Comunitario e Internazionale

Schengen può essere sospeso al massimo 6 mesi per motivi di tutela di ordine pubblico e sicurezza interna

Solo la minaccia "grave" giustifica il rispristino dei controlli alle frontiere che non è rinnovabile se non per una "nuova" minaccia

di Paola Rossi

Gli stati membri possono a tutela della sicurezza interna e dell'ordine pubblico ripristinare i controlli di frontiera sui confini interni all'Unione europea solo per un perido massimo di sei mesi. Quindi l'accordo Schengen che consente la libera circolazione delle persone all'interno del perimetro dell'Unione europea in assenza di controlli può essere sospeso per iniziativa di uno Stato membro ma solo per la durata massima di sei mesi. E tale misura eccezionale può essere rinnovata solo per nuove minacce gravi.
Con la sentenza sulle cause riunite C-368/20 e C-369/20 la Cgue ha fornito risposte sul caso austriaco quando in occasione di un forte flusso di circolazione di persone ha rispristinato le frontiere sul confine con l'Ungheria e la Slovenia.

La vicenda
Il contesto era quello della crisi migratoria, che ha determinato l'Austria ha ripristinare i controlli su tali frontiere interne a partire dalla metà di settembre del 2015. E tale controllo è stato però più volte ripristinato. Per il periodo che va dal 16 maggio 2016 al 10 novembre 2017 l'Austria si era basata in realtà su quattro raccomandazioni successive del Consiglio dell'Unione europea. Ma a partire dall'11 novembre 2017 reintroduceva il controllo alle frontiere di propria iniziativa, per diversi periodi in successione di sei mesi ciascuno. In tale fase veniva contestato all'Austria un controllo di un cittadino Ue al valico transfrontaliero di Spielfeld all'atto dell'ingresso in provenienza dalla Slovenia ad agosto e a novembre 2019. Il cittadino Ue si era visto infliggere una sanzione pecuniaria di 36 euro perché si era rifiutato di esibire il suo passaporto. Il privato aveva impugnato la sanzione davanti al giudice del rinvio pregiudiziale, il Tribunale amministrativo regionale della Stiria. In particolare dal 10 novembre 2017, data di scadenza dell'ultima delle quattro raccomandazioni del Consiglio, l'Austria non avrebbe dimostrato l'esistenza di una nuova minaccia, per cui il controllo oggetto della contestazione del privato sarebbe incompatibile con Schengen, circostanza che spetterà al Tribunale amministrativo regionale verificare.
Infine, la Cgue afferma che qualora il ripristino del controllo di frontiera sia illegittimo una persona non può essere obbligata, a pena di venir sanzionata, a esibire passaporto o carta d'identità al momento del suo ingresso nello Stato membro in provenienza da altro Paese Ue.

Il rinvio pregiudiziale
Il quesito interpretativo posto alla Cgue dal giudice amministrativo austriaco era se lo Stato membro poteva legittimamente ripristinare, di propria iniziativa, un controllo di frontiera eccedente la durata massima totale di sei mesi.
La Cgue, nel rispondere al giudice del rinvio, anticipa che la libertà di attraversamento dei confini interni garantita dall'Accordo di Schengen è uno dei successi più grandi dell'integrazione europea e che quindi il ripristino dei controlli di frontiera costituisce un'eccezionale misura di ultima istanza.
Il Codice frontiere Schengen consente, solo in caso di "minaccia grave" per l'ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato Ue, il ripristino temporaneo del controllo di frontiera sui confini con gli altri Paesi memebri. E tale misura eccezionale , incluse eventuali proroghe, non può superare una durata massima totale di sei mesi.
Secondo la Cgue, corrrettamente il Legislatore dell'Unione europea ha ritenuto tale periodo massimo sufficiente a che lo Stato membro "minacciato" trovi, anche in cooperazione con gli altri Stati membri, misure di tutela diverse dalla sospensione di Schengen a garanzia della libera circolazione delle persone dopo un periodo di sei mesi.

Il rinnovo della sospensione di Schengen
Lo Stato membro può applicare nuovamente la misura eccezionale, anche direttamente dopo la fine del periodo di sei mesi, solo qualora si trovasse a far fronte a una nuova minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna: cioè una minaccia distinta da quella inizialmente individuata.

L'intervento del Consiglio
Inoltre, in caso di rischi eccezionali per il funzionamento globale dello spazio Schengen, il Consiglio può fare raccomandazioni agli Stati membri di ripristinare i controlli di frontiera per una durata massima di due anni.E ciò, alla fine del biennio, non impedisce che uno Stato membro interessato posto di fronte a una nuova minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna ripristini i controlli per al massimo sei mesi.

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