Penale

Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia, inserite nuove "voci" dedicate al PNRR

Nota a Ministero dell'interno, circolare 13 giugno 2022, n. 11001/119/7(33) (prot. n. 38877)

di Gianluca Fasano*


"Digitalizzare la documentazione antimafia inerente alle risorse del PNRR"


Potrebbe esser così interpretata la recente circolare del Ministero dell'Interno (13 giugno 2022) con cui si promuove una stretta collaborazione con le Amministrazioni centrali e territoriali, interessate da interventi del PNRR sia nella qualità di titolari sia nella veste di soggetti attuatori, allo scopo di scongiurare qualsivoglia forma di ingerenza della criminalità organizzata nella filiera realizzativa degli interventi del PNRR.

L'attinenza al digitale discende dall'utilizzo della piattaforma informativa «Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia (BDNA)», istituita presso il Ministero, attraverso cui tutte le pubbliche amministrazioni sono in grado di verificare l'esistenza di eventuale documentazione antimafia (comunicazioni e informazioni antimafia) a carico degli operatori economici. La verifica avviene in modalità automatica ed immediata, grazie all'infrastruttura digitale.

In dettaglio, la circolare pone in risalto il recente aggiornamento fatto al sistema informativo per consentire l'inserimento di alcune voci appositamente dedicate al PNRR, così da mettere in evidenza la connessione tra attività a rischio infiltrazione mafiosa e finanziamenti derivanti dal programma Next Generation EU. Sarà così possibile una "mappatura" degli operatori economici coinvolti nel ciclo realizzativo degli interventi inclusi nel perimetro del PNRR e soggetti a misura antimafia.

E' agevole rilevare che la sfida principale non sia rappresentata dall'aver accesso ai fondi europei, quanto dal riuscire a investirli efficacemente, assicurando un utilizzo corretto delle risorse finanziarie. Già da tempo è stata attivata una dedicata strategia di prevenzione per dotarsi di un sistema di compliance idoneo a contenere i rischi di illeciti accaparramenti.

Si pensi al decreto Semplificazioni bis (decreto-legge n. 71/2021) che ha istituito alcuni organi per garantire il corretto andamento del Piano: tra questi vi è una cabina di regia con poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale; il servizio centrale per il PNRR presso il Mef per l'attività di monitoraggio e rendicontazione, punto di contatto nazionale con la Commissione europea; e l'ufficio dirigenziale presso la Ragioneria dello Stato, con funzione di audit del PNRR e monitoraggio anticorruzione.

Nella stessa direzione il decreto Reclutamento (decreto-legge n. 80/2021) che introduce il Piano integrato di attività e organizzazione come uno strumento di semplificazione della burocrazia, indirizzato al rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni in funzione dell'attuazione del PNRR. E anche il decreto PNRR 2 (decreto-legge n. 36/2022) con cui si vuol promuove l'etica pubblica attraverso il rafforzamento di due strumenti: codice di comportamento e formazione.

In tale scenario, si colloca l'aggiornamento dell'infrastruttura tecnologica che gestisce la Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia, con l'obiettivo di rendere più incisiva ed efficace una misura di prevenzione amministrativa - di cruciale importanza per mitigare il rischio infiltrativo - che fa della precocità la sua dote fondamentale. Tale caratteristica viene rafforzata grazie al digitale e "Il tracciamento così realizzato", si legge nella circolare, "consentirà di monitorare, con immediatezza, l'eventuale adozione di provvedimenti di rigore nei confronti di quegli operatori economici coinvolti nell'attuazione degli interventi in questione per i quali siano emersi elementi che depongano per la sussistenza di un rischio infiltrativo".

Anche nel campo della prevenzione amministrativa antimafia, e in particolare con riferimento all'utilizzo delle risorse destinate al PNRR, la tecnologia può dare il suo contributo in termini di efficacia ed efficienza. Ma, considerato il contesto economico-finanziario in cui versano le imprese - non soltanto italiane - afflitte dalla preoccupazione di venir fuori dalla crisi pandemica e da quella bellica conservando la produttività e la forza lavoro esistente, occorre indugiare sull'opportunità di una misura che fonda il blocco dell'operatività aziendale non su fatti certi bensì sul criterio causale del "più probabile che non".

In effetti, la sua natura cautelare e preventiva si basa su elementi fattuali indiziari, sintomatici e strumentali a formulare un giudizio di natura prognostica circa la ricorrenza del pericolo di infiltrazione mafiosa. In altri termini, l'interdittiva antimafia non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali si può costruire un'ipotesi, ragionevole ma soltanto probabile, di permeabilità dell'impresa a ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso. Il tutto appunto sulla base della regola causale del "più probabile che non".

Peraltro, il provvedimento in discorso è particolarmente afflittivo perché non incide soltanto sulla contrattualistica pubblica ma anche sulle autorizzazioni funzionali all'esercizio di una attività imprenditoriale puramente privata ( C. Cost. sent. n. 57/2020 ). E, sotto altro profilo, l'interdittiva antimafia può esser basata anche su fatti risalenti nel tempo, purché il pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa resti attuale e concreto ( Cons. Stato, sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2 ).

Ebbene, in tale contesto il ruolo centrale resta affidato alla valutazione discrezionale dell'autorità prefettizia, cui è demandata un'attenta ed equilibrata ponderazione dei valori costituzionali in gioco: libertà economica e tutela (anticipata) della legalità. Valori che occorre contestualizzare in relazione al periodo di forte crisi (pandemico-bellica) che sta attraversato il sistema economico e sociale. Certamente l'innovazione tecnologia è d'aiuto nel realizzare finalità meritevoli di tutela ma, oggi più che mai, la prospettiva di tutela andrebbe indirizzata verso la salvezza delle aziende destinatarie dei fondi PNRR da infiltrazioni criminali piuttosto che verso la salvaguardia dei soli fondi PNRR.

E così, piuttosto che puntare all'interdizione dell'operatore economico, la cui immediatezza è garantita dalla velocità con cui la tecnologia diffonde l'informazione (antimafia), occorrerebbe relegare quel giudizio probabilistico a strumento residuale, preferendo misure di prevenzione alternative (prevenzione collaborativa, commissariamento ad contractum) in grado di coniugare la conservazione della produttività e della forza lavoro con la tutela della legalità.

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*A cura dell'avv. Gianluca Fasano, Dirigente Istituto di Ricerca ISTC-CNR

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