Immobili

Agevolazioni "prima casa", la causa di forza maggiore frena la pretesa erariale

La causa di forza maggiore e la sua operatività "tributaria": un freno opposto al disconoscimento, da parte dell'A.E., delle agevolazioni fiscali già fruite dai contribuenti; con particolare riguardo alle ipotesi di cessione infraquinquennale, e di successivo mancato riacquisto infrannuale, di immobili destinati a "prima casa" dagli acquirenti

di Davide Torcello, Giovanna Bratti


Estremamente attuale è il tema dell'operatività di una causa di forza maggiore in grado di impedire il disconoscimento, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di agevolazione fiscali già fruite dai contribuenti al momento dell'acquisto di immobili adibiti a "prima casa"; sulla scorta di quanto disposto dalla Tariffa, Parte Prima, art. 1, nota II bis, c. 4 allegata al D.P.R. n. 131/1986.

In relazione ad ipotesi di cessione cd. infraquinquennale dell'immobile, in precedenza acquistato sfruttando le agevolazioni "prima casa"; e, parallelamente, avendo riguardo al successivo mancato riacquisto (nel termine annuale) di altro immobile da adibire ad abitazione principale, la sussistenza di detta causa di forza maggiore può rivelarsi, infatti, determinante, nell'ottica di arrestare l'esercizio della pretesa erariale in danno del contribuente (già acquirente).

Tendenzialmente chiara appare, sul punto, la posizione espressa dall'Agenzia delle Entrate nell'ambito del contenzioso tributario; sorto dall'impugnazione, da parte dei contribuenti notificatari, degli atti erariali per il mezzo dei quali l'A.E. ha proceduto al "recupero" di quanto (asseritamente) dovuto in forza dell'accennato disconoscimento.

In via di estrema sintesi, l'A.E. "fatica" (e non poco) a riconoscere la sussistenza dell'operatività di cause di forza maggiore in grado di giustificare l'operato dei contribuenti; ciò in ipotesi di cessione infraquinquennale di immobili già acquistati con contestuale fruizione delle agevolazioni "prima casa", in assenza del successivo "riacquisto infrannuale".

Gli anzidetti acquirenti, tuttavia, potrebbero anche essere incappati - loro malgrado – in situazioni particolari; in grado di limitarne l'autonomia decisionale ed operativa ai fini che qui ci interessano.

Nell'intento di meglio delineare le fattispecie nelle quali possa, o meno, ritenersi operativa detta causa di forza maggiore, pare opportuno tenere in considerazione le preziose indicazioni fornite dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione.

Quest'ultima, difatti, ha contribuito a fare chiarezza in proposito; ciò grazie alla pronuncia, lo scorso anno, della sentenza n. 8094/2020.

In quell'occasione, il Giudice di legittimità in composizione unitaria, nell'esercizio della propria funzione nomofilattica, si è soffermato proprio sul "rilievo o meno dell'intervento della forza maggiore come idonea ad escludere da decadenza dall'agevolazione c.d. "prima casa", di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 1 e all'allegata Tariffa, parte I, nota II bis".

Nel richiamare l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, favorevole a riconoscere il rilievo della causa di forza maggiore nel senso sin ora chiarito, le SS. UU. hanno ricordato come sia ricavabile, in seno all'ordinamento giuridico, una regola generale; in forza della quale "non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto".

A tal riguardo, il Giudice di legittimità in composizione unitaria ha ricordato che, ai fini del riconoscimento dell'operatività della forza maggiore quale causa impeditiva del trasferimento, devono risultare rinvenibili i requisiti dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità dell'evento.

Questi ultimi, dal canto loro, devono essere tali da sovrastare la volontà dell'acquirente; precludendone il compimento del comportamento richiesto dalla norma entro il termine prescritto.

Le SS.UU, nell'occasione, hanno peraltro svolto due ulteriori considerazioni di assoluto rilievo.

