Esame d'avvocato: la soluzione al caso di amministativo presentato nel webinar del 20 aprile
L'ultima questione svolta riguarda il diritto di accesso ai documenti amministrativi: tipologie, presupposti e modalità di esercizio
Vi proponiamo l'ultimo caso dedicato al diritto amministrativo discusso nel webinair del organizzato Gruppo 24 Ore dal titolo «Il nuovo esame da avvocato - Le indicazioni pratiche per le prove», che si tenuto il 20 aprile scorso. La prossima settimana riparte le nuove questioni svolte dai nostri esperti. Continuate a seguirci.
***
CASO TEORICO-PRATICO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO
a cura di Marcello Clarich
I QUESITI
1. Quali sono le principali tipologie di diritto di accesso previste dalla disciplina legislativa vigente (in particolare dalla legge n. 241/1990 e dal Dlgs n. 33/2013) e quali sono le caratteristiche specifiche di ciascuna?
2. È possibile cumulare nella medesima istanza di accesso una pluralità di tipologie di accesso e quali sono i poteri della pubblica amministrazione e del giudice amministrativo nell’individuare l’oggetto della domanda?
3. Quali sono le specificità del cosiddetto accesso “difensivo” ex art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990 e come si coordina l’esercizio di tale diritto con i poteri istruttori del giudice ordinario previsti dal codice di procedura civile?
LO SCHEMA PER LA DISCUSSIONE DEI QUESITI
1) Inquadramento generale
Il principio di pubblicità e trasparenza costituisce un principio generale in materia di organizzazione e di attività amministrativa che trova un fondamento nel diritto europeo e nel diritto nazionale. Ciò in conformità alla visione della pubblica amministrazione come “casa di vetro”.
In particolare, a livello europeo, l’articolo 15 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che per “promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile”le istituzioni europee “operano nel modo più trasparente possibile”. L’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) garantisce la libertà d’espressione che include anche il diritto di ricevere (oltre che di comunicare) informazioni. L’articolo 41, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea attribuisce a ogni individuo il diritto “di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale”.
Anche a livello internazionale, principi analoghi sono enunciati e sviluppati in testi normativi di numerosi Stati. Si può richiamare, anche per l’influenza sull’evoluzione del diritto italiano, il Freedom of Information Act (FOIA) approvato negli Stati Uniti nel 1966.
A livello nazionale, la normativa anticorruzione ha enunciato in termini generali il principio di trasparenza “intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (articolo 13 del Dlgs 14 marzo 2013, n. 33).
La legge sul procedimento amministrativo considera il diritto di accesso ai documenti amministrativi come “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (articolo 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241).
Alla luce dei dati normativi, la pubblicità e la trasparenza assolvono a una pluralità di funzioni: promuovono il coinvolgimento della società civile e favoriscono il controllo diffuso dell’operato della pubblica amministrazione; costituiscono un fattore di legittimazione degli apparati amministrativi; promuovono l’imparzialità dell’amministrazione; costituiscono uno strumento di prevenzione della corruzione.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, introdotto come istituto generale dalla legge n. 241/1990, costituisce uno dei principali strumenti per promuovere la trasparenza.
Le risposte ai quesiti posti dal caso sono state risolte alla luce di:
- Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 18 marzo 2021 n. 4
- Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza2 aprile 2020 n. 10
- Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 25 settembre 2020 n. 19
- Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 25 settembre 2020 n. 20
- Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 25 settembre n. 2020 n. 21
N.b. Le adunanze n. 19, n. 20 e n. 21 del 2020 sono sostanzialmente identiche. Di conseguenza, sono riportate qui per ragioni di completezza tutte le decisioni del Consiglio di Stato legate al caso. Ai fini della preparazione quindi andrebbero studiate e esaminate come se fossero una sola, perché sostanzialmente identiche.
LA DISCUSSIONE DEL QUESITO
Il primo quesito
1. D. Quali sono le principali tipologie di diritto di accesso previste dalla disciplina legislativa vigente (in particolare dalla legge n. 241/1990 e dal Dlgs n. 33/2013) e quali sono le caratteristiche specifiche di ciascuna?
R. La legge n. 241/1990 disciplina due tipologie di diritto di accesso: procedimentale e non procedimentale.
Il primo tipo di accesso è attribuito ai soggetti che partecipano a un procedimento amministrativo e consiste nel diritto di prendere visione degli atti del procedimento nel quale sono coinvolti (articolo 10, comma 1, lettera a). Ciò al fine di rendere informata la partecipazione che si attua attraverso la presentazione di memorie e di documenti (lettera b).
