Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 23 e il 27 maggio 2022

di Giuseppe Cassano

 

Nel corso di questa settimana le Corti d’Appello intervengono in tema di accreditamento sanitario, di personalizzazione del danno alla persona, di danno da emoderivati infetti, di determinazione del compenso dei professionisti, di usura bancaria e infine di rinunce e transazioni del lavoratore. I Tribunali, da parte loro, si soffermano sulla donazione indiretta, sull’a z ione revocatoria, sulla figura dello spedizioniere doganale e, ancora, sulla petitio hereditatis .

***

SANITA’ E BIOETICA
Accreditamento sanitario - Strutture accreditate - Prestazioni rese - Tetti di spesa.
(Dlgs 30 dicembre 1992 n. 502)
La Corte d’Appello di Napoli afferma in sentenza il principio di diritto secondo cui - nel regime dell’accreditamento sanitario - il sistema dei pagamenti in acconto, e successiva detrazione sull’importo complessivamente fatturato di una percentuale corrispondente al tetto annuale massimo di spesa preventivamente stabilito per branca o comparto, è conforme agli obiettivi di contenimento della spesa che informano la disciplina legislativa statale e regionale in materia sanitaria. La fissazione dei limiti di spesa, e la conseguente applicazione delle regressioni tariffarie, volte a garantire l’effettività di tali limiti, è necessaria al corretto utilizzo delle risorse stanziate per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Nel nuovo assetto del sistema sanitario, è di fondamentale importanza il collegamento tra responsabilità e spesa così che l’autonomia dei vari soggetti ed organi operanti nel settore, non può che essere correlata alle disponibilità finanziarie, e non può prescindere dalla limitatezza delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale. Non è pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni quale ne sia la gravità e l'urgenza; è viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute. La necessità di raccordo tra limiti di spesa e diritto alla salute può attuarsi anche tramite meccanismi di riequilibrio che operano a consuntivo - ed anche in via eventuale - rispetto alla programmazione a monte, come è il caso della regressione tariffaria unica, con la conseguenza della retroattività dell’atto di determinazione della spesa. L'esigenza di determinare i tetti di spesa e, quindi, delle prestazioni erogabili con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale è per l'Amministrazione sanitaria prioritaria ed ineludibile ed è inevitabile che, nella concreta determinazione delle somme spettanti alle diverse branche e poi alle diverse aziende, si faccia riferimento, in assenza di più precisi studi sull'evoluzione delle necessità assistenziali e della relativa spesa, alla spesa storica costituita dalle prestazioni erogate negli anni e nei mesi immediatamente precedenti a quello di riferimento, con la possibile applicazione sugli importi cosi determinati anche di tagli percentuali e di meccanismi di regressione tariffaria; ne consegue che siffatto modus procedendi assolve in sé anche gli oneri istruttori, in quanto il volume di spesa raggiunto nell'anno immediatamente precedente è suscettibile di costituire una adeguata base di riferimento per la determinazione del fabbisogno per l'anno successivo.
Corte di appello di Napoli, sezione I, 23 maggio 2022 n. 2251

RESPONSABILITÀ E RISARCIMENTO
Danno alla persona - Risarcimento -
Aumento personalizzato. (Cc, articolo 2059)
Adita in materia di sinistri stradali la Corte d’Appello di Catanzaro è chiamata a pronunciarsi (tra l’altro) sulla richiesta di personalizzazione del danno alla persona. Precisa così che il cd. “aumento personalizzato” deve essere riconosciuto solo in presenza di specifiche circostanze di fatto che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari.  La distinzione giuridicamente rilevante in tema di liquidazione del danno alla persona è quella tra conseguenze indefettibili dell'invalidità e conseguenze peculiari. Le prime sono le conseguenze inevitabili per tutti coloro che abbiano patito identici postumi permanenti (si fa qui l’esempio della zoppia per chi abbia sofferto un accorciamento dell'arto inferiore, oppure della rinuncia all'attività fisica per chi abbia patito una grave riduzione della capacità respiratoria). Le conseguenze peculiari sono invece quelle sofferte solo da quella particolare vittima, in conseguenza delle sue pregresse condizioni o del tipo di attività da essa svolte, ma non comuni necessariamente a tutte le vittime che abbiano sofferto identiche lesioni guarite con identici postumi. La liquidazione del danno biologico permanente è di per sé un ristoro per equivalente delle conseguenze che la lesione della salute ha avuto sulla vita quotidiana (art. 2059 c.c.). Per pretendere la maggiorazione della misura standard del risarcimento non basta dunque allegare che i postumi hanno inciso sulla vita quotidiana della vittima: questo tipo di pregiudizio è infatti già ristorato dalla semplice monetizzazione del grado di invalidità permanente. È necessario, invece, allegare e provare che i postumi hanno inciso sulla vita quotidiana della vittima in misura differente e maggiore rispetto a tutte le altre persone della stessa età e dello stesso sesso, che abbiano sofferto postumi di identica misura.
Corte di appello di Catanzaro, sezione II, 24 maggio 2022 n. 567

