Penale

231 e nuovi reati contro il patrimonio culturale, le procedure per una compliance efficace

Per poter beneficiare dell'esimente, di cui all'art. 6 del d.lgs. 231/2001, gli enti che dispongono di patrimoni artistico-culturali dovranno dotarsi di adeguate e idonee procedure finalizzate a prevenire la commissione, al loro interno e nel loro interesse e/o vantaggio, dei nuovi reati 231

di Matteo Mangia, Nicolò Laitempergher*

Il presente contributo analizza l'impatto dell'imminente inclusione nel "sistema 231" dei delitti contro il patrimonio culturale su enti quali case d'asta, gallerie, fondazioni e archivi d'artista che risultano interessati dalla novella legislativa in funzione dell'attività svolta.

In particolare, si vuole evidenziare la conseguente necessità per tali soggetti di adottare un sistema di compliance che preveda procedure idonee a prevenire la commissione dei menzionati delitti, proponendo alcuni presidi mutuati in parte dalle Linee Guida già emanate in relazione ad altri reati presupposto, in assenza ad oggi di specifiche indicazioni in merito.

I delitti contro il patrimonio culturale nel decreto legislativo n. 231/2001

E' in vigore, dal 23 marzo scorso, il provvedimento di legge recante " Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale ", definitivamente approvato dalla Camera il 9 marzo 2022 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo.

In attuazione del principio della riserva di codice, attraverso l'introduzione del nuovo Titolo VIII bis (rubricato "Dei delitti contro il patrimonio culturale"), l'intervento in esame ha da un lato organicamente collocato all'interno del codice penale tutti i reati precedentemente previsti dal Codice dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42) e dall'altro lato previsto una serie di "nuove" fattispecie di reato.

Per quanto in questa sede più ci interessa, ad alcune delle predette ipotesi di reato è stata attribuita rilevanza anche ai fini della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, tramite l'introduzione di ben due nuovi articoli al d.lgs. 231/2001 (art. 25-septiesdecies e art. 25-duodevicies).

L 'articolo 25-septiesdecies , rubricato "Delitti contro il patrimonio culturale", prevede in relazione all'articolo 518-novies c.p. (Violazioni in materia di alienazione di beni culturali) la sanzione pecuniaria da cento a quattrocento quote; all'articolo 518-ter c.p. (Appropriazione indebita di beni culturali), all'articolo 518-decies c.p. (Importazione illecita di beni culturali) e all'articolo 518-undecies c.p. (Uscita o esporta zione illecite di beni culturali) l'applicazione della sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote; all'articolo 518-duodecies c.p. (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici) e all'articolo 518-quaterdecies c.p. (Contraffazione di opere d'arte) l'applicazione della sanzione pecuniaria da trecento a settecento quote; all'articolo 518-bis c.p. (Furto di beni culturali), all'articolo 518- quater c.p. (Ricettazione di beni culturali) e all'articolo 518-octies c.p. (Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali) l'applicazione della sanzione pecuniaria da quattrocento a novecento quote.

Nel caso di condanna per i delitti su elencati la nuova disposizione prevede l'applicazione all'ente delle sanzioni interdittive per una durata non superiore a due anni.

Siffatta scelta riflette la necessità percepita dal legislatore di arginare più energicamente fenomeni di condotte illecite legate ai beni culturali che, nella recente esperienza giudiziaria, si manifestano con sempre maggiore frequenza anche nell'ambito dell'attività di impresa.

In particolare, nel perseguire tale fine, l'intervento normativo ha seguito una duplice via:
i) da un lato sono state disegnate una serie di disposizioni che si configurano come "speciali" rispetto ad omologhe fattispecie "comuni" già previste all'interno del codice penale (nonché contemplate all'interno del catalogo del d.lgs. 231/2001), dove la specialità è dettata dall'oggetto materiale su cui ricadono le condotte e dall'ulteriore bene giuridico tutelato .
Si pensi, ad esempio, al rapporto tra "riciclaggio" ex art. 648-bis c.p. e la nuova ipotesi – punita più severamente – di "riciclaggio di beni culturali" ex art. 518-sexies c.p., reati che reprimono esattamente le stesse condotte, dove per l'ultima disposizione esse hanno però specificamente ad oggetto "beni culturali";
ii) vengono poi introdotte come reato presupposto alcune "nuove" ipotesi delittuose che erano già penalmente sanzionate all'interno del Codice dei beni culturali, ma risultano del tutto inedite per il "sistema 231".
Si pensi, ad esempio, al reato di contraffazione di opere d'arte previsto oggi dall'art. 518-quaterdecies c.p., il "vecchio" art. 178 del Codice dei beni culturali.

