Comunitario e Internazionale

«Allevamento in cattività», stretta della Cgue sul commercio delle specie a rischio

I giudici di Lussemburgo, sentenza della Corte nella causa C-659/20, affrontando il caso degli esemplari di pappagallo Ara giacinto affermano che si può risalire alla cattura dei "nonni"

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Freno al commercio degli animali, nel caso del pappagallo Ara giacinto, se i "nonni" dell'esemplare sono stati catturati in modo difforme dalle regole. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza nella causa C-659/20, affermando che il diritto dell'Unione osta a che un esemplare, detenuto da un allevatore, di una specie animale possa essere considerato nato e allevato in cattività qualora i suoi ascendenti, che non fanno parte della riserva riproduttiva di tale allevatore, siano stati acquisiti da un terzo in modo nocivo per la sopravvivenza della specie interessata in ambiente naturale.

Il caso – Un soggetto che alleva pappagalli nella Repubblica Ceca, nel 2015 ha chiesto all'autorità regionale di concedergli una deroga al divieto di attività commerciali per cinque esemplari di pappagallo Ara giacinto (Anodorhynchus hyacinthius) nati nel corso del 2014 nel suo allevamento. I nonni dei pappagalli eroni stati importati, in un primo tempo, a Bratislava (Slovacchia) e in un secondo tempo, in automobile, nella Repubblica ceca nel giugno 1993, in circostanze incompatibili con la CITES (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione, sottoscritta a Washington il 3 marzo 1973).

L'autorità regionale ha rifiutato la concessione della deroga richiesta fondandosi sul parere dell'Agenzia per la tutela della natura e del paesaggio della Repubblica Ceca, secondo cui non si poteva affermare con certezza che la riserva fosse stata costituita conformemente alla legge. Secondo il ricorrente invece l'autorità di controllo non era autorizzata ad esaminare l'origine della coppia di nonni.

La motivazione- Nella sentenza pronunciata oggi la Corte afferma anzitutto che ascendenti che non sono stati mai posseduti o detenuti dalla struttura di allevamento considerata non rientrano in tale nozione.

La Corte sottolinea poi che al fine di stabilire se una riserva riproduttiva sia stata costituita in modo nocivo a causa del prelievo di un ascendente in ambiente naturale, occorre tener conto dello stato della specie interessata al momento di tale prelievo. Quando, a tale data, come nel caso in esame, la specie rientrava nell'ambito di applicazione dell'appendice I della CITES, il suo prelievo deve, in ogni caso, essere considerato nocivo e nessuno Stato membro deve poter concedere una deroga al divieto di vendere gli esemplari provenienti da tale ascendente.

Infatti, conclude la Corte, la commercializzazione di esemplari di specie minacciate di estinzione contribuisce alla creazione, al mantenimento o all'estensione di un mercato finalizzato all'acquisizione di tali esemplari.

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