Civile

Nel processo tributario l’assoluzione penale ha effetto solo sulle sanzioni

Lo ha chiarito la Cassazione, sentenza n. 3800/2025, con riguardo al Dlgs 87/2024 affermando che l’assoluzione ha rilievo solo come elemento di prova che resta oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario

di Francesco Machina Grifeo

Importante decisione della Sezione tributaria della Cassazione sugli effetti del decreto delegato di riforma delle sanzioni tributarie (approvato prima dell’estate scorsa) nel processo tributario. La Suprema corte, sentenza n. 3800/2025 di 34 pagine, ha infatti chiarito che l’articolo 21-bis Dlgs n. 74 del 2000 –introdotto con l’articolo 1, Dlgs n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria -, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, nel processo tributario, ha efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali: «si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio».

Il caso origina dall’impugnazione, da parte di una Srl, di un avviso di accertamento per Ires, Iva e Irap (del 2015) per la contabilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Dopo una pronuncia solo parzialmente favorevole al contribuente, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha annullato integralmente l’avviso sulla base del fatto che il Tribunale di Lecce, nel 2022, aveva assolto il legale rappresentante della società con la formula “perché il fatto non sussiste”. Contro questa decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate affermando, tra l’altro, che la sentenza non definitiva era stata impugnata e che la CGT2 non aveva fatto una autonoma valutazione ma si era limitata a condividere il decisum penale.

La Suprema corte nell’accogliere il motivo, per prima cosa, ha chiarito che non conta che la Corte d’Appello abbia poi confermato la sentenza del Tribunale, tale esito spiega: “discende dalla natura del giudizio penale”, mentre infatti la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza.

Secondo consolidata giurisprudenza, prosegue la decisione, la sentenza penale, anche irrevocabile e ancorché con la formula “il fatto non sussiste”, non è idonea (in forza del disposto di cui all’art. 654 Cpp), ad esplicare alcun effetto vincolante nel processo tributario, assumendo rilievo solo quale elemento di prova. Occorre tuttavia valutare, precisa la Corte, l’incidenza della nuova norma.

Sul punto la Cassazione afferma che la novella “è suscettibile di esplicare i suoi effetti in termini diretti esclusivamente con riguardo alla sanzione irrogata, mentre con riguardo all’imposta la valutazione della sentenza penale di assoluzione resta tuttora ancorata ai principi, prima illustrati, afferenti alla circolazione della prova, esclusa ogni automatica estensione al giudizio tributario”. Né modifica tale conclusione la trasposizione dell’articolo 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000 all’articolo 119 del TU giustizia tributaria (Dlgs n. 175 del 2024), mentre l’articolo21 del medesimo Dlgs n. 74 è stato inserito all’articolo 98 del TU sanzioni tributarie amministrative e penali (Dlgs n. 173 del 2024), vigenti dal 1° gennaio 2026.

Inoltre, l’articolo 21-bis cit. è di immediata applicazione a tutte le controversie pendenti innanzi al giudice tributario e alla Corte di cassazione e rileva non solo per le violazioni realizzate dopo il 1° settembre 2024 ma anche per quelle precedenti all’entrata in vigore della norma.

La Corte aggiunge che l’incidenza del giudicato assolutorio penale sulla sola sanzione lascia inalterato il regime probatorio e la rilevanza della decisione penale sul rapporto d’imposta. Più specificamente, l’articolo 21-bis ha anticipato alla fase di cognizione il sistema del “doppio binario” penale-tributario, ossia:

- per i profili sanzionatori occorre valutare se i fatti siano i medesimi e, quindi, in applicazione dell’articolo 21-bis, riconoscere efficacia di giudicato alla sentenza penale di assoluzione;

- per l’accertamento dell’imposta, il giudizio, i criteri di ripartizione dell’onere della prova e la valutazione da parte del giudice restano soggetti agli ordinari criteri e principi che disciplinano il giudizio civile e tributario: la sentenza penale di assoluzione conserva la sua rilevanza nell’alveo dei principi della circolazione della prova ai sensi dell’articolo 654 cod. proc. pen. e 20 Dlgs n. 74 del 2000, dunque quale prova, soggetta all’autonoma valutazione del giudice, da apprezzare insieme alle altre prove acquisite nel giudizio.

Differenti, del resto, sono le esigenze e gli obbiettivi che presiedono i due ambiti. Sulla sanzione (penale e amministrativa-tributaria), spiega la Casazione, è preminente la necessità che il regime sanzionatorio, in applicazione del principio del ne bis in idem, sia unitario, non contraddittorio e proporzionato. Sull’imposta, invece, l’accertamento mira ad assicurare la “giusta imposizione”, nell’equilibrio tra dovere contributivo e principio della capacità contributiva, che viene realizzato con gli strumenti previsti dall’ordinamento tributario e secondo i criteri di riparto della prova tra il contribuente e il fisco.

Con riguardo alla compatibilità con la normativa europea, la Corte ha poi affermato che la riconduzione dell’articolo 21-bis alla sola materia delle sanzioni, “oltre a rispondere a criteri di interpretazione sistematica e letterale e di coerenza con il complessivo sistema ordinamentale tributario, risponde ai principi unionali ed elide ogni possibile frizione con essi”.

Mentre sotto il profilo costituzionale, “l’estensione ai fini del solo trattamento sanzionatorio trova il suo fondamento nella necessità di assicurare una unitarietà del momento afflittivo, che deve rispondere a criteri di non contraddizione, adeguatezza e proporzionalità, mentre l’imposizione è – in ogni caso – soggetta all’ordinario regime probatorio, sicché resta esclusa una ingiustificata divaricazione e differenziazione tra i contribuenti”.

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