RESPONSABILITA’ E RISARCIMENTO
Emotrasfusioni - Incauta somministrazione - Danni -Risarcimento.

Secondo la Corte d’Appello di Palermo la materia dei danni da sangue o emoderivati infetti evidenzia la pertinenza al sapere causale del criterio dell'oggettiva idoneità della condotta a determinare un evento, senza alcun riferimento alia c.d. prevedibilità soggettiva. Laddove vigano precetti specifici e precostituiti relativamente al compimento di determinate attività, la regola viene imposta all'agente indipendentemente dalla capacità di quest'ultimo di rappresentarsi l’esistenza e la natura del pericolo.  La regola è dunque posta allo scopo di evitare un determinato rischio, sicché di tutti gli eventi dannosi che siano realizzazione del rischio in relazione al quale la medesima regola è stata posta l’agente risponde indipendentemente da ciò che potesse prevedere e per il sol fatto della violazione della regola. L'omissione della struttura sanitaria, relativamente ai controlli sull'idoneità del sangue ad essere oggetto di trasfusione, è da reputare causalmente efficiente in ordine all'insorgere dell'infezione e tale omissione è antigiuridica indipendentemente dal criterio della prevedibilità soggettiva perché regole specifiche, poste allo scopo di evitare il rischio di infezione, imponevano il controllo sul sangue umano. Se si considera che la normativa violata mediante l'omissione ha la funzione di prevenire il rischio dell'infezione, la descrizione dell'evento dannoso deve arrestarsi a quest'ultima, e non estendersi alle particolari specificazioni del nome della malattia contratta mediante la trasfusione. All'elemento soggettivo dell'illecito resta da ascrivere l'incauta somministrazione in assenza dei doverosi controlli, che comprendono il dovere di adoperarsi per evitare o ridurre un rischio che è antico quanto la necessità della trasfusione. Una volta acquisita al processo la circostanza dell'incauta somministrazione in violazione di specifiche regole, diventa onere della struttura sanitaria dimostrare, sempre sul piano soggettivo dell'illecito, di aver utilizzato sacche di sangue opportunamente controllate secondo tutti i canoni normativi.
Corte di appello di Palermo, sezione I, 25 maggio 2022 n. 922

