Immobili

La caparra non toglie l’obbligazione al rogito

La Cassazione accosta la caparra confirmatoria alla clausola penale

di Angelo Busani

Se un contratto preliminare prevede il pagamento di una caparra confirmatoria nell'epoca intermedia tra firma del preliminare e stipula del rogito, la domanda giudiziale per ottenere il versamento della caparra non può essere intesa come dichiarazione di recesso dal preliminare da parte del promittente venditore, ma come mera intenzione di ottenere l'esecuzione di una delle obbligazioni da esso scaturenti. Quindi, non sciogliendosi il preliminare, resta vigente l'obbligazione di arrivare al rogito.

Lo ha deciso la Cassazione nell'ordinanza n. 35068 del 29 novembre, ribadendo che i contraenti di un preliminare ben possono pattuire il versamento di una caparra confirmatoria sia contestuale alla stipula di esso sia nel periodo tra preliminare e rogito.

È però evidente che, in quest'ultimo caso, la particolare efficacia connessa dalla legge alla caparra confirmatoria (cioè l'attribuzione, alla parte che subisce l'altrui inadempimento, della facoltà di recedere e di trattenere la caparra ricevuta o di pretendere il doppio di quella data) scatta solo dal momento in cui la caparra confirmatoria sia materialmente corrisposta.

La motivazione dell’ordinanza è utile alla Cassazione anche per puntualizzare la differenza tra clausola penale e caparra confirmatoria.

Quest’ultima, oltre a dimostrare esteriormente la conclusione del contratto e a integrare un’anticipata parziale esecuzione della prestazione convenuta, ha la funzione di rappresentare un anticipato risarcimento del danno in caso di mancato adempimento. Sotto questo aspetto, la caparra confirmatoria si accosta alla clausola penale, stipulata per il caso d'inadempimento, per indurre l'obbligato a eseguire la prestazione.

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