Comunitario e Internazionale

Ema: Avvocato Ue, Corte giustizia non competente su decisione sede Amsterdam

Vale anche per sede Autorità europea del lavoro

La Corte di giustizia Ue non è competente a pronunciarsi sulle decisioni dei rappresentanti degli Stati membri che fissano le nuove sedi dell'Agenzia europea per i medicinali e dell'Autorità europea del lavoro. Questa l'opinione dell'Avvocato generale Michal Bobek che, in ogni caso, ritiene che gli atti di diritto derivato che, all'esito di una procedura legislativa dell'Unione, incorporano il contenuto di tali decisioni sono, in linea di principio, soggetti al sindacato della Corte. Il caso ha origine nella scelta dei "27" di Amsterdam per sostituire Londra come nuova ubicazione della sede dell'Ema al quale è stato affiancato anche il caso dell'Autorità europea del lavoro (Ela) per la sede a Bratislava.

Nelle cause riunite C 59/18 e C 182/18, la Repubblica italiana e il Comune di Milano, rispettivamente, contestano la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri di spostare la sede dell'Ema ad Amsterdam. La decisione venne alla fine presa per sorteggio e alla fine Milano venne "sconfitta". Nella causa C 743/19 il Parlamento europeo contesta la decisione dei rappresentanti degli Stati membri di fissare la sede dell'Ela a Bratislava.

Nelle due conclusioni presentate in data odierna, l'avvocato generale Michal Bobek propone alla Corte, anzitutto, di dichiarare che, alla luce dello stato attuale dei Trattati, la Corte non è competente, ai sensi dell'articolo 263 del Trattato Ue, a conoscere di decisioni adottate dai rappresentanti degli Stati membri. E ricorda che gli atti adottati dai rappresentanti degli Stati membri che agiscono non in qualità di membri del Consiglio, ma in qualità di rappresentanti dei loro governi, e che esercitano in tal modo collettivamente i poteri degli Stati membri, non sono soggetti al sindacato di legittimità esercitato dai giudici dell'Unione. "È soltanto in situazioni eccezionali, nelle quali la competenza ad adottare una determinata decisione spettava indubbiamente all'Unione e i procedimenti in corso avviati a tal fine sarebbero stati elusi, che una decisione dei rappresentanti degli Stati membri potrebbe essere riqualificata come decisione del Consiglio e pertanto essere sottoposta al sindacato giurisdizionale della Corte. Al di là di tali situazioni eccezionali, una decisione formale degli Stati membri dovrebbe rimanere una reale decisione degli Stati membri, che esula dal controllo della Corte".

L'avvocato generale Bobek fa presente, in secondo luogo, che l'articolo 341 del Trattato non si applica alle decisioni sulla sede delle agenzie la cui formulazione si riferisce alla sede delle «istituzioni» in senso stretto. D'altra parte, le istituzioni dell'Unione "sono costituzionalmente diverse dagli organi e dagli organismi dell'Unione. La loro istituzione e le loro funzioni sono previste direttamente dai Trattati stessi. Di converso, le agenzie sono istituite, di regola, da atti di diritto derivato, secondo la procedura legislativa ordinaria". La decisione sulla sede di un'agenzia non è una questione distinta dalla creazione di tale agenzia. Ne consegue, quindi, che le decisioni (giuridicamente vincolanti) concernenti la sede delle agenzie dell'Unione devono essere adottate dal Parlamento e dal Consiglio nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, su impulso della Commissione. In terzo luogo, l'avvocato generale Bobek propone alla Corte di dichiarare che le decisioni degli Stati membri la cui adozione non è prevista dai Trattati sono prive di qualsiasi effetto giuridico vincolante nell'ordinamento dell'Unione.
Le decisioni impugnate "sono, ufficialmente, decisioni degli Stati membri. Poiché esse non sono richieste né previste dal diritto dell'Unione, non hanno effetti giuridici vincolanti ai sensi del medesimo. Esse possono produrre effetti giuridici vincolanti nell'ordinamento giuridico dell'Unione soltanto qualora divengano, in un modo o nell'altro, diritto dell'Unione, in particolare qualora il loro contenuto sia, in ultima istanza, incorporato, all'esito di una procedura legislativa dell'Unione, in atti vincolanti di diritto derivato". L'atto che costituisce tale «incorporazione» potrebbe, in seguito, formare oggetto di un ricorso di annullamento, qualora ricorrano i presupposti di cui all'articolo 263 del Trattato.
In quarto luogo, l'avvocato generale Bobek suggerisce alla Corte di dichiarare che il regolamento impugnato non è illegittimo, e di respingere gli argomenti con i quali il Comune di Milano e il governo italiano lamentano violazioni delle prerogative del Parlamento europeo, nonché l'illegittimità «derivata» del regolamento impugnato rispetto alla decisione dei rappresentanti degli Stati membri.

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