Da un lato, i Giudici del Palazzaccio si sono premurati di rammentare come l'ambito applicativo della causa forza maggiore oltrepassi il diritto delle obbligazioni; dall'altro, hanno ribadito che "in tema di agevolazione "prima casa", gli stessi documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria abbiano mai escluso il rilievo della forza maggiore quale limite alla decadenza dalla suddetta agevolazione (si vedano le Risoluzioni primo febbraio 2002, n. 35/E e 10 aprile 2008, n. 140/E".

Inoltre, il Supremo Consesso in composizione unitaria ha anche richiamato l'attenzione sulla rilevanza eurounitaria della questione (ora come allora) oggetto di esame; stante l'analoga posizione assunta, ai fini che ci occupano, da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

A latere rispetto alla posizione della giurisprudenza nomofilattica, appena ripercorsa nelle righe che precedono, è possibile svolgere ulteriori considerazioni; tanto in relazione all'aspetto dell'avvenuta cessione infraquinquennale, quanto a quello del mancato riacquisto infrannuale.

Per quanto concerne l'avvenuta cessione infraquinquennale, valga quanto segue.
L'A.E., sovente, pare non tenere nella debita considerazione la ratio sottesa alla previsione (ed al mantenimento), nel panorama normativo nazionale, delle agevolazioni "prima casa".

La concessione di dette agevolazioni, in favore di chi presenti i requisiti prodromici al loro riconoscimento, risulta, difatti, funzionale al compimento di acquisti immobiliari contraddistinti da una certa "stabilità".

Ciò significa che non devono rinvenirsi, in relazione a tali compravendite, intenti speculativi di sorta; o, in ogni modo, caratteri di transitorietà desumibili dalla sopravvenienza di successive alienazioni compiute entro l'arco dei cinque anni.

Tuttavia, un'alienazione che non lasci trapelare di avere, in alcuna maniera, "tradito" la volontà di maturare una plusvalenza; e che non abbia nemmeno lasciato trapelare una scarsa attenzione al requisito della permanenza, non risultando imputabile all'originario acquirente dell'immobile, integra un'ipotesi del tutto differente.

Se la sanzione consistente nella revoca dei noti benefici viene comminata, per citare un illustre Autore (1), al fine di "deprecare l'infrazione del "patto" che il contribuente, quando ottiene l'agevolazione prima casa, "stipula" con l'Amministrazione circa la destinazione della casa acquistata con il beneficio fiscale ad essere un suo "acquisto stabile""; è chiaro che il contribuente non possa essere per alcuna ragione tacciato di aver coscientemente violato detto "patto stipulato" con l'Agenzia delle Entrate.

Ne consegue che, nella fattispecie in cui si registri l'effettiva operatività di una causa di forza maggiore (così come chiarito in precedenza), difficilmente potrebbe individuarsi un intento speculativo e/o una "leggerezza" sottesi all'avvenuta cessione "infraquinquennale" dell'immobile; in precedenza acquistato, fruendo delle note agevolazioni fiscali.

A parere di chi scrive, l'alienazione de qua (volendo mutuare concetti tipicamente propri dell'ambito penalistico) non potrebbe dirsi animata né da "dolo specifico" (da intendersi alla stregua della "coscienza e volontà di porre in essere la cessione al fine di maturare una plusvalenza"); né, tantomeno, da "colpa" di sorta attribuibile in capo al contribuente interessato dalla vicenda.

A fortiori, tale ragionamento vale ove sia lo stesso Ufficio a registrare, nella fattispecie oggetto di attenzione, la mancanza dell'elemento soggettivo; concetto dottrinale di estrazione penalistica, rilevante ai fini dell'irrogazione delle sanzioni tributarie.

Infatti, volendo trarre spunto dalla casistica "pratica" che l'esercizio della professione regala, possono anche darsi situazioni nelle quali lo stesso Ufficio - nell'atto di motivare un proprio avviso di liquidazione - non faccia luogo all'irrogazione delle sanzioni.

