Professione e Mercato

Privacy e Videosorveglianza, il prodotto è una commodity i diritti si preservano con la gestione dei processi e le competenze

Affrontare la "privacy" in Italia oggi significa occuparsi di un tema complesso e non solo per l'ampio quadro normativo di riferimento ma, anche, per via del costante e continuo processo, già avviato in diversi segmenti di mercato, di livellamento tra i confini del mondo fisico e virtuale, che rendono, tra l'altro, i dati da gestire e proteggere sempre più numerosi, e gli strumenti di tutela sempre più strutturali.

di Maura Mormile*


Uno degli argomenti di maggiore interesse nei diversi settori oggi ruota intorno al tema della "privacy" e, nel dettaglio, interessa la protezione dei dati personali e le modalità di gestione ed utilizzo delle informazioni da parte delle aziende.

Affrontare la "privacy" in Italia oggi significa occuparsi di un tema complesso e non solo per l'ampio quadro normativo di riferimento ma, anche, per via del costante e continuo processo, già avviato in diversi segmenti di mercato, di livellamento tra i confini del mondo fisico e virtuale, che rendono, tra l'altro, i dati da gestire e proteggere sempre più numerosi, e gli strumenti di tutela sempre più strutturali.

Ci troviamo davanti ad uno scenario globale e interconnesso dove, nelle attività quotidiane, le aziende utilizzano la tecnologia, oramai sempre più a basso costo, e dialogano in maniera digitale ed in contesti internazionali, in cui le informazioni, irrimediabilmente, diventano condivise tra "nuvole virtuali" e "servizi virtualizzati".

All'interno di questo scenario nel settore della protezione e gestione del rischio, una delle tematiche più spinose per le aziende diventa ad esempio la videosorveglianza.

Una confusione generale sul tema vede le organizzazioni divise tra chi crede che il problema sia la provenienza dei prodotti tecnologici, temendo ad esempio che quelli asiatici possano costituire una minaccia alla tutela dei dati e chi, invece, prende in generale le distanze dall'uso della tecnologia, per evitare costi aggiuntivi e tutelare i diritti e la privacy di dipendenti e clienti a discapito, alle volte, della protezione degli asset.

In un contesto storico, politico e sociale, che impone alle aziende rapidità e flessibilità, dove la tecnologia può consentire di cogliere opportunità per restare competitive sui mercati, la riflessione che sorge spontanea è se la tutela dei diritti e della privacy possa essere unicamente relegata ad una valutazione sulle tecnologie o debba piuttosto riguardare competenze e gestione dei processi.

Le tematiche di data breach, rispetto dei principi di accountability, capacità di gestire i vantaggi ed i rischi della rete, sono i temi imprescindibili verso i quali piccole e grandi organizzazioni devono concentrarsi per garantire la tutela delle informazioni, e se affrontati in maniera organizzata, seguendo gli oramai ampi regolamenti sul tema, possono costituire un'opportunità e non un vincolo per lo sviluppo e la tutela del business in generale.

I sistemi di videosorveglianza usati, tradizionalmente, per garantire la tutela degli asset, dei beni e dei luoghi, sono solo un esempio di come la tecnologia oggi offra strumenti di raccolta di dati ed informazioni sui flussi e sugli scenari fisici, necessari per seguire i profondi processi di trasformazione oramai già avviati nelle nostre città.

Le telecamere, come in generale i sensori possono essere capaci, ad esempio, di comprendere e guidare scelte e comportamenti negli store, così come già avviene on-line.

Possono, altresì, essere parte attiva del processo di trasformazione delle città in smart city, e non solo nella loro funzione di security "tradizionale" ma proprio come collettori di dati ed informazioni utili per migliorare la qualità di vita dei quartieri e seguire i percorsi virtuosi di rigenerazione urbana. Occorre rinunciare alla prospettiva di un futuro guidato dai dati in virtù della tutela del diritto alla privacy? O è possibile guidare l'uso della tecnologia e la gestione dei dati, partendo dalla gestione della rete e dalla comprensione delle dinamiche che la interessano, per consentire da un lato di raccogliere informazioni e dall'altro garantire e preservare i diritti?

La normativa è ampia ed i recenti aggiornamenti riprendono i temi già affrontati dal GDPR e dettano linee guida chiare nelle modalità di utilizzo, gestione e conservazione dei dati, consentendo la tutela dei diritti di privacy senza rinunciare all'utilizzo della tecnologia.

Non è la tecnologia in sé, ma la modalità d'uso, la gestione e l'organizzazione dei dati a fare la differenza. È possibile utilizzare la tecnologia, evitando di incorrere in sanzioni, avvalendosi di diversi strumenti e competenze, dalla figura del DPO, fino a piattaforme che consentono di raccogliere, in maniera semplice e strutturata i dati e le informazioni gestite, per comprenderne la linea di compliance rispetto ai regolamenti in vigore e disporre le attività necessarie per mettere a target i processi aziendali.

Nella consapevolezza che sarà necessario, nei prossimi anni, piuttosto che portare avanti battaglie ideologiche, diffondere una cultura aziendale ed organizzativa basata su percorsi volti ad interiorizzare, in maniera profonda, l'idea che la gestione dei dati e dei processi che consentono di acquisirli e conservarli, non sono temi secondari ma fondamentali per preservare i diritti di tutti, e trasformare, ad esempio, il "tutti sorvegliati" in "tutti protetti nei diritti e nelle opportunità".


* di Maura Mormile, Business Development Manager, Secursat

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