Professione e Mercato

Le quote TV nel nuovo Regolamento AGCOM

Nell'ambito del quadro normativo a carattere talvolta necessariamente generale delineato dal TUSMA, è l'AGCOM che deve assumere, in ultima analisi, un ruolo regolatorio non meno delicato di quello attribuito al legislatore, attraverso, l'esplicazione di un'arte "dosimetrica" che spesso corre sul filo di sottili equilibri

di Alessandra Spangaro*

Le tipologie di fornitura di servizi media e audiovisivi si sono notevolmente arricchite negli ultimi anni, in ragione delle significative innovazioni tecnologiche del settore, che hanno condotto alla diffusione della tv connessa ad internet e alla c.d. "convergenza" tra media, andando così oltre il sistema della "tv generalista" e permettendo di usufruire di nuove modalità di fruizione, anche condivisa, dei contenuti, in larga parte digitali.

In tale contesto polimorfo, l'equilibrio tra interessi potenzialmente confliggenti, quali l'accesso libero ai contenuti suddetti, la tutela dei consumatori e, al contempo, del mercato, si è reso ancor più articolato; di qui la necessità di un nuovo intervento del legislatore europeo prima e, conseguentemente, di quello nazionale, con i successivi regolamenti attuativi, tesi a dare applicazione coerente ad una disciplina invero piuttosto complessa, ove un ruolo determinante è svolto all'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), alla quale sono attribuite funzioni regolamentari di primario rilievo.

Quote e sottoquote nell'evoluzione della disciplina normativa

La materia è oggetto di attenzione da parte del legislatore europeo fin dagli anni '80 del secolo scorso, è infatti del 1989 la direttiva 89/552/CE, c.d. "tv senza frontiere", recepita in Italia con la nota legge Mammì, n. 223/1990. La disciplina è poi stata oggetto di plurime modifiche, in sede sia Europea, con successive direttive, sia nazionale, da ultimo con il D. Lgs. 208/2021, "Testo unico dei servizi di media audiovisivi" (TUSMA), che ha abrogato il precedente testo unico (D. Lgs. 177/2005) e che, dando attuazione all'ultima direttiva in materia (2018/1808/UE), costituisce oggi il nuovo referente normativo di una fattispecie invero complessa ed eterogenea, tesa a disciplinare e contemperare, come anticipato, interessi di matrice radicalmente differente, dalla suddivisione in quote di programmazione, alla tutela dei consumatori e, tra questi, anche specificamente dei minori, "fascia debole" per antonomasia.

Il recente intervento riformatore si è quindi reso necessario ed era ormai improcrastinabile in considerazione del fatto che, soprattutto nell'ultima decade, la tecnologia è significativamente cambiata; la convergenza della televisione tradizionale con internet ha, infatti, reso disponibili nuove tipologie di servizi, di contenuti (per esempio quelli generati dagli stessi utenti) e dunque ha permesso l'ingresso nel mercato anche di nuovi operatori (per esempio i social media, divenuti mezzo per informare, intrattenere e talvolta anche istruire), che si sono affiancati ai servizi, ai contenuti - quelli televisivi tradizionali continuano a rappresentare ancora oggi una quota considerevole della visione media giornaliera – e agli operatori della "vecchia generazione".

Da tale evoluzione è nata l'esigenza di apprestare un quadro giuridico aggiornato; rispetto al previgente Testo Unico in materia (D. Lgs. 177/2005), oggi il TUSMA, D. Lgs. 208/2021, ha introdotto una serie di previsioni innovative di sicuro rilievo. Sono stati così disposti obblighi di programmazione e di investimento per tutti i fornitori di servizi media audiovisivi che siano soggetti alla giurisdizione italiana.

In particolare, sotto il profilo della programmazione, il nuovo T.U. prevede che i fornitori di media audiovisivi a richiesta debbano riservare ad opere europee, realizzate negli ultimi cinque anni, non meno del 30% dei titoli afferenti al proprio catalogo (art. 55, co. 2., D. Lgs. cit.).

Sono inoltre posti obblighi di investimento per gli operatori di servizi lineari e a richiesta; i primi, esclusa la concessionaria di pubblico servizio, devono riservare all'acquisto o alla produzione di opere europee di produttori indipendenti almeno il 12,5% dei propri introiti netti annuali conseguiti in Italia (ricavati, per esempio, da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, ecc.) e di tale percentuale almeno la metà deve essere riservata alle opere di espressione originale italiana prodotte negli ultimi cinque anni.

Un'altra quota minima, pari ad almeno il 3,5% degli introiti annuali netti, deve esser riservata dai fornitori alle opere cinematografiche di espressione originale italiana di produttori indipendenti (e, nell'ambito di tale "sottoquota", il 75% deve essere dedicato ad opere di produttori indipendenti degli ultimi cinque anni, art. 54, D. Lgs. cit.).

La concessionaria di pubblico servizio deve invece riservare almeno il 17% dei propri ricavi complessivi annui (derivanti per esempio da canone e pubblicità) all'acquisto o alla produzione di opere europee di produttori indipendenti; sono poi previste specifiche "sottoquote" riservate ad opere di espressione originale italiana prodotte da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni, ad opere cinematografiche di espressione originale italiana prodotte da produttori indipendenti, ad opere di produttori indipendenti specificamente destinate ai minori (delle quali almeno il 65% a carattere di animazione, art. 54, D. Lgs. cit.).

I fornitori di servizi media a richiesta, infine, devono promuovere la produzione e l'accesso alle opere europee con un obbligo di investimento pari ad una percentuale dei rispettivi introiti netti conseguiti annualmente in Italia, sempre che il loro fatturato non possa essere considerato di modesta entità (art. 55, D. Lgs. cit.)

