopo nella prevenzione di possibili lesioni dell'interesse pubblico o dell'integrità dell'amministrazione pubblica o dell'ente privato.

Il rischio è quindi quello di generare una indiscriminata proliferazione degli oneri in capo agli enti, nonché una confusionaria sovrapposizione tra i due binari di segnalazione, foriera di fraintendimenti e di una problematica gestione sostanziale.

È quindi auspicabile, a parere di chi scrive, che l'ente già dotato di un Modello organizzativo 231 supportato da uno o più Canali di segnalazione interni, eroghi gli opportuni aggiornamenti formativi in ambito whistleblowing nei confronti del personale e provveda ad aggiornare le Procedure all'uopo adibite, approntando un razionale e reattivo sistema di gestione della segnalazione, che consenta di far collimare le diverse esigenze di prevenzione, ricondotte ad un unicum dal Decreto di recepimento della Direttiva.

Tornando alle caratteristiche del canale interno di segnalazione, questo dovrà soddisfare il requisito di garanzia della riservatezza circa l'identità dell'autore della segnalazione [1]; e ciò anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia.

Ancorché il Governo, in sede di decretazione, abbia fatto espressamente ricorso alla congiunzione "anche", è avviso dello scrivente che non esistano alternative valide, nel contesto attuale e nella prospettiva di una sempre più pervasiva digitalizzazione del mondo del lavoro, alla predisposizione di un sistema di segnalazione sviluppata su di una piattaforma telematica, ad accesso riservato, tale da riconoscere la facoltà di inoltro informatico, in pieno anonimato, della segnalazione.

In ogni caso, corre l'obbligo di evidenziare che l'attuale Schema di Decreto omette di definire esplicitamente i requisiti tecnici che il canale di segnalazione deve soddisfare, e nemmeno fornisce indicazioni circa un possibile standard di riferimento.

Risulta quindi condivisibile il rilievo mosso da Confindustria nel già citato Position Paper , secondo cui sarebbe indefettibile il rinvio ad una fonte regolamentare, come un Decreto Ministeriale, tramite la quale pubblicare delle linee guida accompagnatorie [2] , che possano specificare le corrette modalità di approntamento del canale interno di segnalazione.

A tal proposito, il Decreto in versione definitiva ha previsto che ANAC pubblicherà, sul proprio sito internet, informazioni riguardanti sia i canali interni che quelli esterni di segnalazione. Inoltre, il Decreto prevede che il soggetto collettivo dia seguito ad un adempimento preliminare all'adozione del sistema di segnalazione, non di secondo momento. Ed invero, l'ente dovrà preventivamente interfacciarsi con "le rappresentanze o le organizzazioni sindacali", ragionevolmente al fine di coordinare con le medesime lo sviluppo di ogni inerente Procedura di segnalazione e di protezione del segnalante, nonché di dar prova circa il rispetto del diritto alla riservatezza ed alla Privacy del segnalante.

Il Decreto è maggiormente specifico nel definire le modalità di gestione della segnalazione effettuata.

Il comma 2 dell'art. 4 prevede che il compito di esaminare e valutare le segnalazioni debba essere attribuito ad un ufficio, interno od esterno all'ente, che sia adeguatamente formato ed in grado di garantire la propria autonomia rispetto ai vertici amministrativi dello stesso.

La norma prevede, quindi, che i componenti dell'ufficio incaricato debbano possedere la preparazione tecnica necessaria a gestire la segnalazione.

Pare quindi pacifico che detta funzione, quanto meno negli enti collettivi già dotati di un Modello organizzativo ex D.lgs. 231/01, possa essere eventualmente ricoperta dall'Organismo di Vigilanza, previa adeguata formalizzazione e ufficiale conferimento dell'incarico.

Negli enti privi di Modello 231, invece, la funzione ben potrebbe essere conferita, a livello interno, alla funzione Internal Audit, ovvero, a livello esterno, ad un consulente legale.

