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Climate Change Litigation: un nuovo fronte per le imprese italiane?

La lotta al climate change, infatti, può svolgersi anche nelle alule di tribunale. Lo dimostra il numero crescente di cause nel mondo (oltre 1.800 casi di cui circa 1.400 solo negli Stati Uniti): nessuna, fino a ora, promossa in Italia

di Francesca Rolla*


Mentre negli Stati Uniti il presidente Biden firma i primi decreti per contrastare il climate change e la presidente della Commissione von der Leyen spinge per il New Green Deal europeo, in Italia è pronta la prima azione collettiva contro lo Stato per i cambiamenti climatici.

La lotta al climate change, infatti, può svolgersi anche nelle alule di tribunale. Lo dimostra il numero crescente di cause nel mondo (oltre 1.800 casi di cui circa 1.400 solo negli Stati Uniti): nessuna, fino a ora, promossa in Italia.

Suscita dunque interesse l'iniziativa di un gruppo di associazioni, comitati e cittadini (coordinato dall'associazione A Sud e da Giudizio Universale) che, nei primi mesi del 2021 (e dopo lunga preparazione) potrebbe agire contro lo Stato italiano per ottenere idonee misure di contrasto al climate change, a tutela della salute pubblica e dei diritti umani.

I target di tutela presi a riferimento sono quelli indicati dall'IPCC (il Gruppo intergovernativo dell'ONU sui cambiamenti climatici). E non a caso, posto che il mancato rispetto degli obblighi stabiliti dall'IPCC è una delle chiavi di volta della recente storica decisione della Corte suprema olandese nel caso Urgenda (resa nel dicembre del 2019 dopo sette anni di giudizio), che ha imposto al governo olandese di ridurre di almeno il 25% le emissioni di CO2 .

La decisione Urgenda ha contribuito a dare il via a quella che viene definita la "seconda ondata" di climate change litigation nei confronti delle imprese private (la "prima ondata", tra la fine degli anni '90 e il 2015, è stata caratterizzata da azioni risarcitorie, promosse principalmente negli Stati Uniti, che non sono state accolte, con l'eccezione di pochi esemplari casi, tra cui quello di Erin Brockovich contro la Pacific Gas). E così, sempre davanti alle corti olandesi, richiamando le statuizioni rese nel caso Urgenda, il gruppo ambientalista Friends of the Earth ha agito contro la Royal Dutch Shell: la sentenza è attesa per maggio 2021, ma nel frattempo, in un caso capitanato sempre da Friends of the Earth, la Corte d'appello dell'Aia, pochi giorni fa (il 29 gennaio 2021), ha condannato Shell al risarcimento dei danni ambientali causati dallo sversamento di petrolio nel Delta del Niger. E in Francia è in corso una azione contro Total.

Questi recenti sviluppi nella climate change litigation fanno presumere che, anche in Italia, oltre alle azioni contro lo Stato, il contenzioso sui cambiamenti climatici possa coinvolgere anche le imprese.

Il principale fronte di contenzioso potrebbe essere fondato sulla responsabilità extracontrattuale delle società, per il contributo delle loro attività alle modifiche climatiche (e per la mancata adozione di misure idonee a prevenire l'impatto su clima).

Possono ipotizzarsi anche cause di responsabilità contro gli amministratori - per il mancato rispetto da parte dell'impresa degli obblighi di governance a tutela dell'ambiente.
E' dunque opportuna una complessiva (e complessa) valutazione da parte delle imprese, per prevenire (e prepararsi a) possibili contenziosi sulla responsabilità rispetto al cambiamento climatico.

*di Francesca Rolla, socia del dipartimento di contenzioso e arbitrati di Hogan Lovells

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