Professione e Mercato

Avvocati, l'incompatibilità professionale non è stata abrogata dalla normativa sull'Ufficio del processo

Lo ha stabilito il Consiglio nazionale Forense, sentenza n. 4 del 9 febbraio 2023 resa nota nei giorni scorsi

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di Francesco Machina Grifeo

Il regime dell'incompatibilità professionale tra attività forense e lavoro subordinato non è stato tacitamente abrogato dalla normativa sull'ufficio del processo che, anzi, espressamente lo conferma. Così il Consiglio nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Stoppani), nella sentenza n. 4 del 9 febbraio 2023, resa nota nei giorni scorsi.

Il Cnf ha respinto il ricorso di un legale cancellato d'ufficio dal Coa di Trapani in quanto dipendente a tempo indeterminato, in qualità di addetta al contenzioso nel Settore Ragioneria e Tributi, di un comune del circondario.

Nel ricorso, il legale non contesta l'esistenza della causa di incompatibilità ma ritiene che sia venuto meno "il presupposto dell'assoluta rigidità della causa di incompatibilità (lavoro subordinato, anche se con orario di tempo limitato), a seguito delle recenti normative (art.li 1, co.7-ter e 11 DL n.80/2021, convertito con modificazioni nella L. 113/2021), che hanno consentito agli Avvocati di svolgere attività di lavoro subordinato alle dipendenze dell'Ufficio per il processo, senza per questo essere cancellati dall'Albo".

Nel dare risposta negativa, il Collegio spiega che il regime di incompatibilità disciplinato dall'articolo 18 lettera d) della legge n. 247/2012 ed in particolare il divieto di cumulare l'attività professionale con l'esercizio del lavoro subordinato è posto a tutela dell'interesse pubblico collegato all'inviolabilità del diritto di difesa e subisce eccezione esclusivamente nei casi di strettissima interpretazione nei casi tassativamente previsti dalla Legge Forense (articoli . 19 per le attività di docenza, e 23 per gli Avvocati addetti in via esclusiva agli uffici legali degli enti pubblici).

È vero, prosegue la decisione, che nel passato, è venuta meno con l'articolo 1, commi 56, 56 bis e 57 della legge 662/1996, l'incompatibilità per gli iscritti in Albi che svolgessero contemporaneamente attività di lavoro subordinato part-time alle dipendenze della Pa, tuttavia, argomenta il Cnf, la legge 339/2003 ha ripristinato tale causa di incompatibilità per i soli Avvocati, e la Corte Costituzionale, con sentenza n. 390/2006, ne ha esclusa l'incostituzionalità.

Peraltro, continua la decisione, anche il Dl 80/2021, all'articolo 11, comma 2 bis, prevede, per gli Avvocati assunti alle dipendenze dell'ufficio per il processo, che l'assunzione "configura causa di incompatibilità con l'esercizio della professione forense e comporta la sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per tutta la durata del rapporto di lavoro con l'amministrazione pubblica".

"Risulta pertanto evidente – conclude il Cnf - come non si possa ritenere che vi sia, nell'ordinamento, un'ipotesi di deroga generale, e tanto meno di tacita abrogazione dell'incompatibilità tra l'iscrizione all'Albo degli Avvocati e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato alle dipendenze della P.A., risultando sempre confermato il rilievo pubblicistico di tale divieto".

Infine, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18, lettera d) della legge n. 247/2012 anche in relazione all'articolo 3 Cost.

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