Ciò in quanto, visto l'art. 5 del D. Lgs. n. 472/1997 (che sancisce il principio di colpevolezza ai fini dell'irrogazione delle sanzioni tributarie), l'Agenzia delle Entrate riconosca di trovarsi innanzi ad un contribuente "fallito"; il quale non sia intervenuto nell'atto di cessione "attenzionato".

Quest'ultimo (seppur integrante un'ipotesi di cessione infraquinquennale, in relazione alla quale l'A.E. abbia operato il noto disconoscimento), potrebbe risultare l'espressione della volontà del Curatore fallimentare anziché del contribuente; in precedenza acquirente "agevolato" dell'immobile.

Tale aspetto, dunque, potrebbe anche rafforzare la convinzione in merito all'iniquità del disconoscimento della precedente fruizione dell'agevolazione fiscale.

Ciò ove la "revoca ex post" vada a detrimento di un soggetto sul quale, come scritto, non grava (quantomeno direttamente) alcuna responsabilità in merito alla verificazione dei presupposti della medesima.

Nell'esempio appena svolto, si potrebbe ritenere che l'atto di alienazione – in quanto compiuto dal Curatore fallimentare nel corso della relativa procedura - esuli completamente dalla sfera di volontà del contribuente; che risulterebbe, in quest'ottica, assoggettato all'assunzione di decisioni altrui.

L'eteronomia che contraddistinguerebbe, in tale ipotesi, la decisione del Curatore di procedere alla cessione infraquinquennale del bene immobile (già acquistato con le agevolazioni "prima casa" dal contribuente poi fallito) potrebbe rappresentare, obiettivamente, una causa di forza maggiore.

A proposito dell'aspetto, complementare, del mancato riacquisto infrannuale di altro bene immobile da adibire a prima casa, si sottolinea quanto segue.

L'Autore citato (1), in merito alla potenziale operatività della causa di forza maggiore, scrive che "può senz'altro accadere che l'intento di effettuare un riacquisto, il quale impedisca la revoca dell'agevolazione, sia frustrato da un evento oggettivo e non prevedibile tale da non poter essere evitato (il quale, quindi, non sia imputabile al contribuente). In tal caso, potrebbe riconoscersi il ricorrere di un caso di "forza maggiore", il che varrebbe ad impedire la revoca dell'agevolazione.".

Il Consiglio Nazionale del Notariato, dal canto suo, in risposta al Quesito tributario n. 4-2012/T ("Prima casa - riacquisto abitazione principale e credito di imposta"), aveva riconosciuto – a determinate condizioni - la rilevanza della causa di forza maggiore, sempre nell'ottica che ci impegna.

Anche la giurisprudenza tributaria di merito (C.T.R. Lombardia n. 6675/2016) si era in proposito espressa affermando che "(…) non decade dall'agevolazione "prima casa" il contribuente che, a seguito della cessione infraquinquennale dell'immobile oggetto di acquisto agevolato, sottoscriva un compromesso per l'acquisto di un nuovo immobile da adibire a sua abitazione principale entro un anno dalla vendita del precedente, ma, a causa del fallimento della società venditrice, non riesca poi effettivamente a stipulare entro l'anno previsto dalla norma il rogito notarile per l'acquisto, pur già abitando concretamente l'immobile, poi aggiudicato alcun anni dopo all'asta. In tal caso, infatti, non sussiste alcun intento speculativo del contribuente (…)".

In conclusione, stante l'indirizzo nomofilattico espresso dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione sul tema qui oggetto di esame, sarà opportuno monitorarne il recepimento da parte tanto dei Giudici quanto degli Uffici; con l'ovvio intento di registrare le evoluzioni sul punto.

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(1) Angelo Busani, "Imposta di registro. Imposte ipotecaria e catastale. Imposta sostituiva per i finanziamenti", IPSOA Manuali, Wolters Kluwer, 2018, pag. 1791.

(2) Angelo Busani, opera cit., p.1854

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