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Abitazione principale, alle Sezioni unite la questione dopo la sentenza della Consulta

Nota a Corte di Cassazione, Sez. TRI - Civile, ordinanza 27 febbraio 2023, n. 5870

di Tommaso Ventre*

Con l'ordinanza interlocutoria n. 5870 del 27 febbraio 2023 la Quinta Sezione civile ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente ai fini dell'eventuale rimessione alle Sezioni Unite al fine di stabilire se sia giuridicamente corretta e costituzionalmente orientata l'interpretazione dell' art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992 nel senso che l'agevolazione va riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente "senza" i suoi familiari.

Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2022 , che, con riferimento all'IMU, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011 interviene ora, in tema di esenzione ICI per la casa principale, la Quinta Sezione civile diponendo la trasmissione degli atti al Primo Presidente ai fini dell'eventuale rimessione alle Sezioni Unite, ex art. 374, comma 2, c.p.c., per stabilire se sia giuridicamente corretta e costituzionalmente orientata l'interpretazione dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, nel senso che l'agevolazione va riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente senza i suoi familiari.

La questione posta dalla Quinta Sezione, dopo una lunga ed articolata ricostruzione della questione e degli orientamenti espressi dalla Cassazione, approda alla necessità di analizzare e rivedere l'interpretazione consacrata dal c.d. "diritto vivente", con riguardo alla permanenza del requisito della dimora abituale dei familiari ai fini del riconoscimento al contribuente dell'agevolazione prevista per l'abitazione principale. Il requisito dell'«abitazione principale», nella parte in cui è stabilito il comune presupposto della «dimora abituale» (stante il valore meramente presuntivo a tal fine della residenza anagrafica) dei familiari per il riconoscimento dell'analoga agevolazione ai fini dell'ICI potrebbe sfociare in un'illegittimità costituzionale "derivata" dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006.

E proprio sul tema del "diritto vivente" che la Corte rinviene la necessità di un tentativo diretto a superare l'esegesi letterale della norma citata alla luce di una lettura costituzionalmente orientata nel solco tracciato dal giudice delle leggi per l'IMU.

Tuttavia l'interpretazione "adeguatrice", si scontra con l'insuperabile ed invalicabile limite nel testo letterale della disposizione legislativa tenendo tuttavia conto di quanto la Corte Costituzionale ha sancito con la dichiarazione di invalidità, in parte qua, della norma in materia di IMU (dal contenuto identico alla norma in materia di ICI). Sulla questione viene ricordato però che è la stessa Corte Costituzionale che ha sancito il principio secondo cui «l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale» (Corte Cost., sent., 1 luglio 2013 n. 167; Corte Cost., sent., 23 luglio 2013, n. 232; Corte Cost., sent., 19 febbraio 2016, n. 36; Corte Cost., sent., 13 aprile 2017 n. 82; Corte Cost., sent., 12 luglio 2019, n. 174).

Ci sarebbe in sostanza un contrasto tra "forma" e "sostanza" che va risolto alla luce della ratio decidendi della menzionata pronunzia di incostituzionalità al fine della sua possibile estensione ed applicazione alle fattispecie non censurate. Operazione ermeneutica che rientra nel potere/dovere interpretativo-adeguativo alla Costituzione del giudice ordinario al fine di conformare la regola ricavabile dalla disposizione censurata al principio enunciato dalla giurisprudenza costituzionale per assicurare una lettura della norma pienamente conforme alla Costituzione.

Occorre quindi superare la "forma" raffigurata dalla lettera della legge e prescindere dalla sua esegesi letterale per pervenire alla "disapplicazione" del "frammento" testuale coincidente con la formulazione originaria dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, in modo da espungere (o, comunque, non rendere vincolante) – nella ricostruzione "costituzionalizzata" della regola desumibile dalla succitata disposizione – la "sostanza" del riferimento ai «familiari» del contribuente nella definizione dell'abitazione principale.

Questa semplice operazione ermeneutica consentirebbe, secondo l'ordinanza di remissione, di approdare ad un adeguamento della norma de qua all'assetto sistematico dell'ordinamento vigente con il conseguente ripristino della coerenza interna del corpus normativo, senza necessità, quindi, di sollevare un'ulteriore questione di legittimità costituzionale ed interpretando quindi l'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, nel senso che l'agevolazione va riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente senza i suoi familiari.
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*A cura dell'Avv. Tommaso Ventre, Ph. D., Professore aggregato di Governance dei tributi locali e Fiscalità degli enti locali presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli, Dottore Commercialista e Revisore Legale

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