Il terzo comma specifica, successivamente, le diverse forme che la segnalazione può assumere: scritta od orale, con la precisazione che tale ultima modalità può estrinsecarsi per via telefonica, con messaggistica vocale, ovvero con incontro diretto con il soggetto deputato a raccogliere la segnalazione.

Infine, l'art. 5 predispone gli obblighi inerenti alla gestione solerte della segnalazione, che graveranno sull'ufficio all'uopo incaricato. Restano essenzialmente inalterate le disposizioni di cui alla Direttiva, con la conseguente imposizione di un termine di sette giorni, entro i quali dovrà essere fornito al segnalante un avviso di ricevimento, che attesti la presa in carico della segnalazione. Analogamente, viene previsto un termine di mesi tre dal suddetto avviso di ricevimento, per fornire un riscontro concreto all'autore della segnalazione.

Pienamente ispirato alla Direttiva è anche l'obbligo di mantenimento di una costante interlocuzione con il whistleblower, al quale potrà essere consentito di integrare o meglio precisare il contenuto del proprio report. In sostanza, la gestione della segnalazione dovrà caratterizzarsi per puntualità e precisione. Oltre ciò, il Decreto di recepimento prevede che sia fornita un'informazione chiara al personale circa le procedure di segnalazione, sia interne che esterne. Le informazioni dovranno essere agevolmente accessibili al personale tutto, nonché rese disponibili sul sito internet istituzionale della società
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Il canale di segnalazione esterna ed i compiti conferiti ad ANAC. Il sistema sanzionatorio

Il Decreto pare adempiere in maniera adeguata all'obbligo imposto agli Stati membri dalla Direttiva, ossia quello di predisporre un Canale di segnalazione esterno, al quale gli interessati possano adire in assenza di un canale interno, ovvero in presenza di ulteriori condizioni che ne precludano o ne rendano problematica la fruizione.

Ed invero, il canale di segnalazione esterno viene previsto quale strumento alternativo rispetto a quello primario ed interno all'ente, disciplinato dall'art. 4. Il ricorso allo stesso è subordinato, ai sensi dell'art. 6 del Decreto, alla mancata predisposizione di un canale di segnalazione interno ovvero alla non conformità dello stesso ai requisiti di legge o al mancato ricevimento di un riscontro ad una segnalazione già inoltrata tramite il canale prioritario, alla preoccupazione, basata su fondati motivi, che alla segnalazione non sarebbe dato seguito, che potrebbero essere adottate condotte ritorsive nei suoi confronti, ovvero che le violazioni di cui è a conoscenza possano costituire un pericolo palese od imminente per il pubblico interesse.

La formulazione adottata in sede di decretazione d'urgenza appare inadeguata sotto alcuni profili.

Lo Schema di Decreto prevedeva, inizialmente, un'ulteriore condizione di accesso al Canale esterno, individuato nella conclusione dell'iter di segnalazione con un provvedimento finale negativo; scelta non condivisibile in quanto palesava il rischio di privare di legittimazione ed autorevolezza il Canale interno di segnalazione, così come gli organi adibiti ad esaminarne i contenuti. Inoltre, è doveroso evidenziare che tale disposizione si discostava ingiustificatamente da quanto previsto dalla Direttiva, ampliando indebitamente i margini di discrezionalità del segnalante, già resi sufficientemente vasti dalle previsioni di cui alle lettere c) e d) dell'art. 6.

Il tutto si poneva inoltre in manifesta incoerenza rispetto al sistema di gradualità intercorrente tra i vari canali di segnalazione, ponendo il canale interno in una posizione di netta subordinazione rispetto al canale esterno istruito presso ANAC.

Fortunatamente, il Governo è tornato sui propri passi, riformulando l'art. 6 comma I, lett. b), e rimuovendo ogni riferimento ad un provvedimento negativo all'esito dell'iter di segnalazione tramite il Canale interno.

Di più, emerge un chiaro deficit di specificità allorché, alla lett. c), la norma pone quale requisito per l'accesso al canale esterno i "fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione ".