PROFESSIONISTI
Rapporti professionali - Compenso - Determinazione. (Costituzione, articolo 36; Cc, articoli 1175 e 2233; legge 3 febbraio 1936, n. 69
)
La Corte d’Appello di Perugia, sezione lavoro, affronta in sentenza (tra l’altro) il tema della possibile, o meno, applicazione dell’art. 36 Cost. ai fini della determinazione del compenso nei rapporti professionali. Si precisa così come, in tema di determinazione del compenso per prestazioni professionali, la norma codicistica ex art. 2233 c.c.. faccia riferimento, in caso di mancata pattuizione tra le parti, ed in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del Giudice, restando invece esclusi i criteri di cui all'art. 36, I, Cost. in quanto applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. Il rapporto di lavoro che si qualifica in termini di genuina collaborazione professionale è ontologicamente scevro dai condizionamenti connessi al “metus” che caratterizza la relazione negoziale tra le parti nel lavoro subordinato. E quindi, secondo la Corte,  il mantenimento del medesimo atteggiamento, nel corso di un pluriennale rapporto professionale, appare oggettivamente una manifestazione idonea ad ingenerare nella controparte l’affidamento, secondo i criteri attuativi ed interpretativi della volontà negoziale di cui all’art. 1175 c.c., nella avvenuta accettazione “per facta concludentia” della quantificazione del compenso come determinato dalla parte committente.Quanto al tariffario esso costituisce non già un parametro obbligatorio di quantificazione, bensì un criterio orientativo in sede di determinazione equitativa giudiziale ex art. 2233 c.c.. Con riferimento alle prestazioni giornalistiche - si sottolinea in sentenza - non esistono tariffe professionali, agli effetti dell'art. 2233 c.c., ma solo una tabella dei "compensi minimi", varata di anno in anno, ai sensi della L. n. 69/1963, la quale, in assenza di specifiche disposizioni legislative che attribuiscano all'Ordine dei giornalisti il potere di fissare compensi minimi inderogabili, ha carattere indicativo e non vincolante (non potendosi peraltro ritenere inderogabili i minimi tariffari in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale).
Corte di appello di Perugia, sezione lavoro, 25 maggio 2022 n. 79

CREDITO E RISPARIMO
Usura bancaria - Tasso soglia - Superamento - Onere della prova.
(Legge 7 marzo 1996, n. 108, articoli 2 e 3; Cc, articoli 1815, 2697; Cpc, articolo 100)
Sottolinea in sentenza la Corte d’Appello di Firenze come L. n. 108/1996 abbia introdotto il concetto del tasso soglia (artt. 2 e 3), designandolo come il limite imperativo alla misura del tasso di interesse convenzionale, superato il quale si configura il fenomeno usurario, con la correlativa sanzione del novellato art. 1815, II, c.c. secondo cui “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. In tale contesto normativo è onere della parte che deduca in giudizio l’applicazione del tasso usurario allegare ed indicare i modi, i tempi e la misura del superamento del tasso c.d. “soglia”. Invero, per quanto la nullità di una pattuizione contrattuale sia rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, tuttavia un’indicazione circostanziata circa il concreto superamento dei tassi soglia, nel periodo in contestazione, risulta indispensabile al fine di valutare l'incidenza, nel rapporto, della nullità dedotta, e l'interesse concreto e attuale ad ottenere un accertamento giudiziale sul punto, ex art. 100 c.p.c.. E cioè a dire, in altre parole, l'onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell'art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall'altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto.  Peraltro, in tema di usura bancaria, ai fini della determinazione del tasso soglia, non è possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute alla banca a titolo di interessi corrispettivi e di interessi moratori, stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura corrispettiva dei primi e di penale per l'inadempimento dei secondi, sicché è necessario procedere al calcolo separato della loro relativa incidenza, per i primi ricorrendo alle previsioni dell'art. 2, IV, L. n. 108/1996 e per i secondi, ove non citati nella rilevazione dei decreti ministeriali attuativi della citata previsione legislativa, comparando il tasso effettivo globale, aumentato della percentuale di mora, con il tasso effettivo globale medio del periodo di riferimento.
Corte di appello di Firenze, sezione II, 26 maggio 2022 n. 1075

