Comunitario e Internazionale

Airbnb dovrà comunicare in Belgio i dati delle transazioni richiesti a fini tributari

L'obbligo non viola la libera prestazione dei servizi e si pone al di fuori dell'ambito di applicazione della direttiva sull'e-commerce

di Paola Rossi

Airbnb Ireland, la più nota piattaforma elettronica di servizi di alloggio turistico, sarà obbligata a fornire all'amministrazione regionale belga i dati relativi alle locazioni, che vengono raccolti dall'amministrazione richiedente a fini puramente fiscali. Tale obbligo si pone al di fuori del campo di applicazione della direttiva sul commercio elettronico che non riguarda l'ambito tributario. L'obbligo di trasmissione dei dati non risulta in contrasto neanche con il principio di libera prestazione dei servizi. Infatti, la norma regionale tributaria si appplica indistintamente a tutti i prestori di di servizi di intermediazione immobiliare e a prescindere dal loro luogo di stabilimento.

Con la sentenza sulla causa C-647/20 la Corte Ue ha risposto al quesito pregiudiziale della Corte costituzionale belga affermando che l'obbligo del gestore di una piattaforma elettronica per servizi di alloggio di comunicare all'amministrazione tributaria determinati dati sulle transazioni delle strutture turistiche non è contrario al diritto dell'Unione.
Quindi la normativa regionale belga che impone ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare e, in particolare, ai responsabili di una piattaforma elettronica per servizi di alloggio di trasmettere all'amministrazione tributaria determinati dati relativi alle transazioni delle strutture turistiche non è contraria al diritto dell'Unione.È di natura fiscale e perciò è esclusa dall'ambito di applicazione della direttiva sul commercio elettronico

Il caso
La Airbnb Ireland è una società irlandese che attraverso il proprio noto portale elettronico incrocia le istanze tra potenziali locatari e locatori (professionisti o meno) che offrano servizi di alloggio.
Airbnb era stata invitata a fornire all'autorità tributaria della Regione di Bruxelles-Capitale informazioni sulle transazioni turistiche realizzate in un intero anno in base all'obbligo previsto relativamente all'imposta sugli esercizi ricettivi turistici. La società in risposta alla richiesta aveva adito la Corte costituzionale belga sostenendo che tale obbligo contrastava con la libera prestazione dei servizi e non rientrava nel proprio ambito di attività governato dalla direttiva sul commercio elettronico. La Corte costituzionale ha perciò chiesto alla Cgue se una tale disposizione, in quanto applicabile anche ai responsabili di una piattaforma elettronica, costituisse una disposizione fiscale espressamente esclusa dall'ambito di applicazione della direttiva 2000/31 sul commercio elettronico e se fosse un ostacolo alla libera circolazione dei servizi.

L'interpretazione
La Cgue afferma la legittimità della disposizione fiscale sotto entrambi i profili di dubbio sollevati. La Corte Ue precisa in primis che la direttiva sul commercio elettronico è stata adottata sul fondamento delle disposizioni dei Trattati che escludono dal loro ambito di applicazione le norme fiscali. E la direttiva sul commercio elettronico prevede espressamente l'esclusione della materia fiscale dal suo ambito di applicazione.
Va rilevato, secondo la Corte, che per quanto i servizi di intermediazione immobiliare su piattaforma elettronica siano di fatto servizi della società dell'informazione cui si applica la direttiva sul commercio elettronico, la disposizione controversa applicabile ai responsabili di una piattaforma elettronica rientra nel «settore tributario» espressamente escluso dall'ambito di applicazione della direttiva sul commercio elettronico.Per quanto riguarda, in secondo luogo, la compatibilità della disposizione in questione della legge regionale controversa con il divieto di limitare la libera circolazione dei servizi nell'Unione, la Corte constata che l'obbligo di fornire determinate informazioni relative alle transazioni delle strutture turistiche riguarda tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, indipendentemente dal luogo in cui tali prestatori sono stabiliti e dal modo in cui essi prestano detti servizi.La Corte ne deduce che la disposizione della legge regionale controversa non è discriminatoria, ma si limita a obbligare i prestatori in questione a conservare i dati relativi alle transazioni delle strutture turistiche e a trasmetterli all'amministrazione tributaria regionale, su richiesta di quest'ultima, ai fini dell'esatta riscossione delle imposte relative alla locazione dei beni immobiliari. L' effetto - per una società come Airbnb che presta una grande mole di servizi - di generare costi supplementari per un determinato servizio, non ostacola la libera prestazione dei servizi se applicati a prescindere dallo Stato membro dove è stabilito il prestatore.

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