E, invero, manca una specificazione di quale sia il perimetro definitorio dei "fondati motivi" indicati dalla norma. Ad avviso di chi scrive, come anche di Confindustria, sarebbe stato indefettibile un intervento atto a meglio definire tale concetto.

Ad ogni modo, ove alcuna delle suesposte precondizioni risulti soddisfatta, il segnalante insoddisfatto o timoroso avrà diritto di accedere al Canale esterno di segnalazione.
In particolare, il Governo ha identificato nell'ANAC il soggetto competente a ricevere, esaminare e processare le segnalazioni; sicché sarà tale soggetto ad attivare il canale di segnalazione esterno.

Le modalità di inoltro della segnalazione saranno essenzialmente le medesime già enucleate in riferimento al Canale interno. Inoltre, ANAC dovrà addestrare ed incaricare un ufficio munito delle adeguate competenze per la gestione delle segnalazioni, sul quale ricadranno i medesimi obblighi gravanti sugli uffici appuntati dai singoli enti per la segnalazione interna.

Nella gestione delle segnalazioni, l'Autorità indipendente avrà la facoltà di prioritizzare quelle aventi ad oggetto violazioni maggiormente rilevanti e foriere di pregiudizi per l'interesse pubblico, così come potrà omettere di esaminare quelle riportanti violazioni di lieve entità, procedendo alla formale archiviazione.

L'ANAC avrà altresì l'onere di predisporre un report annuale, del quale destinataria sarà la Commissione Europea, finalizzato a rendicontare il numero di segnalazioni esterne ricevute e gestite, il numero e la tipologia di procedimenti avviati a seguito delle sanzioni inoltrate e gli eventuali danni finanziari cagionati dalle violazioni segnalate.

ANAC avrà, però, compiti anche di carattere informativo e di supporto in favore degli autori delle segnalazioni. Come si è detto, ai sensi dell'art. 9 del Decreto di recepimento, l'Autorità pubblicherà sul proprio sito internet una serie specifica di informazioni inerenti:
• ai canali di segnalazione; ai propri contatti di riferimento, anche al fine di ricevere segnalazioni in forma orale;
• le istruzioni sull'uso del canale di segnalazione esterna e dei canali di segnalazione interna; l'illustrazione del regime di riservatezza applicabile alle segnalazioni esterne e alle segnalazioni interne in conformità con il GDPR della Privacy (Regolamento (UE) 2016/679);
• le modalità con le quali ANAC può chiedere alla persona segnalante di fornire integrazioni, i termini di scadenza per il riscontro ad una segnalazione esterna, nonché la tipologie di riscontro e di seguito che l'ANAC può dare ad una segnalazione esterna dal medesimo esaminata;
• l'elenco degli enti del Terzo settore adibiti a fornire supporto al segnalate previa convenzione con ANAC stesso.

Inoltre, entro tre mesi dall'entrata in vigore del Decreto, prevista per il 15 luglio 2023, dovrà pubblicare delle Linee Guida, che costituiranno un vademecum sulla segnalazione esterna. [3]

Le prerogative dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, però, si estendono oltre la mera gestione della segnalazione. Ed infatti, A NAC avrà la facoltà di comminare sanzioni agli enti inadempienti, ai sensi dell'art. 21 del Decreto n. 24 del 2023. In particolare, si tratta di sanzioni amministrative pecuniarie, che sanzionano sia gli enti obbligati, che non abbiano approntato i Canali di segnalazione interni previsti dall'art. 4, non abbiano approntato le necessarie procedure per la gestione della segnalazione stessa o li abbiano adottati in difformità da quanto previsto dagli artt. 4 e 5 del Decreto; ancora, sono sanzionabili coloro che, pur avendo approntato i canali di segnalazione, non abbiano verificato e analizzato le segnalazioni ricevute.