Il secondo tipo di accesso ha per oggetto ogni documento amministrativo detenuto da una pubblica amministrazione ed è attribuito a soggetti “interessati”, intendendosi per tali coloro che hanno un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata collegata al documento” (articolo 22, comma 1, lettera b). Si tratta dunque di un diritto che non è concesso a “chiunque”, ma che richiede da parte del soggetto interessato una motivazione specifica. Esso non può avere una natura “esplorativa” al fine di un controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione (articolo 24, comma 3). L’articolo 24 contiene un elenco tassativo di casi di esclusione del diritto di accesso in relazione a una serie di interessi pubblici e di tutela della riservatezza di persone ed enti.
Due ulteriori tipologie di accesso cosiddetto civico sono state introdotte dal Dgs n. 33/2013 in tema di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni. La prima tipologia di accesso cosiddetto semplice riguarda le informazioni e di dati che le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti o con altre modalità. Se l’obbligo è rimasto inadempiuto, chiunque può richiedere l’accesso (articolo 5, comma 1).
La seconda tipologia di accesso cosiddetto generalizzato, che si ispira al modello statunitense del FOIA, è attribuito a chiunque, a prescindere da un interesse particolare. Esso tende “a favorire forme di controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (comma 2). Sotto il profilo oggettivo non riguarda tutti i documenti detenuti dall’amministrazione poiché l’articolo 5-bis contiene un elenco di casi di esclusione volti a evitare un pregiudizio concreto a un’ampia serie di interessi pubblici e privati. Rispetto al diritto di accesso di cui all’articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990 si tratta di un diritto molto più ampio sotto il profilo soggettivo, più ristretto sotto il profilo oggettivo.
Mentre il diritto di accesso ex articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990 risponde a un “bisogno di conoscenza”, il diritto di accesso civico corrisponde a un “desiderio di conoscenza”.
Alcune tipologie di diritto di accesso sono previste per materie specifiche. Così in materia ambientale, nel recepire la direttiva 2003/4/CE, il Dlgs 19 agosto 2005, n. 195 attribuisce a chiunque ne faccia richiesta, senza necessità di dichiarare un interesse specifico, l’accesso alle informazioni (articolo 3). Inoltre, l’articolo 53 del Dlgs 18 aprile 2016, n. 50 disciplina il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. Prevede, in particolare, una serie di casi di differimento dell’accesso alla conclusione della procedura con l’aggiudicazione al fine di garantire la segretezza delle offerte (comma 2) e alcune ipotesi speciali di esclusione (comma 5). A livello di amministrazioni locali, i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto a ottenere dagli uffici tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato e sono tenuti al segreto d’ufficio (articolo 43, comma 2, del Dlgs 18 agosto 2000, n. 267).
Il secondo quesito
2. D. È possibile cumulare nella medesima istanza di accesso una pluralità di tipologie di accesso e quali sono i poteri della pubblica amministrazione e del giudice amministrativo nell’individuare l’oggetto della domanda?
R. Vanno considerati soprattutto i rapporti tra diritto di accesso di cui all'articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990 e il diritto di accesso civico generalizzato di cui all'articolo 5, comma 2, del Dlgs n. 33/2013.
In termini generali, il soggetto privato può indicare nella propria istanza entrambe le tipologie di diritto di accesso, indicandole anche in termini alternativi, cumulativi o condizionati.
Se l'istanza non contiene un riferimento specifico alla disciplina dell'accesso di cui alla legge n. 241/1990 o a quello dell'accesso civico generalizzato, la pubblica amministrazione "ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere i presupposti dell'una e dell'altra forma di accesso". Ciò a meno che "l'istante abbia inteso specificamente e inequivocabilmente limitare l'interesse ostensivo ad uno specifico profilo" (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 2 aprile 2020, n. 10).
Comunque sia, in presenza di un'istanza formulata ai sensi della l. n. 241/1990 è preclusa in sede di giudizio di impugnazione del diniego di accesso la possibilità di mutare il titolo dell'istanza proposta in origine perché ciò contrasta con il principio del divieto di mutatio libelli e lo stesso giudice amministrativo non può accertare la sussistenza del diritto di accesso secondo i parametri più ampi previsti per l'accesso generalizzato perché ciò violerebbe il principio che il giudice non può pronunciarsi su poteri non ancora esercitati (articolo 34, comma 2, del Cpa.).
Il rapporto tra diritto di accesso generalizzato e diritto di accesso di cui all'articolo 53 del Dlgs 18 aprile 2016, n. 50 in materia di contratti pubblici non è retto dal principio di specialità. Quest'ultima disposizione non esclude cioè l'applicazione della disciplina generale di cui al Dlgs n. 33/2013. I due diritti possono dunque cumularsi, anche se i limiti e le esclusioni del diritto di accesso posti dall'articolo 53 del Dlgs n. 50/2016 trovano applicazione anche all'accesso generalizzato.