L'importanza di una compliance preventiva in materia

Alla luce di quanto ora evidenziato, tale novella legislativa impone a quegli enti – si pensi alle case d'asta, gallerie, fondazioni, archivi d'artista e banche – che dispongono (nel senso che custodiscono, trattano la compravendita o autenticano) di patrimoni artistico-culturali, di dotarsi di un Modello organizzativo ovvero, laddove ne fossero già provvisti, di espanderlo comprendendovi anche tali ipotesi di reato.

Invero, per poter beneficiare dell'esimente di cui all'art. 6 del d.lgs. 231/2001 – che rende l'ente esente da responsabilità – essi dovranno dotarsi di adeguate e idonee procedure finalizzate a prevenire la commissione, al loro interno e nel loro interesse e/o vantaggio, dei reati in esame, ipotesi criminose che, di tutta evidenza, presentano per queste categorie di soggetti giuridici un significativo rischio di commissione.

Come in occasione di ogni attività legislativa cui consegue l'espansione del catalogo dei reati presupposto, si presenta quindi la necessità di:
i) considerare le modalità di commissione delle neo introdotte fattispecie;
ii) individuare successivamente le aree di attività che risultano interessate da potenziali fattori di rischio in relazione a tali ipotesi delittuose e, infine
iii) adeguare e/o implementare i sistemi di controllo (i.e. policies e procedure) di conseguenza.

Formalmente andrà poi ampliata la "parte speciale" del Modello con l'inclusione di una specifica sezione dedicata ai delitti contro il patrimonio culturale in cui vengano evidenziati i presidi di compliance implementati.

Quali presidi adottare? Il reato "modello" di contraffazione di opere d'arte ex art. 517-quinquiesdecies c.p.

Seguendo il poc'anzi visto processo di risk assessment, al fine di ipotizzare alcuni presidi efficaci a prevenire i reati in oggetto vanno preliminarmente analizzate le condotte penalmente rilevanti, in quanto la tecnica di prevenzione dovrà necessariamente tenere conto della natura del singolo reato e delle modalità di commissione dello stesso.

Ci si soffermerà, in particolare, su una fattispecie inedita per il "sistema 231", la contraffazione di opere d'arte, che appare essere di primario interesse sia per le diverse condotte sanzionate sia per i molteplici soggetti che paiono poter essere – direttamente o indirettamente – coinvolti nella commissione di tale illecito.

Con riguardo invece alle ipotesi che – come visto sopra – è possibile inquadrare come "speciali" rispetto alle omologhe fattispecie "comuni", il lavoro di aggiornamento del sistema di compliance pare potersi limitare all'individuazione delle eventuali ulteriori aree societarie interessate da fattori di rischio, con la conseguente estensione dei presidi già esistenti, o l'adattamento degli stessi alle peculiarità delle nuove fattispecie al fine di prevenzione dei reati.
Invero, se l'ente era – ad esempio – già dotato di efficaci e idonee procedure finalizzate a prevenire la commissione del reato di riciclaggio, è probabile che le condotte integrative delle neo introdotte ipotesi "speciali" siano già ricomprese – e quindi contrastate – da tali presidi di compliance2.

Si rammenta inoltre che, con riferimento alle ipotesi di riciclaggio, il d.lgs. n. 231/2007 ricomprende tra i soggetti obbligati (art. 3), oltre alle banche ed agli intermediari finanziari, anche "i soggetti che esercitano l'attività di case d'asta o galleria d'arte ai sensi dell'articolo 115 TULPS" e, quindi, gli enti che paiono essere particolarmente interessati alla novella legislativa.

Di conseguenza, su di essi gravano esplicitamente gli ulteriori obblighi in tema di adeguata verifica della clientela, di conservazione dei dati ai fini della tracciabilità delle operazioni e di adeguata formazione del personale e di segnalazione delle operazioni sospette previsti dal citato decreto legislativo.

Come anticipato, fanno invece ingresso nel panorama della responsabilità amministrativa degli enti una serie di fattispecie non precedentemente contemplate nel catalogo dei reati presupposto.

