Professione e Mercato

Desk specializzati negli studi per gestire i fondi come servizio

di Michela Finizio

È necessario prevedere un desk all’interno dello studio legale per riuscire a intercettare - e a gestire - l’interesse crescente dei fondi internazionali che investono sull’esito delle liti. Lo ha fatto, ad esempio, lo studio Lca, che già opera sui mercati globali e conosce bene gli ostacoli che frenano le esecuzioni di sentenze all’estero. Si trovano informazioni anche presso la camera arbitrale di Milano e la Swiss Chambers’ arbitration institution.

Non tutti gli studi legali, però, sono attrezzati a gestire questi processi. Sono circa 100-150 gli studi strutturati con dipartimenti per seguire liti internazionali, capaci di convogliare cause di un certo valore. Il primo passo è impiegare tempo e risorse per cercare di relazionarsi con i fondi internazionali che operano in Italia. Tra questi inizia a guardare al nostro Paese anche Imf Bentham Limited, che a metà ottobre ha annunciato l’acquisto di Omni Bridgeway Holdings Bv con l’obiettivo di dare vita a un colosso da 2,2 miliardi di capitale 33 anni di comprovata esperienza nel settore dei contenziosi finanziati e dei crediti recuperati a livello globale.

Queste realtà si relazionano direttamente con gli studi legali, che in queste operazioni hanno la funzione di intermediari capaci di consigliare alla parte in causa l’eventuale accordo di finanziamento qualora necessario. Una volta strutturato un desk all’interno dello studio è possibile proporlo come una specie di servizio alla propria clientela. Per ottenere un finanziamento durante il contenzioso, o per avviare una lite, bisogna parlare lo stesso linguaggio di questi fondi: bisogna essere in grado di preparare la documentazione necessaria, redigere un’accurata due diligence, presentare la valutazione al board degli investitori e seguire il cliente nella fase di stesura degli accordi necessari per l’investimento.

Tra questi ultimi, l’ufficio legale deve essere in grado di stendere il cosiddetto litigation funding agreement - a volte contratti lunghi anche 50-60 pagine - così come l’accordo delle priorità necessario tra legale, fondo e cliente.

Molti fondi chiedono, in caso di vittoria, importi multipli rispetto a quanto finanziato. Altri una commissione proporzionale al valore della controversia (20-30 o 40 per cento). Altri ancora fissano un importo minimo, a cui aggiungere una percentuale variabile dell’eccedenza. I contratti di finanziamento includono anche gli accordi in caso di soccombenza, i cui rischi purtroppo in Italia ancora non vengono coperti dal mercato assicurativo.

Si tratta di accordi molto delicati, che mettono sul piatto importi elevati e con dinamiche complesse da gestire. Capita, ad esempio, che quando la controparte viene a sapere che entra in scena un finanziatore terzo può essere spinta a non procedere o a trovare un accordo.

Non è facile capire se in Italia decollerà o meno il litigation funding. Le spese legali, rispetto alla media anglosassone, non sono molto elevate e a spingere verso questa soluzioni saranno in un primo tempo unicamente le controversie internazionali. Ecco perché può rivelarsi utile, in questi casi, lavorare in joint venture con studi legali già attivi in contesti globali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©