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Locazioni, registrazione tardiva: il punto della Cassazione

La Terza sezione civile, sentenza n. 162 depositata oggi, conferma la validità del criterio del triplo della rendita catastale per il periodo compreso tra dicembre 2011e la sentenza della Consulta del 16 luglio 2015

No alla condanna del conduttore al versamento della differenza tra il canone originariamente concordato nel contratto di locazione (stipulato il 1° marzo 2007 e tardivamente registrato il 23 novembre 2011), pari a 960 euro, e quello medio tempore corrisposto nel periodo compreso tra il mese di dicembre 2011 nella ridotta misura del triplo della rendita catastale (prevista dell'articolo 3, commi 8 e 9, Dlgs 14 marzo 2011, n. 23, norme dichiarate incostituzionali per eccesso di delega da Corte cost. n. 50 del 2014) e la sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 2015, depositata il 16 luglio 2015.

Con tale sentenza il giudice delle leggi aveva dichiarato l'incostituzionalità, per violazione dell'articolo 136 Cost., dell'articolo 5, comma 1-ter, del Dl 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, che aveva fatto salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, «gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti» sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi di quelle norme del Dlgs n. 23 del 2011 già dichiarate incostituzionali.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 162 depositata oggi, confermando la pronuncia della Corte di appello di Roma che aveva ribaltato il verdetto di primo grado.

Secondo il tribunale, che avevo dato ragione al locatore, invece, per effetto della seconda declaratoria di illegittimità costituzionale avrebbe ripreso vigore la disciplina vigente antecedentemente al Dlgs n. 23 del 2011, e pertanto era dovuta la differenza tra i canoni concordati in contratto ed il canone ridotto ex lege, corrisposto medio tempore, prima della pronuncia della Corte Costituzionale del luglio 2015.

Per il conduttore però l'articolo 13, co. 5, legge n. 9 dicembre 1998, n. 431 — nel testo novellato dell'articolo 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 - aveva confermato la legittimità della operata riduzione del canone nell'intervallo di tempo considerato. E come visto la CdA gli ha dato ragione.

Bocciata dunque la tesi del proprietario secondo il quale, in sintesi, una volta rimossa dall'ordinamento la norma dichiarata incostituzionale (ovvero l'articolo 3, commi 8 e 9, del Dlgs 14 marzo 2011, n. 23), il conduttore avrebbe reiteratamente e manifestamente corrisposto un canone inferiore a quello concordato, senza essere a ciò legittimato da alcuna disposizione di legge e, quindi, versando in mora per tutti i canoni contrattuali nel frattempo scaduti e non integralmente versati.

In definitiva, con un ragionamento molto tecnico la Cassazione nel raccordare la pronuncia a Sezioni Unite n. 23601 del 9/10/2017 (che ha affermato l'innovativo principio per cui: «il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente») e la decisione della Consulta ha affermato che: «Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 2017 e della salvezza del testo dell'art. 13, comma 5, della I. n. 431 del 1998, introdotto dall'art. 1, comma 59, della I. n. 208 del 2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione dell'art. 1, comma 346 della l. n. 311 del 2004, risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validità del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal d.lgs. n. 23 del 2011 e dalla successiva proroga di cui alla legge n. 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l'indennità di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell'ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorché l'intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell'art. 1, comma 346, retroagisca, giusta Cass., Sez. Un., n. 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto».

In altri termini, prosegue la decisione, una volta che il legislatore del 2015 si è disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente, la disciplina inerente al pagamento dell'importo annuo "pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato" non può altrimenti collegarsi che alla pregressa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti; ed essere dunque propriamente attinente al profilo dell'arricchimento indebito del conduttore, cui è coerente il pagamento di una indennità di occupazione e non di un canone di locazione, non affatto dovuto.

Nessun dubbio, dunque, può sussistere sul fatto che, secondo l'interpretazione accolta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 87 del 2017, l'articolo 13, comma 5, legge cit., là dove fissa l'importo del triplo della rendita catastale dell'immobile quale ammontare dovuto nel periodo considerato da chi abbia detenuto l'immobile, considera la norma non come volta a regolare, in via di eterointegrazione, rapporti sorti sulla base di valido contratto di locazione, ma come esclusivamente diretta a regolare la «situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti».

In conclusione, la Consulta, nel salvare dall'illegittimità la novellazione, non ha inteso riferirsi all'oggetto di disciplina di essa nei termini appena indicati, ma alla conseguenza del fatto che la registrazione non era più idonea, per le precedenti declaratorie di illegittimità costituzionale – non interferenti, come s'è veduto, col disposto dell'articolo 1, comma 346 come poi interpretato dalle Sezioni Unite, ma assunto nell'esegesi anteriormente praticata - a salvare il contratto e, dunque, i contratti pendenti cui si era riferita la formula del comma 5 dell'articolo 13. In pratica, il riferimento unitario all'indennità di occupazione non era relativo alla formulazione usata nel detto comma, ma alla conseguenza del venire meno dell'efficacia sanante delle registrazioni contemplate dai decreti legge dichiarati illegittimi, il cui disposto non è stato ripristinato.

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