Parimenti, sono previste sanzioni a carico di chi abbia adottato provvedimenti ritorsivi, ostacolato la segnalazione o tentato di ostacolarla, ovvero abbia violato l'obbligo di riservatezza di cui all'art. 12 del Decreto. La sanzione a carico dell'ente spazia da € 10.000 ad € 50.000.

È infine prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da € 500 a € 2.500,00 a carico dell'autore di segnalazione falsa o in mala fede, salvo che lo stesso abbia già subito una condanna in sede penale per il reato di diffamazione o calunnia.

Le divulgazioni pubbliche

L'ultimo strumento che la nuova disciplina pone a disposizione del whistleblower è la divulgazione pubblica, i cui meccanismi di fruizione e requisiti di accesso sono disciplinati dall' art. 15 del Decreto .

Anzitutto, è bene esaminare la definizione di "divulgazione pubblica" o "divulgare pubblicamente", come proposta dall'art. 2, comma I, lett. f) del Decreto di recepimento: "rendere di pubblico dominio informazioni sulle violazioni tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone".

È doveroso premettere che la formulazione adottata dal Governo è stata oggetto di critiche da parte degli osservatori, con particolare riferimento a Confindustria, che nel proprio Position Paper aveva suggerito di contenere la divulgazione pubblica al solo canale dei c.d. Mass Media. Suggerimento che è stato disatteso dal Governo.

Pertanto, il segnalante avrà a disposizione una pluralità di strumenti al fine di procedere a divulgare pubblicamente l'oggetto della segnalazione, con tutti i rischi e le conseguenze che derivano dalla evidente genericità, indeterminatezza ed imprevedibilità dei "mezzi di diffusione" utilizzabili a tale scopo.

Naturalmente l'accesso alla divulgazione pubblica è subordinato al soddisfacimento di determinate precondizioni di fatto, che debbono sussistere affinché il segnalante possa godere degli strumenti di protezione di cui al Decreto, allorché procede ad attuare la divulgazione pubblica. Ed invero, la stessa trova applicazione in ulteriore subordine rispetto alla segnalazione operata tramite il Canale esterno gestito da ANAC, e rappresenta quindi l'extrema ratio per il segnalante, in caso di manifesto insuccesso od inadeguatezza allo scopo dei Canali "sovraordinati".

Sicché, il segnalante potrà utilmente fruire di detto strumento alternativo ai canali, alternativamente, quando: abbia effettuato una segnalazione interna o esterna senza ricevere gli opportuni riscontri entro i termini previsti (tre mesi); abbia fondato timore che la violazione possa costituire pericolo imminente per il pubblico interesse; abbia fondato timore che dalla segnalazione esterna possano derivare azioni ritorsive a suo carico o che la stessa possa non essere efficace.

Rispetto allo Schema di Decreto, il Governo si è premurato di specificare il concetto di timore circa la possibile inefficacia della segnalazione: il riferimento è al fondato sospetto che "possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l'autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa".

Non si comprende, ad ogni modo, come la segnalazione esterna, indirizzata ad ANAC, possa essere soggetta a tali rischi di inefficacia. Si dà atto, in ogni caso, che il Governo ha recepito l'invito di Confindustria e delle Commissioni Parlamentari ad inserire una previsione sanzionatoria specifica, da applicarsi in capo all'autore di una segnalazione falsa ed inoltrata in mala fede, come profilata dall'art. 23 comma 2 della Direttiva, che è confluita alla lettera c) del comma I dell'art. 21.

Così come strutturato, il sistema delle divulgazioni pubbliche costituisce un importante pilastro ai fini di garantire l'osservanza delle disposizioni di cui Decreto.

Ed invero, il timore di subire un danno reputazionale, fondato peraltro nel rischio di una smodata ed incontrollata diffusione della notizia di violazioni verificatisi all'interno della propria struttura organizzativa, motiverà senz'altro le persone giuridiche interessate ad adeguare con solerzia i propri canali interni di segnalazione ai nuovi requisiti normativi.