Allo scopo di evitare un abuso dell'accesso civico che possa condurre a un "eccesso di accesso", l'amministrazione può respingere richieste manifestamente onerose o sproporzionate (massive uniche o plurime), vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 2 aprile 2020, n. 10 con richiami alla giurisprudenza precedente).
Il terzo quesito
3. 3. D. Quali sono le specificità del cosiddetto accesso “difensivo” ex art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990 e come si coordina l’esercizio di tale diritto con i poteri istruttori del giudice ordinario previsti dal codice di procedura civile?
R. Per accesso difensivo si intende il diritto di accesso esercitato in relazione a documenti che potrebbero essere utilizzati come prove in processi già instaurati o da instaurare. Un esempio può essere un giudizio civile di separazione giudiziale tra coniugi, nell’ambito del quale si controverta anche dell’assegno di mantenimento e dell’assegnazione della casa familiare. Una delle parti ritiene utile a fini probatori ottenere dall’Agenzia delle entrate documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altra parte, nonché le comunicazioni inviate dalle banche all’anagrafe tributaria relative a operazioni finanziarie e presenta pertanto un’istanza di accesso.
L’accesso “difensivo” presenta caratteristiche dunque distintive rispetto all’accesso “partecipativo” di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241/1990, che costituisce una manifestazione del principio generale della trasparenza.
L’accesso “difensivo” è disciplinato dal comma 7 dell’articolo 24 secondo il quale deve essere comunque garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti “la cui conoscenza sia necessaria per curare e per difendere i propri interessi giuridici”. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari l’accesso è consentito “nei limiti in cui sia strettamente indispensabile”. Rispetto all’accesso “partecipativo”, l’accesso “difensivo” consente di superare le preclusioni ordinarie (cioè i casi di esclusione previsti nei commi precedenti) che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi.
Il criterio della necessità o della stretta indispensabilità del documento il cui rispetto è richiesto ai fini dell’accoglimento dell’istanza di accesso comporta che quest’ultima deve contenere una motivazione puntuale e specifica. Non basta cioè “un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensiva, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando”. Infatti, l’amministrazione che detiene il documento deve essere messa in condizione di valutare, con un giudizio prognostico ex ante, se l’ostensione dello stesso sia finalizzata ad “acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controverse e le pretese astrattamente azionabili in giudizio”(Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 settembre 2020, n. 19, n. 20, n. 21). L’amministrazione, in sede di esame dell’istanza, e il giudice amministrativo investito di un ricorso avverso il diniego di accesso “non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato”, perché un simile apprezzamento compete “solo all’autorità giudiziaria investita della questione” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 18 marzo 2021, n. 4).
L’accesso civico “difensivo” pone il problema dei rapporti con i poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alle pubbliche amministrazioni disciplinati nel processo civile dagli articoli 210, 211 e 212 del Cpc e, nei procedimenti in materia di famiglia, dagli articoli 492-bis del Cpc e dall’articoli 155-sexies delle disposizini di attuazione Cpc.
Il principio affermato dalla giurisprudenza è quello “della complementarità tra i due istituti, anziché della loro reciproca esclusione” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 settembre 2020, n. 19, n. 20, n. 21) e ciò per una pluralità di ragioni. In primo luogo, il diritto di accesso “difensivo” ha natura sostanziale e non è riconducibile a un mero potere processuale (Consiglio di Stato, Sezioni V, 27 giugno 2018, n. 3956). In secondo luogo, esso può essere esercitato non solo nel caso di giudizio già instaurato, ma anche “per decidere se instaurare un giudizio e come costruire a tal fine una strategia difensiva”(Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 settembre 2020, n. 19, n. 20, n. 21). In terzo luogo, esso non è rimesso, come accade per gli strumenti processuali di acquisizione probatoria, alla prudente valutazione del giudice le cui decisioni sul punto non sono autonomamente impugnabili. Questi ultimi inoltre hanno un “carattere residuale di extrema ratio” rispetto alla possibilità giuridica o pratica della parte interessata di acquisire autonomamente i documenti. In questa prospettiva gli articoli 210, 211 e 212 del Cpc sembrano addirittura “presupporre (e in qualche modo imporre)” il previo esperimento del diritto di accesso “difensivo”. Infine, gli ordini di esibizione e le richieste di informazioni ai sensi degli articoli sopra citati non sono suscettibili di esecuzione coattiva in forma specifica, ma il rifiuto può essere considerato soltanto come un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova ex articolo 116, comma 2, del Cpc. Al contrario, il diritto di accesso “difensivo” in caso di persistente rifiuto da parte dell’amministrazione di esibire i documenti può essere oggetto di un giudizio esecutivo innanzi al giudice amministrativo (giudizio di ottemperanza).
CONSULTA GLI ALTRI CASI
Acquista subito a 9,90 la seconda parte della Guida al nuovo esame d'avvocati con i casi svolti