LAVORO E FORMAZIONE
Lavoro subordinato - Rinunce e transazioni -
Impugnazioni.   (Cc, articoli 1965 e 2113; Cpc, articoli 185, 410, 411, 412 ter e 412-quater)
Secondo la Corte d’Appello di Bari le l'invalidità delle rinunzie e transazioni aventi per oggetto il diritto del prestatore di lavoro, derivante da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi concernenti i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c., trova il suo limite d’applicazione nella previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 2113 c.c.. Secondo tale comma sono comunque salve le conciliazioni intervenute ai sensi degli artt. 185, 410 e 411, 412 ter e quater c.p.c.. Mentre la rinunzia, in quanto negozio unilaterale non recettizio, sortisce l’effetto dell’estinzione dei diritti patrimoniali connessi al rapporto di lavoro e già acquisiti al patrimonio del lavoratore, anche in assenza del beneficiario, la transazione, in quanto contratto, richiede l’incontro delle volontà di tutte le parti interessate e la contestuale sottoscrizione del verbale di conciliazione. Per il combinato disposto degli artt. 2113 c.c. e 410 e 411 c.p.c. le rinunce e le transazioni aventi a oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione sindacale, non sono impugnabili ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 2113 c.c. solo a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentati sindacali sia stata effettiva, consentendo al lavoratore di sapere a quale diritto rinuncia e in che misura, e, nel caso di transazione, a condizione che dall’atto si evinca la res dubia oggetto della lite (in atto o potenziale) e le “reciproche concessioni” in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell’art. 1965 c.c.. L'art. 2113 c.c. è poi applicabile anche nell'ipotesi in cui il lavoratore abbia già intrapreso un'azione giudiziaria, in quanto la sua posizione di soggezione nei confronti del datore di lavoro non viene meno per il fatto che egli abbia azionato un diritto o sia assistito da un legale; ne consegue che, ai sensi di detta disposizione codicistica, restano impugnabili nel termine di sei mesi tutte le rinunce e transazioni che non siano intervenute nella forma della conciliazione giudiziale o sindacale, a nulla rilevando che le suddette intervengano dopo che il lavoratore abbia già azionato il diritto in giudizio.
Corte di Appello di Bari, sezione lavoro, 27 maggio 2022, n. 623

SUCCESSIONI E DONAZIONI
Donazione indiretta - Contratto di deposito bancario - Somma di denaro cointestata.
(Cc, articoli 769, 782, 783 e 809)
Precisa in sentenza il Tribunale di Torino che la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, è qualificabile come donazione indiretta qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario. Ciò a condizione che sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità. In altri termini, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all’apprezzamento dell’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità. Trattandosi di donazione indiretta, la verifica dell’animus deve essere condotta alla luce degli elementi di fatto allegati, atteso che l’intenzione di donare emerge non già, in via diretta, dall’atto o dagli atti utilizzati, ma solo, in via indiretta, dall’esame, necessariamente rigoroso, di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, nei limiti in cui risultino tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio da chi ne abbia interesse. Con la precisazione, infine, che il regime formale della forma solenne (fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell'art. 783 c.c., la forma è sostituita dalla traditio) è esclusivamente proprio della donazione tipica, e risponde a finalità preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni. Per la validità delle donazioni indirette, invece, non è richiesta la forma dell'atto pubblico, essendo sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l'art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c., non richiama l'art. 782 c.c., che prescrive l'atto pubblico per la donazione.
Tribunale di Torino, sezione II, 25 maggio 2022 n. 2229

AZIONE REVOCATORIA
Presupposti - Onere della prova.
(Cc, articoli 2901)
Al fine dell'esercizio dell'azione revocatoria, precisa in sentenza il Tribunale di Brindisi, è sufficiente l'esistenza di una semplice ragione di credito e non necessariamente di un credito certo, liquido ed esigibile accertato in sede giudiziale (art. 2901 c.c.). Nell’ipotesi - ricorrente nel caso in esame da parte dell’adito Giudice salentino - di atto dispositivo a titolo gratuito compiuto successivamente al sorgere del credito, sono presupposti di detta azione oltre all’esistenza del credito, il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore (eventus damni) e la conoscenza del pregiudizio da parte del debitore (scientia damni).  L’eventus damni è ravvisabile non solo quando si determini la perdita, in tutto o in parte, della garanzia patrimoniale offerta dal debitore, ma anche quando si verifichi maggiore difficoltà, incertezza o dispendio nell’esazione coattiva del credito, potendo il detto eventus damni consistere in una variazione non solo quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio del debitore. L'accertamento dell'eventus damni non presuppone una valutazione del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede solo la dimostrazione da parte di quest'ultimo della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore. A tal fine, l’onere probatorio del creditore si restringe alla dimostrazione della variazione patrimoniale, senza che sia necessario provare l’entità e la natura del patrimonio del debitore dopo l’atto di disposizione. Con riferimento, poi, al merito del caso concreto sottoposto al suo esame, osserva il Tribunale di Brindisi che quando l’atto di donazione è successivo al sorgere del credito, ai fini della revocatoria, non è necessaria la dolosa preordinazione in danno del creditore, e cioè l’intenzione del debitore di sottrarre il bene alla garanzia del creditore, ma è sufficiente la consapevolezza da parte dello stesso debitore del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, si arreca in concreto alle ragioni del creditore; consapevolezza la cui prova può essere raggiunta anche mediante presunzioni. Inoltre, poiché la revoca concerne un atto a titolo gratuito non è necessaria la prova della conoscenza anche da parte del terzo che l’atto posto in essere dal debitore possa arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.
Tribunale di Brindisi, 26 maggio 2022 n. 818