L'ipotesi che risulta suscitare maggior interesse è quella di cui all'art. 518-quaterdecies c.p. (che ricalca quasi in toto l'art. 178 d.lgs. 42/2004) la quale, oltre alla condotta di contraffazione, alterazione o riproduzione di un'opera d'arte, punisce con la stessa pena anche chiunque detenga per fare commercio o ponga comunque in circolazione opere false.

Ancora, la disposizione in esame sanziona altresì la condotta di chi le autentichi e di chi – novità rispetto alla "vecchia" ipotesi del Codice dei beni culturali – mediante dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, le accrediti o contribuisca ad accreditarle come autentiche, conoscendone la falsità.

Di tutta evidenza come tale norma reprima condotte che – al di là della mera rubrica del reato – vanno ben oltre la semplice materiale contraffazione di un'opera, trovando possibile realizzazione in tutte le attività che coinvolgono latu sensu l'opera d'arte.
Si pensi, a titolo esplicativo, agli archivi d'artista e alle fondazioni, enti deputati a rilasciare l'autentica o il certificato di archiviazione, documenti in assenza del quale un'opera risulta sostanzialmente incommerciabile o, ancora, alle case d'asta, il cui core business è evidentemente quello della compravendita di beni di valore artistico.

Dal punto di vista delle "regole 231", le situazioni accomunate dalla norma presentano nella realtà grandi divergenze pratiche, che si riverberano nelle procedure e nei presidi di compliance che si dovranno adottare: se chi commercia le opere può infatti in qualche modo avvalersi delle valutazioni e conoscenze dell'attività di un terzo che autentichi l'opera stessa, per questi ultimi le prescrizioni potrebbero essere infatti più articolate.

Con questo non si vuole sicuramente dire che soggetti quali le case d'asta e le gallerie possano rinunciare all'adozione di specifiche procedure, ma ai fini del presente elaborato è forse di maggior interesse osservare la tematica dalla prospettiva di un archivio o fondazione d'artista.

Ciò premesso, rispetto al delitto poc'anzi evocato, essendo ad oggi assenti specifiche indicazioni, alcune misure preventive possono essere valutate mutuando i protocolli previsti dalle Linee Guida in relazione ad altre fattispecie già attratte nel catalogo dei reati presupposto e che presentano elementi di contatto con lo stesso.

Si pensi, ad esempio, all'alterazione di monete ex art. 454 c.p., alla contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo ex art. 460 c.p., contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari ex art. 517-quater c.p. e alla contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni I art. 473 c.p. [1]

Tuttavia, la specificità della materia che ci occupa presuppone l'adozione di ulteriori regole e di approcci mirati rispetto a quanto già evidenziato dagli esistenti codici di comportamento in materia.

Idealmente pare possibile suddividere in due macro aree le tematiche più rilevanti, parametri su cui poi potranno essere modellate le procedure da adottare, tenendo sempre in considerazione le specificità dell'ente.

• Preventiva valutazione circa la storia e la qualità dell'opera

Come primo presidio relativo alla verifica dell'opera vi è l'accertamento della tracciabilità del bene.

In questo caso soccorrono infatti i principi generali in materia di antiriciclaggio: la possibilità di tracciare l'origine e le vicende circolatorie dell'opera (così come per il denaro) depongono sicuramente a favore della genuinità della stessa.
Dovrà quindi essere a tal fine raccolta documentazione che ne consenta di indentificare – ad esempio – l'anno di realizzazione o gli eventuali diversi proprietari, la storia espositiva e/o la sua presenza in cataloghi relativi all'artista, prevedendo sul punto standard minimi.
Inoltre, sarà utile valutare il soggetto da cui viene ricevuta l'opera: si pensi ad un accreditato operatore del settore o ad uno sconosciuto che si presenti con un significativo numero di opere da vendere.
Se è ovvio che quest'ultima ipotesi non comporti automaticamente la non genuinità delle stesse, pare comunque e potersi sostenere che la diligenza negli accertamenti da disporre circa l'origine dell'opera possa essere parametrata anche rispetto alle qualifiche del soggetto da cui la stessa viene acquisita.
In quest'ottica pare quindi utile considerare la possibilità di ideare una procedura di adeguata verifica della controparte (c.d. KYC) finalizzata a stabilirne l'affidabilità nel mercato.

• Individuazione dei soggetti deputati alle valutazioni storico-artistiche

Pare poi necessario che ad effettuare le valutazioni di cui sopra siano soggetti che abbiano le competenze specifiche in relazione all'artista a cui si attribuisce l'opera, di talché, la composizione delle commissioni scientifiche della fondazione o dell'archivio andrà delineata con particolare cura.

