Comunitario e Internazionale

Direttiva CSDD, tutela dei diritti umani e ambiente nella supply chain internazionale

Per combattere gli effetti nocivi del cambiamento climatico, la Direttiva CSDD richiede alle aziende di riflettere l'obiettivo di un riscaldamento globale massimo di 1,5 gradi previsto dall'Accordo sul Clima di Parigi nei loro modelli di business e nelle loro strategie aziendali

di Eric Mayer e Jens-Uwe Rügenhagen*

Il 23 febbraio 2022, la Commissione dell'Unione Europea ha presentato la bozza di direttiva sui nuovi obblighi delle imprese in materia di rispetto dei diritti umani e protezione dell'ambiente. La Corporate Substainaibility Due Diligence Directive (Direttiva CSDD) va analizzata tenendo in considerazione che numerose sono le leggi nazionali sulla supply chain già in vigore in vari Paesi, quali la California, il Regno Unito, la Francia, i Paesi Bassi, la Norvegia o, più recentemente, la Germania.

Questa proposta di direttiva si inserisce, infatti, in un quadro di riferimento diverso rispetto alla Direttiva Europea su Corporate Sustainability Reporting (CSRD) che, approvata alla fine del 2022, entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 e richiederà alle grandi aziende e alle società quotate in borsa di pubblicare regolarmente relazioni sui rischi sociali e ambientali che affrontano e sull'impatto delle loro attività sulle persone e sull'ambiente.

La Commissione Europea ha stimato il numero totale di destinatari della proposta di Direttiva CSDD in 13.000 società all'interno dell'UE e 4.000 società di Paesi terzi, ossia circa l'1% di tutte le società operanti nell'Unione Europea.

Il 7 novembre 2022 il Parlamento Europeo ha pubblicato una controproposta di Direttiva CSDD molto diversa da quella della Commissione, seguita da un'ulteriore controproposta del Consiglio Europeo il 1° dicembre 2022. Alla fine di febbraio 2023 la proposta di Direttiva CSDD è entrata nella fase di conciliazione tra le tre istituzioni dell'UE, che dovrebbe concludersi alla fine di quest'anno solare. Di conseguenza, gli Stati membri dell'UE saranno probabilmente chiamati a recepire la Direttiva CSDD definitiva entro la fine del 2025.

Attualmente, le soglie di applicabilità delle tre diverse proposte di Direttiva CSDD differiscono nettamente.

Secondo la proposta iniziale della Commissione Europea, la Direttiva CSDD si applicherebbe alle società con sede nell'UE con più di 500 dipendenti e un fatturato globale di almeno 150 milioni di euro all'anno, così come alle società di paesi terzi con lo stesso numero minimo di dipendenti e un fatturato generato nell'UE di 150 milioni di euro all'anno. È molto interessante la previsione di soglie di applicabilità ancora più basse per le imprese di settori industriali particolarmente rischiosi.

Questi non sono descritti in termini generali con particolari fattori di rischio, ma sono elencati esplicitamente, includendo i produttori e i commercianti di tessuti, i produttori agricoli, i produttori forestali, i produttori di alimenti e i produttori di materie prime - ma con l'esplicita eccezione delle aziende di ingegneria meccanica. Le aziende che operano in questi settori ad alto rischio rientrano nel campo di applicazione se raggiungono un fatturato annuo minimo di 40 milioni di euro, di cui il 50% deve essere generato in almeno uno dei settori a rischio elencati.

La versione del Parlamento Europeo si spinge ancora oltre e richiede 250 dipendenti e un fatturato globale di almeno 40 milioni di euro all'anno. Nei settori a rischio, queste soglie scenderebbero significativamente a 50 dipendenti e a un fatturato globale di soli 8 milioni di euro.

Il Consiglio europeo, tuttavia, cerca di muoversi nella direzione opposta, indicando come soglia minima un organico di 1.000 dipendenti e un fatturato annuo globale di 300 milioni di euro.

La responsabilità civile nei confronti delle società può scattare sia in caso di violazione attiva degli obblighi di due diligence aziendale previsti dalla Direttiva CSDD, sia in caso di atti di omissione - ad esempio una prevenzione inadeguata - in particolare secondo la proposta della Commissione UE.

Per combattere gli effetti nocivi del cambiamento climatico, la Direttiva CSDD richiede alle aziende di riflettere l'obiettivo di un riscaldamento globale massimo di 1,5 gradi previsto dall'Accordo sul Clima di Parigi nei loro modelli di business e nelle loro strategie aziendali.

Oltre a questa attribuzione di responsabilità alle persone giuridiche, i dirigenti o "amministratori", cioè tutti i membri degli organi di controllo e di gestione in qualsiasi forma giuridica e organizzativa, diventerebbero soggetti a speciali doveri di diligenza personale - e ai relativi rischi di responsabilità individuale - per il monitoraggio e l'attuazione degli sforzi di sostenibilità richiesti nelle rispettive strategie aziendali. Gli obiettivi di performance individuale nei sistemi di retribuzione variabile devono anche essere collegati ai contributi individuali dei rispettivi dirigenti alla strategia aziendale, agli obiettivi a lungo termine e alla sostenibilità in quanto tale, secondo la proposta iniziale del CSDD della Commissione Europea.

Le aziende devono prendere molto sul serio questa iniziativa legislativa dell'UE e, a prescindere dall'esito finale, iniziare a prepararsi. La tendenza internazionale a legiferare in materia di conformità della catena di approvvigionamento e la pluralità di normative sovranazionali sugli obblighi di rendicontazione non finanziaria o sui divieti previsti per il lavoro minorile e le sostanze chimiche nocive provenienti da Bruxelles sottolineano con forza che le normative sui doveri di due diligence ambientale, sociale e di governance (ESG) sono destinate a rimanere.

Anche la progettazione, la sperimentazione e la solida implementazione, ad esempio, di un processo di due diligence per la conformità dei partner commerciali a livello aziendale richiede tempo e risorse. Ma i vantaggi saranno molteplici: in questo modo le aziende non solo possono documentare la loro conformità a una sempre maggior numero di normative internazionali e sovranazionali, ma stanno essenzialmente creando la massima trasparenza nelle loro catene di fornitura.

Contrariamente alle preoccupazioni espresse da più voci, vanno riconosciuti anche gli aspetti positivi di una regolamentazione a livello europeo che preveda standard uniformi per le imprese. I recenti avvenimenti politici globali stanno evidenziando i vantaggi per le aziende che sono realmente impegnate nella tutela dei diritti umani e dell'ambiente - perché, in ultima analisi -

la "sostenibilità" non è solo una questione di sopravvivenza ecologica, ma una questione di redditività economica

Con un approccio altrettanto efficace ed efficiente basato sul rischio, la conformità della supply chain può essere gestita con successo anche nella pratica commerciale quotidiana delle piccole e medie imprese.

_____
*A cura degli Avv.ti Eric Mayer e Jens-Uwe Rügenhagen, partner dello studio legale GSK Stockmann – Italy desk

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©