Obblighi di riservatezza e trattamento dei dati personali

Il Decreto di recepimento ha inteso dare seguito anche agli espetti inerenti alla gestione della riservatezza dei dati personali del segnalante nonché delle informazioni contenute all'interno della segnalazione.

La disciplina degli obblighi di riservatezza è delineata dall'art. 12 del D.lgs. n. 24 del 2023 e prevede che il contenuto delle segnalazioni debba essere trattato dal soggetto destinato a riceverla solo ed esclusivamente nella misura in cui risulti utile a gestire la violazione segnalata.

Ciò comporta che i dati e le informazioni ricevute non debbono essere impiegati per scopi che siano inconferenti rispetto all'attività di analisi dei possibili profili di responsabilità individuabili nella segnalazione.

La norma prevede altresì il divieto di rivelare l'identità del segnalante (salvo espressa autorizzazione di quest'ultimo) o altri elementi da cui la stessa possa evincersi, se non, ovviamente, ai soggetti deputati a gestire la segnalazione, i quali sono anche inquadrati quali soggetti autorizzati al trattamento ai sensi degli artt. 29 e 32, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/679 e dell'art. 2-quaterdecies del Codice in materia di protezione dei dati personali.

Nell'ambito dell'eventuale Procedimento Penale che dovesse scaturire in relazione ai fatti ed alle condotte oggetto di segnalazione, l'identità della persona segnalante è coperta dal segreto, nei modi e nei limiti previsti dall'art. 329 del codice di procedura penale.

È doveroso esaminare anche quella che è la disciplina da applicarsi in attuazione del procedimento disciplinare interno all'ente: se la contestazione mossa alla persona interessata (l'incolpato) sia fondata in tutto o in parte sulla segnalazione raccolta, e la conoscenza dell'identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità.

Infine, merita attenzione una modifica apportata dal Governo rispetto all'assetto di cui allo Schema di Decreto. Nella versione definitiva, infatti, è stata inserita, al comma 9, una nuova disposizione secondo la quale, nel contesto della segnalazione tramite canali interni od esterni, la persona segnalante può essere sentita e deve essere sentita qualora lo chieda, anche per via cartolare, al fine di acquisire osservazioni scritte e documenti che possano coadiuvare l'analisi della segnalazione.

Per quanto afferisce, invece, al trattamento dei dati personali, l'art. 13 dispone che ogni trattamento dei dati personali effettuato nel corso della gestione della segnalazione, ivi inclusa la comunicazione tra le autorità competenti, debba essere gestito in coerenza con la normativa di cui Regolamento (UE) 2016/679, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51.

I soggetti incaricati di ricevere e gestire la segnalazione sono definiti come titolari del trattamento del dato ai sensi del GDPR della Privacy, e pertanto debbono adempiere a tutti gli obblighi che gravano in capo a tale figura [4] .

Le misure di protezione in favore del segnalante, il divieto di ritorsione e le limitazioni di responsabilità in capo al whistleblower

La nuova normativa preme fortemente sull'incremento e sulla maggiore diffusività delle misure di protezione del segnalante.

Lo scopo è in tutta evidenza quello di far sì che il dipendente, sia esso attivo nel settore pubblico o in quello privato, si senta a proprio agio all'atto di formulare una segnalazione, per l'una o per l'altra via.

La disponibilità di una pluralità di segnalazioni protette è stata quindi accompagnata da una serie di misure di tutela e supporto al whistleblower, oltre che da meccanismo di esclusione della responsabilità in capo al medesimo.

L'art. 16 detta le condizioni alla presenza delle quali è subordinato il riconoscimento della misure di protezione al segnalante. In particolare, l'autore di segnalazione, della divulgazione pubblica o di una denuncia al momento della segnalazione deve aver ritenuto che la stessa rientrasse nell'oggetto di cui all'art. 1 e che le informazioni riportate nella stessa fossero vere (segnalazione effettuata in buona fede); è poi doveroso che siano stati osservati i requisiti per l'accesso a ciascun canale di segnalazione, come sopra descritti.