È infatti del tutto evidente che maggiore sarà l'accreditamento dell'esperto nel mondo artistico e la conoscenza specifica dell'autore, maggiore sarà l'attendibilità e l'affidamento che si potrà porre nelle valutazioni tecniche dallo stesso formulate.

Naturalmente particolare importanza può avere l'esame dell'opera che, nei casi più ostici può arrivare fino agli accertamenti diagnostici e tecnici, dovendo tuttavia considerare l'impegno economico che tali indagini comportano.
Sul punto va però rammentato come non sussista un obbligo di legge che imponga di disporre tali indagini, pertanto in un'ottica di costi-benefici la scelta circa l'opportunità di effettuarle va anche parametrata al valore dell'opera stessa e alla situazione specifica.

In termini generali si può sostenere che il Modello è tanto più efficace quante più procedure idonee ad intervenire nella prevenzione dei reati siano nella pratica adottate, minimizzando così il rischio di responsabilità per l'ente. Viceversa, minori saranno le regole poste a presidio, maggiore sarà il rischio di coinvolgimento dell'ente in punto di responsabilità amministrativa da reato. La scelta delle procedure da adottare discende ovviamente dalla tipologia di soggetto e dall'attività concretamente svolta, oltre che dal grado di affidamento che il mercato ripone sul giudizio del soggetto interessato.

Osservazioni conclusive

La rilevanza di tale novella si mostra da questo punto di vista ancor più incisiva se si considera il parallelo inserimento delle ipotesi di confisca obbligatoria per equivalente, che – in funzione del combinato disposto degli artt. 19 e 53 del d.lgs. 231/2001 – paiono paventare la possibilità di provvedimenti cautelari a carico dell'ente.

Si pensi ad esempio alla vendita da parte di una casa d'aste di un quadro ritenuto dalla Pubblica Accusa falso, circostanza da cui può scaturire un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca (ex art. 321, secondo comma, c.p.p.) avente ad oggetto il saldo presente sui conti societari per un importo pari al ritenuto profitto del reato (ragionevolmente l'importo incamerato per la vendita di tale opera). È evidente come una misura di tale tipo sia particolarmente gravosa per l'ente, oltre che foriera di implicazioni di tipo reputazionale.

Va poi considerato come, in funzione del principio solidaristico in materia 231 affermato dalla recente Giurisprudenza, in caso di incapienza dell'ente potrà essere aggredito il patrimonio della persona fisica che ha commesso il reato. [2]
Inoltre, la riforma prevede espressamente che in caso di condanna per i delitti in esame vengano applicate all'ente le sanzioni interdittive tra cui – di tenore marcatamente afflittivo – vi sono l'interdizione dall'esercizio dell'attività ed il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Naturalmente è ovvio che la società risponderà solo se il reato è stato commesso nel suo interesse o vantaggio (non allorché sia mero soggetto danneggiato dal reato); se, viceversa, l'opera risulta contraffatta ma la società è stata diligente nella prevenzione con procedure idonee, l'ente non risponderà. Risulta, dunque, opportuno riflettere fin da subito sugli interventi in ambito compliance che si renderanno necessari e sulla possibilità di accompagnare l'entrata in vigore della nuova normativa con le opportune operazioni di mappatura del rischio e di adeguamento dei protocolli di prevenzione, che garantiscano una prevenzione che – a mente dei criteri utilizzati dai Tribunali nella valutazione della diligenza dell'ente – possa essere considerata concreta, efficace e dinamica.

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*A cura degli Avv.ti Matteo Mangia, Partner 24 ORE Avvocati e Avv. Nicolò Laitempergher, Studio Legale Matteo Mangia

[1] Si veda per le rispettive procedure CONFINDUSTRIA, Linee Guida per la costruzione di modelli organizzativi ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, 2021, in confindustria.it; ID., Linee Guida per la costruzione di modelli organizzativi ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, (appendice: case study), 2021, in confindustria.it ed ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA, Linee guida dell'Associazione Bancaria Italiana per l'adozione di modelli organizzativi sulla responsabilità amministrativa delle banche (d.lgs. n. 231/2001), in abi.it.)
[2] Si veda, sul punto, V. TUTINELLI, Solidarietà fra ente e persona fisica in tema di sequestro per equivalente, in www.rivista231.it

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