Comunitario e Internazionale

«Dalla direttiva la forza di negoziare il giusto compenso per il copyright»

di Alessandro Galimberti

Carlo Perrone, presidente Enpa - European Newspaper Publishers’ Association - con il voto di martedì della sessione plenaria di Strasburgo la battaglia sul riconoscimento “digitale” del diritto d’autore è vinta.

È stato fatto un passo importante, fondamentale certo, ma fino all’ultimo abbiamo temuto.

Perché? in fondo 74 voti di scarto non sono un’inezia.
Ma il voto preliminare sugli emendamenti, che avrebbero condizionato tempi e modi dell’approvazione, è passato con la maggioranza di 5 soli voti.
E comunque ora la Direttiva deve passare ancora al Consiglio, con maggioranza rafforzata.
È vero, di solito è una formalità, qui però si tratta di un argomento e di un voto carico di emotività. Non temiamo sorprese ma vigiliamo.

Poi sarà la volta del recepimento da parte degli Stati membri. Anche qui non vede una quota di rischio di annacquamento?
Non credo, perché la direttiva è sufficientemente chiara. Tra l’altro la Francia ha annunciato di essere molto avanti nell’iter, tra pochi mesi potrebbe entrare già in vigore: sarà un buon punto di riferimento per tutti. Tuttavia ammetto che su certi punti avremmo desiderato più chiarezza nelle definizioni.

Per esempio?
Sulle “singole parole” e le “frasi brevi” che possono essere citate. Ma su questo punto credo che potrà intervenire la giurisprudenza nazionale (per esempio in Germania ci sono già sentenze di merito) e quella della Corte europea, attesa a breve.

Resta la considerazione che un Regolamento invece della Direttiva - sul modello del Gdpr (privacy) - avrebbe fornito più garanzie, se non altro sul versante dell’automatica applicazione e cioè anche della omogeneità di regolamentazione in ambito europeo.
Probabilmente sì, ma evidentemente non c’erano le condizioni politiche perché ciò avvenisse, per l’alto carico di emotività che questo argomento portava e ha portato sino alla fine con sè con sè. Direi che la via diretta sarebbe rimasto un wishful thinking.

Il voto della plenaria di Strasburgo non ha comunque sopito divisioni e polemiche. C’è già chi sostiene che i grandi player (Google, Facebook, Youtube etc) potranno scegliere con chi fare contratti di copyright e con chi no. Diventando ancora una volta e ancora di più arbitri della rete.
Non credo che si verificherà questo scenario. Penso invece che sia nell’interesse di tutti, aggregatori e social compresi, garantire la massima condivisione di tutti i contenuti che vengono pubblicati, ciò che del resto è sempre stato e resta la cifra oltreché lo spirito del world wide web.

Ma come verranno gestiti i diritti e da chi? Collettivamente dagli editori, o singolarmente dalle singole aziende?
È tutto ancora da vedere, siamo solo all’inizio di un processo, tutte le opzioni restano possibili, dai singoli Stati all’Ue, fino alle c ollecting society (p. es. la Siae, ndr). Il tema è un altro però: senza la Direttiva approvata martedì nessuno, che fosse Stato, editore, società, avrebbe avuto la capacità contrattuale per sedersi a un tavolo e per definire il valore/prezzo della cessione “digitale” del diritto d’autore.

Lei crede che questo intervento legislativo basterà a riportare in equilibrio l’ecosistema dell’editoria, così profondamente provato dalla crisi (saccheggio?) degli ultimi 15 anni?
Non sappiamo ancora attribuire dei valori, che sono figli della contrattazione appunto, ma certamente abbiamo fatto un passo in avanti importantissimo anche verso l’uscita dalla crisi strutturale del sistema editoria.

La Direttiva afferma un principio importante e nuovo: il diritto di remunerazione “digitale” anche del singolo giornalista, oltre che dell’editore.
Esatto, è un tema che dovrà essere definito anche in base alle singole normative di ogni paese.

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