La norma prevede che sono irrilevanti i motivi che hanno indotto il soggetto a segnalare, denunciare o diffondere pubblicamente la violazione di cui sia venuto a conoscenza.

Il comma terzo prevede, altresì, che, salvo quanto previsto dall'art. 20, in caso di eventuale condanna, anche non definitiva, del segnalante per reati di diffamazione o calunnia, non hanno effetto le misure di protezione di cui al decreto ed inoltre, si applica al segnalante la sanzione disciplinare definita all'art. 21, comma I, lett. c). Le disposizioni di applicano anche in caso di denuncia anonima, se la persona sia stata successivamente identificata.

Preso atto di quelle che sono le condizioni prodromiche al riconoscimento delle tutele che il D.lgs. 24/2023 riserva agli autori della segnalazione, è ora opportuno esaminare il contenuto specifico delle misure stesse.

Fondamentale è il contributo delle disposizioni di cui all' art. 17 del Decreto , che introduce il divieto di ritorsioni, unitamente al meccanismo di presunzione che pone lo scopo ritorsivo alla base dei provvedimenti assunti dai datori di lavoro nei confronti dei soggetti che siano stati autori di segnalazioni o divulgazioni pubbliche.

La normativa configura, quindi, un'inversione dell'onere della prova, che pone a carico del datore di lavoro (o chi per lui), che abbia adottato la misura, l'onere di dimostrare che il provvedimento negativo adottato nei confronti dell'autore del whistleblower trovi fondamento in altre ragioni di fatto, "estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia" è a carico di colui che lo ha adottato.

Detta presunzione trova applicazione anche in sede di richiesta risarcitoria del danno patito, instaurata a seguito dell'iniziativa eventualmente intrapresa dal segnalante avanti all'Autorità Giudiziaria competente.

Infine, l'art. 17 prevede un elenco non tassativo ma esemplificativo di condotte che possono essere contaminate da una natura ritorsiva. [5]

Il Decreto propone, all'art. 18 , la disciplina delle misure di sostegno a favore del segnalante. In particolare, la disposizione prevede che ANAC pubblichi sul proprio sito internet un elenco di soggetti del terzo settore deputati ad informare e fornire sostegno concreto agli autori delle segnalazioni.

Trattasi di enti dediti alla promozione della cultura della legalità, della pace e della non violenza, oltre ad enti attivi nell'ambito della promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori [6] convenzionati con ANAC.

Il sostegno riconosciuto al whistleblower consiste nel fornire al medesimo le necessarie informazioni ed erogare in favore dello stesso attività di consulenza a titolo gratuito con riguardo ai diritti che vanta, alle misure di protezione attive, alle modalità di accesso al gratuito patrocinio.

Il comma terzo dell'art. 18 prevede, inoltre, che le Autorità giudiziaria od amministrativa eventualmente coinvolte possano chiedere ad ANAC di trasmettere informazioni e documenti in ordine alle segnalazioni presentate.

L'ultimo periodo dispone che nei procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria, si debbano osservare le forme di cui agli artt. 210 e seguenti c.p.c., nonché di cui all'art. 63, comma 2, del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

Determinante è anche il supporto delle misure inserite all'art. 19 del Decreto , relative ai meccanismi di protezione del segnalante dalle azioni ritorsive. In particolare i segnalanti sottoposti a misure ritorsive hanno la facoltà di denunciare i soprusi subiti direttamente ad ANAC.

Per quanto afferisce alla azioni ritorsive rilevate nel settore pubblico, ANAC informa "immediatamente" il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché gli eventuali organismi di garanzia o di disciplina, affinché gli stessi assumano i provvedimenti di propria competenza.

Qualora, invece, le azioni ritorsive si siano verificate nel contesto privato, ANAC informa l'Ispettorato del Lavoro.