CONTRATTO DI SPEDIZIONE
Spedizioniere doganale - Inadempimenti -Responsabilità.

In punto di diritto afferma il Tribunale di Bari che:
- il mandatario deve dare esecuzione al mandato secondo i principi di buona fede, con la migliore diligenza richiesta dalla natura delle prestazioni, osservando i criteri di correttezza;
- lo spedizioniere doganale, che è figura diversa dallo spedizioniere che si occupa altresì del contratto di trasporto, esegue in nome e per conto dell’importatore-mandante le operazioni di sdoganamento ed è tenuto ad eseguire l'incarico conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia nell'interesse del committente, ha l'obbligo di attenersi alle istruzioni che gli vengono impartite dal committente, e deve informarlo dei fatti sopravvenuti che potrebbero indurlo a modificare le istruzioni stesse, incluse le prassi e le interpretazioni degli uffici doganali;
- se, a seguito di fatti sopravvenuti, lo spedizioniere doganale omette di informare il committente in ordine ad essi, ed opera discostandosi dalle istruzioni ricevute, risponde dei danni che quest'ultimo subisce tutto ciò salvo che sia mancata la possibilità di informarlo, e rimanendo irrilevante che l'atto compiuto sia idoneo a realizzare l'interesse del committente.
Nell'attività dello spedizioniere doganale si individuano i connotati della professione intellettuale regolata da particolare disciplina pubblicistica; ciò, tuttavia, non esclude che tale attività possa inserirsi, quale componente di una più vasta attività dello stesso soggetto, all'interno di un'organizzazione di tipo imprenditoriale diretta all'acquisizione ed esecuzione di contratti di spedizione 
Tribunale di Bari, sezione II, 27 maggio 2022 n. 2117

SUCCESSIONI E DONAZIONI
Testamento olografo - Petitio hereditatis - Rei vindicatio - Differenze.
(Cc, articolo 533)
Il Tribunale di Lecce, dopo aver precisato che la pubblicazione del testamento olografo non condiziona né la validità, né l’efficacia, della volontà testamentaria, trattandosi di atto preparatorio esterno necessario per la sua coattiva esecuzione, osserva come la "petitio hereditatis" (art. 533 c.c.) si differenzia dalla "rei vindicatio", malgrado l'affinità del "petitum", in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede, ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'universum ius o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all'onere probatorio, che, mentre l'attore in "rei vindicatio" deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella "hereditatis petitio" può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario. Deve così ritenersi inammissibile il mutamento in corso di causa dell'azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione, anche quando non sia contestata dal convenuto la qualità di erede dell'attore, in quanto tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell'azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, senza incidere sulla radicale diversità - per natura, presupposti, oggetto e onere della prova - tra le due azioni. Né la petitio hereditatis è esclusa dal fatto che il "petitum" riguardi beni determinati: per la discriminazione occorre aver riguardo alla posizione assunta dal convenuto, sicché si profilerà la petizione di eredità qualora questi si limiti a contestare la delazione o l'acquisto dell'eredità da parte dell'attore senza peraltro contestare la proprietà in capo dal "de cuius", mentre, in diversa ipotesi, sarà adeguata la configurazione della revindica.
Tribunale di Lecce, sezione I, 27 maggio 2022, n. 1567

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©