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Telecamere in condominio, è sufficiente la maggioranza dell'assemblea

Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 14969 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Non serve l'unanimità dei condomini per l'installazione di un sistema di videosorveglianza per il controllo delle parti comuni dell'edificio. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 14969 depositata oggi, respingendo il ricorso di una condomina contro la decisione della Corte di appello di Torino, e chiarendo che è sufficiente la maggioranza dei presenti in assemblea.

Secondo la ricorrente, che inizialmente aveva negato in assoluto la competenza dell'assemblea , rimaneva comunque aperta la questione se occorresse l'accordo unanime dei condomini. La Corte d'appello avrebbe infatti dovuto porsi il problema delle maggioranze occorrenti, non essendo sufficiente la maggioranza semplice. Inoltre si doveva riconoscere che la delibera non era vincolante per i dissenzienti, trattandosi di innovazione voluttuaria ed eccessivamente costosa.

La Seconda Sezione civile ricorda che prima della riforma del condominio la giurisprudenza di merito, nel silenzio della legge, aveva affrontato più volte le problematiche sottese all'uso di telecamere, arrivando però a "soluzioni contrastanti".

In particolare, una parte della giurisprudenza di merito sosteneva che la delibera dell'assemblea condominiale che approva l'installazione di un impianto di video sorveglianza relativo a parti comuni, non rientra, in senso assoluto, tra quelle riconducibili all'approvazione dell'assemblea. Altro orientamento faceva salvo il caso in cui la decisione fosse stata assunta all'unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti. Una terza impostazione, infine, si accontentava della deliberazione a maggioranza e per la prospettata violazione della privacy dei condomini richiamava la giurisprudenza della Corte di cassazione penale secondo cui installare una telecamera sul cortile condominiale non integra gli estremi del reato di cui all'articolo 615-bis c.p..

Su questo quadro è intervenuto il Legislatore della novella, con un articolo dedicato, ossia il nuovo articolo 1122-ter c.c., che ha introdotto, nel sistema della disciplina condominiale, la video sorveglianza. "La nuova disposizione - scrive la Suprema corte - prescrive che le deliberazioni concernenti l'installazione su parti comuni di impianti volti a consentire la video sorveglianza di essi sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 1 (comma 2, ndr), c.c.. La norma, quindi, ha confermato la correttezza della soluzione già anticipata da una parte della precedente giurisprudenza di merito".

L'articolo 1122-ter c.c. così recita: "Le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136". Ed il secondo comma del 1136 prevede: "Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio".

Con riguardo infine alle obiezioni sul carattere voluttuario o gravoso dell'innovazione, per la Cassazione le innovazioni per le quali e consentito al singolo condomino, ai sensi dell'articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla spesa relativa, per la quota che gli compete, "sono quelle che riguardano impianti suscettibili di utilizzazione separata e che hanno natura voluttuaria, cioè sono prive di utilità, ovvero risultano molto gravose, ossia sono caratterizzate da una notevole onerosità, da intendere in senso oggettivo, dato il testuale riferimento della norma citata alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio". E l'onere della prova di tali estremi grava sul condomino interessato, vertendosi in tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali (Cass. n. 2408/1981). Mentre le relative valutazioni integrano un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito e sono incensurabili in sede di legittimità se sorrette da motivazione congrua (Cass. n. 428/1984).

Così tornando al caso concreto, la ricorrente non ha indicato "alcun elemento concreto, relativo alle particolari condizioni ed all'importanza dell'edificio, che avrebbe dovuto indurre la corte di merito a ritenere l'innovazione scarsamente utile o eccessivamente gravosa". Ha invece evidenziato "solo il rapporto fra la spesa deliberata e le spese generali annuali dell'intero condominio, laddove, come appena detto, il carattere gravoso si accerta in base a parametri diversi".

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