Professione e Mercato

Le law firm scommettono sui praticanti

di Elena Pasquini

Il praticante è una risorsa. Non perché risolve i compiti più semplici e di routine ma perché ha una buona capacità di acquisire i valori dello studio e di integrarli, se affiancato correttamente, nell’operatività di tutti i giorni con le nozioni teoriche assimilate negli anni di studio.

Non a caso alcune insegne puntano alla crescita per progressioni interne più che per linee esterne, investendo tempo e risorse nell’accompagnare i più giovani nel viaggio di scoperta del lavoro di assistenza e consulenza legale.

L’inclusione
Ecco perché educare attraverso l’esempio è una buona prassi anche quando si ha a che fare con un brillante neolaureato, aggiungendo progressivamente compiti e responsabilità, così da evitare quello che Christian Faggella, managing partner di La Scala società tra avvocati, indica come un «inevitabile senso di inadeguatezza e spaesamento».

Questo non significa in alcun modo escludere il praticante da una visione globale dei processi a cui partecipa con le sue attività. L’informazione - sui background degli incarichi, gli obiettivi della consulenza e gli strumenti a disposizione per raggiungerli - fa parte delle componenti essenziali che lo studio dovrebbe garantire. Insieme all’affiancamento costante dei senior e del team di riferimento.

«La sua formazione è ancora prettamente teorica ed è necessario dedicare tempo per fornirgli strumenti di “pratica” professionale - continua Faggella - seguendo passo passo l’evoluzione dei compiti assegnati».

Brief e brainstorming sono occasioni di confronto preziose; la redazione di memo riassuntivi delle azioni proposte nel mandato un esercizio utile; l’ascolto delle modalità di relazione tra colleghi e controparti un training efficace.

«Nessuno è un’isola, per citare John Donne. Ciascuno contribuisce con le proprie competenze al lavoro di squadra, deve impegnarsi al massimo in ciò che è in grado di fare e deve essere messo nelle condizioni di poter dare il meglio di sé», afferma Luca Picone, managing partner Italia di Hogan Lovells.

L’affiancament0
Lo sviluppo delle competenze, tecniche e soft, avviene spesso “per osmosi” e ha bisogno di flessibilità. Di fronte a un mondo degli affari che cambia velocemente e a richieste da parte dei clienti più sofisticate, le competenze degli avvocati diventano più ampie e per il praticante si rivela, dunque, «essenziale - continua Picone - il rapporto che si crea con i colleghi più esperti con cui collabora ogni giorno».

Fiducia e responsabilizzazione le basi su cui costruire con flessibilità l'obiettivo dello sviluppo di competenze parallele in materia di problem solving, a cui si aggiungono le capacità di focalizzazione, di gestione del tempo e degli strumenti tecnologici, indispensabili per comunicare a distanza.

La ricerca dell’equilibrio
Il percorso che porta all’esame di Stato, soprattutto negli studi più grandi e internazionali, richiede dedizione e approfondimento dei temi. E questo mentre i giovani chiedono con sempre maggiore fermezza un giusto equilibrio tra vita professionale e personale. La flessibilità diventa, dunque, anche un modo per non circoscrivere le attività alla sede dello studio e ammettere collaborazioni con modalità che variano a seconda delle esigenze del team e della seniority del professionista.

Che è un junior certo, ma non uno stagiaire. Anche se potrebbero non essere chiare, per mancanza d’esperienza, alcune dinamiche dell’ambiente lavorativo, il praticante in studio è tra colleghi e andrebbero banditi i compiti da “paralegal”.

È importante puntare su visione d’insieme e motivazione anche favorendo le relazioni con il resto del team. Una policy in cui le porte restano aperte, per usare una metafora, e le barriere si abbattono anche dal punto di vista fisico (a meno di necessità).

La formazione
Il mercato legale è cambiato, anche il periodo di pratica dovrebbe recepire le nuove esigenze. L’avvocato è sempre più un legal manager e il periodo di pratica legale dovrebbe insegnare al giovane la gestione del budget, accrescere le competenze informatiche e di organizzazione del lavoro.

Sviluppare, dice Faggella, «un'attitudine alla dimensione aziendale dello studio» che include un approccio orientato al cliente, la tensione verso il raggiungimento di risultati misurabili e il rispetto dei riporti gerarchici tipici di un’azienda legale.

Strategia in dieci mosse

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