Al fine di acquisire elementi istruttori indispensabili al fine di valutare la ritorsione segnalata, ANAC può avvalersi dell'operato dell'Ispettorato della funzione pubblica o dell'Ispettorato del lavoro , ma resta tuttavia completamente autonomo nella valutazione delle informazioni raccolte durante l'istruttoria e nella valutazione circa l'opportunità di erogare sanzioni amministrative ai sensi dell'art. 21 [7].

Il comma terzo sancisce la nullità degli atti ritorsivi adottati ai sensi dell'art. 17, che incidano sul rapporto di lavoro tra l'ente ed il whistleblower, con la conseguente reintegrazione sul posto di lavoro del segnalante/denunciante eventualmente licenziato o demansionato.

L'ultimo comma prevede che l'Autorità giudiziaria adotti tutte le misure necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata "ivi compresi il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l'ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione dell'articolo 17 e la dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo". È quindi espressamente prevista la facoltà di attivare la tutela in sede giudiziale della posizione soggettiva del segnalante.

De ultimo, l'art. 20 introduce specifiche limitazioni della responsabilità del segnalante. Più specificamente, non è punibile il segnalate/denunciante che abbia riportato informazioni coperte da segreto o vincolate da diritto d'autore, ovvero che abbia rivelato o diffuso informazioni sulle violazioni tali da offendere la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, sussistevano fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione, e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all'autorità giudiziaria o contabile sia stata effettuata in conformità agli obblighi di cui al D.lgs. 24/2023. Di più, la noma prevede che siano escluse responsabilità anche di carattere civile o amministrativo in capo al whistleblower. Infine, è previsto che il segnalante risponde solo penalmente dell'eventuale acquisizione o accesso alle informazioni diffuse, qualora la condotta preordinata a detta acquisizione costituisca reato.

Ad avviso di chi scrive, è doveroso che gli enti e le società obbligati alla predisposizione dei Canali interni di segnalazione, come disciplinati dal D.lgs. 24/2023, portino a conoscenza dello stesso personale, tramite l'organizzazione di adeguati percorsi formativi, tutti i presidi in tutela del segnalante sopra descritti.

Ciò affinché si diffonda la cultura della legalità ed il personale assuma maggior consapevolezza in merito al significativo impatto dei nuovi meccanismi di protezione avverso eventuali condotte ritorsive, superando ogni annesso timore legato al rischio di esporsi assumendo l'iniziativa volta a segnalare eventuali violazioni.

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*A cura degli Avv.ti Fabrizio Sardella e Alexis Bellezza, Studio Legale Sardella - Partner 24 ORE



[1] Riservatezza che, a rigore del comma prima dell'art. 4, dovrà ricoprire anche il contenuto della segnalazione e l'eventuale documentazione allegata
[2] Alla stregua di quanto previsto in riferimento al canale esterno di segnalazione ed alle Linee Guide destinate ad essere elaborate da ANAC
[3] Dette Linee Guida dovranno essere oggetto di riesame con cadenza almeno triennale
[4] Tra detti obblighi rientrano l'onere di gestire e conservare in sicurezza il dato, approntando tutte le misure necessarie a tale scopo; acquisire il consenso da parte dell'interessato; gestire il dato in trasparenza; dare adeguata informativa all'interessato
[5] Rientrano in detto elenco: a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti; b) la retrocessione di grado o la mancata promozione; c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell'orario di lavoro; d) la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell'accesso alla stessa; e) le note di merito negative o le referenze negative; f) l'adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria; g) la coercizione, l'intimidazione, le molestie o l'ostracismo; h) la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole; i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione; l) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine; m) i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi; n) l'inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l'impossibilità per la persona di trovare un'occupazione nel settore o nell'industria in futuro; o) la conclusione anticipata o l'annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi; p) l'annullamento di una licenza o di un permesso; q) la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
[6] Si tratta, in particolare, di enti del Terzo settore che esercitano, secondo le previsioni dei rispettivi statuti, le attività di cui all'articolo 5, comma 1, lettere v) e w), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.

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