L'accesso del pubblico a questo tipo di contenuti dovrà poi essere agevolato in concreto dai fornitori, eventualmente anche mediante la predisposizione di appositi strumenti di ricerca. Emerge quindi un quadro particolarmente vasto e composito, che impone ai fornitori dei servizi media audiovisivi precisi obblighi, spesso ponderosi (non solo) finanziariamente, rispetto ai quali il singolo operatore si può sottrarre solo nel caso abbia un fatturato o un pubblico di modesta entità, oppure, con specifico riferimento alle opere cinematografiche, quando la programmazione di queste ultime all'interno del proprio palinsesto possa considerarsi residuale o comunque non significativa.

In entrambi i casi, l'individuazione dei "criteri soglia" è lasciata alla potestà regolamentare dell'AGCOM, la quale dunque svolge un compito assai delicato e, in ultima analisi, sostanzialmente regolatore dell'ambito dell'equilibrio del mercato.

La potestà regolamentare AGCOM

Nel complesso contesto su brevemente tratteggiato, all'AGCOM è dunque attribuito un ruolo fondamentale, in quanto, quale autorità indipendente di garanzia - oltre a dover formare l'elenco dei fornitori soggetti alla giurisdizione italiana, esplicitando i relativi criteri di selezione (art. 2, co. 7, D. Lgs. cit.) – assume compiti di specificazione in via regolamentare della normativa su delineata.

È dunque l'AGCOM che deve determinare le modalità tecniche di assolvimento, da parte dei fornitori dei servizi media audiovisivi, degli obblighi di programmazione e investimento su brevemente tratteggiati (artt. 53, 54 e 55, D. Lgs. cit.), tenuto conto dello sviluppo del mercato, della disponibilità, delle tipologie e delle caratteristiche delle opere audiovisive, oltre che dei palinsesti e delle linee editoriali dei fornitori medesimi; ed ancora all'AGCOM è demandato il compito di meglio definire la nozione di "produttori indipendenti", sulla base di quanto previsto dall'art. 3, co. 1, lett. T), D. Lgs. cit. - in favore dei quali sono state poste le previsioni promozionali su indicate - e di determinare, tra l'altro, le voci che rientrano nelle nozioni di "introiti netti" e di "ricavi complessivi", in base alle quali individuare in concreto le quote da riservare all'acquisto e alla produzione di opere europee e alla trasmissione di opere cinematografiche di espressione originale italiana (art. 54, co. 1 e 3 D. Lgs. cit.).

Ma oltre a quanto sopra indicato, all'AGCOM è stata demandata – come anticipato - anche la potestà di individuare i "criteri soglia" alla luce dei quali valutare la nozione di "modesta entità del fatturato" e di "non significativa" o "residuale" programmazione di opere cinematografiche all'interno del palinsesto di ciascun fornitore, al fine di ottenere l'esenzione dagli obblighi di investimento e programmazione già su descritti.

Pur potendo usufruire di Linee guida elaborate in sede europea, l'AGCOM, in considerazione della delicatezza degli interessi coinvolti e dei relativi equilibri, ha ritenuto opportuno indire, nel luglio scorso, una consultazione pubblica, alla quale hanno risposto, tra gli altri, ANICA, APA, RTI, Amazon, Apple, Sky, Netflix, Walt Disney Italia e numerosi altri operatori del settore. All'esito della consultazione, nel dicembre scorso è stato emanato il Regolamento in materia di obblighi di programmazione e di investimento a favore di opere europee e di opere di produttori indipendenti (Delibera n. 424/22/CONS), applicabile a tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi, lineari e non lineari, soggetti alla giurisdizione italiana, ad eccezione di quelli che operano in ambito locale.

In tale Regolamento l'AGCOM ha fissato le quote e le sottoquote di programmazione per i fornitori di servizi lineari, compresa la concessionaria di pubblico servizio (art. 4. Reg. cit.) e non lineari (art. 6), con i relativi criteri di calcolo.

L'Autorità ha inoltre precisato gli obblighi di investimento a carico dei citati fornitori, esclusa la concessionaria di pubblico servizio, illustrando i criteri utili alla nozione di "introito annuale netto" (art. 5, per i servizi lineari, art. 7 per quelli a richiesta) e delineando anche i possibili casi di esenzione. In particolare, gli artt. 8 e 9 del reg. AGCOM, offrendo concretezza ai "criteri soglia" introdotti dal TUSMA, dispongono che possano essere dispensati dagli obblighi di programmazione e di investimento su delineati i fornitori di servizi, lineari e non, che abbiano un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro annui, mentre coloro che negli ultimi due anni di esercizio non abbiano realizzato utili o abbiano un fatturato riferito ai ricavi pubblicitari o derivanti da televendite, sponsorizzazioni ecc., inferiore a 10 milioni di euro, possono chiedere, illustrandone i motivi, una deroga parziale o totale ed, infine, coloro che hanno intrapreso la propria attività dopo il 1 gennaio 2021 sono esonerati per lo meno dal raggiungimento delle quote di investimento altrimenti obbligatorie.

In sintesi, nell'ambito del quadro normativo a carattere talvolta necessariamente generale delineato dal TUSMA, è l'AGCOM che deve assumere, in ultima analisi, un ruolo regolatorio non meno delicato di quello attribuito al legislatore, attraverso, l'esplicazione di un'arte "dosimetrica" che spesso corre sul filo di sottili equilibri.

*a cura dell' Avv. Alessandra Spangaro, DigitalMediaLaws

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