Avvocati: distrazione spese e gratuito patrocinio sono compatibili
La Cassazione spiega che non vi è incompatibilità tra la dichiarazione di distrazione e l'ammissione al patrocinio, che rimane un diritto della parte non abbiente e non è condizionato dalle scelte processuali dell'avvocato
Non vi è incompatibilità tra la richiesta di distrazione e l'ammissione al gratuito patrocinio tale da comportare la revoca o la rinuncia al beneficio. Ciò perché si tratta di un "diritto" della parte non abbiente che non è condizionato dalle scelte dell'avvocato. È quanto chiarito dalla Cassazione nella sentenza n. 29746/2022, con cui la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del ministero della giustizia avverso la decisione del tribunale che aveva dato ragione ad un cittadino e al suo difensore.
La vicenda
Nella vicenda, il Giudice del lavoro aveva revocato l'ammissione al gratuito patrocinio del ricorrente, ritenendo che la richiesta di distrazione delle spese, avanzata dal difensore, comportasse la rinuncia al beneficio.
Il Tribunale riformava, però, il decreto affermando che "se il difensore si dichiara antistatario, è sempre necessario verificare, sulla scorta delle risultanze di causa e del comportamento processuale, se abbia inteso rinunciare al patrocinio gratuito".
Tra l'altro, ha osservato il giudice, nello specifico, la richiesta di distrazione non era stata successivamente reiterata nel corso del giudizio e doveva considerarsi ritirata, non essendo – quindi - ostativa per la liquidazione del compenso.
Il ricorso
Il ministero della Giustizia ricorreva in Cassazione dolendosi, tra l'altro, che il tribunale aveva erroneamente sostenuto che la richiesta di distrazione delle spese, formulata dal difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, non comportasse l'automatica rinuncia al beneficio.
Secondo via Arenula, infatti, l'ammissione determina l'instaurazione di un rapporto diretto tra l'avvocato e lo Stato e, quindi, l'impossibilità del medesimo difensore di ottenere il pagamento di compensi dal cliente o dalla controparte soccombente, essendo pertanto incompatibile con la richiesta di distrazione, che - nel caso di specie - non era stata affatto ritirata in corso di giudizio.
La decisione
Per gli Ermellini, il ricorso è infondato.
Come chiarito dalle Sezioni Unite affermano infatti dal Palazzaccio, "essendo il patrocinio a spese dello Stato diretto ad assicurare l'effettività del diritto di difesa costituzionalmente garantito, la parte assistita – formulando la richiesta di ammissione - esercita un diritto proprio che resta nella sua esclusiva disponibilità e che non è condizionato dalle scelte processuali dell'avvocato (cfr. Cass. SS.UU. n. 8561/2021).
Il beneficiario del provvedimento di ammissione, invero, "non è il difensore ma la parte non abbiente, che proprio perciò deve proporre personalmente la richiesta e non è tenuto a reiterarla in caso di revoca del mandato".
E il difensore, privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, non può rinunciare al diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo: "tale rinuncia – precisa la S.C. - può provenire solo dal titolare del beneficio e non è mai conseguenza della mera richiesta di distrazione".
Quest'ultima, inoltre, non produce neanche la revoca dell'ammissione, che è consentita nelle sole ipotesi tassativamente individuate dall'articolo 136 del Dpr 115/2002, tra cui non è compresa la richiesta di distrazione delle spese.
Ergo concludono i giudici rigettando il ricorso: "non vi è incompatibilità tra la dichiarazione di distrazione e l'ammissione al patrocinio tale da comportare la rinuncia o la revoca del beneficio, essendo irrilevante stabilire se la revoca, nei casi in cui è consentita, possa essere disposta anche nel corso del procedimento di liquidazione".