Penale

Bancarotta fraudolenta: la pena accessoria di inibizione all’esercizio di impresa dura dieci anni

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di Giuseppe Amato

La Corte di cassazione – con la sentenza della Sezione V, 15 maggio 2015- 11 novembre 2015 n. 45190, Catapano ed altri, interviene sulla disciplina della durata delle pene accessorie nel reato di bancarotta fraudolenta (articolo 216 del rd 16 marzo 1942 n. 267), seguendo l'orientamento ormai prevalente in forza del quale la pena accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di imprese commerciali e dell' incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa “per dieci anni”, prevista dall'articolo 216, comma 4, del rd n. 267 del 1942, in quanto appunto “determinata” in maniera fissa ed inderogabile in dieci anni si sottrae alla disciplina di cui all'articolo 37 del Cp, che impone invece che la pena accessoria abbia eguale durata a quella principale quando essa non sia predeterminata (cfr., tra le altre, Sezione V, 20 settembre 2007, Bucci; Sezione V, 30 maggio 2012, Pinelli; nonché, più di recente, Sezione V, 18 ottobre 2013, Di Cesare; Sezione V, 19 settembre 2014, Savinelli; Sezione V,18 novembre 2014, Rimini ed altro).

L’intervento della Consulta - Va ricordato che, sulla questione, è stata chiamata ad intervenire anche la Corte costituzionale, la quale, con la sentenza 31 maggio 2012 n. 134, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 3, 4, 27, comma 3, 41 e 111 della Costituzione, dell'articolo 216, comma 4, del rd n. 267 del 1942, nella parte in cui prevede che, per ogni ipotesi di condanna per i fatti di bancarotta previsti nei commi precedenti del medesimo articolo, si applichino le pene accessorie dell'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni. Invero, ha osservato il giudice delle leggi, i rimettenti, nel prospettare la violazione del principio di eguaglianza e del principio della finalità rieducativa della pena - unitamente ad ulteriori censure - con riferimento alla predeterminazione nella misura “fissa di dieci anni” della pena accessoria prevista dal comma 4 dell'articolo 216 citato, avevano chiesto alla Corte di aggiungere le parole “fino a” alla disposizione citata, al fine di rendere applicabile l'articolo 37 del Cp (secondo il quale «quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione, per insolvibilità del condannato»); in tal modo, tuttavia, richiedevano una addizione normativa che - essendo solo una tra quelle astrattamente ipotizzabili - non costituiva una soluzione costituzionalmente obbligata, ed eccedeva i poteri di intervento della Corte costituzionale, implicando scelte affidate alla discrezionalità del legislatore.

La posizione dei giudici di legittimità - La Cassazione, nel seguire questa interpretazione basata sulla durata fissa ed inderogabile della pena accessoria nella bancarotta fraudolenta, supera il diverso orientamento in passato seguito da qualche decisione della corte di legittimità, secondo cui, invece, nella bancarotta fraudolenta la pena accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa sarebbe determinata dalla legge soltanto nel massimo, onde sua durata dovrebbe corrispondere, ai sensi dell'articolo 37 del Cp, a quella della pena principale inflitta (Sezione V, 31 marzo 2010, Travaini).
A voler seguire la tesi qui riaffermata dalla Cassazione, discende che è quindi diversa la disciplina della durata delle pene accessorie nella bancarotta fraudolenta e nella bancarotta semplice, come del resto confermato dalla lettera della legge. Infatti, dal raffronto letterale tra il comma 4 dell'articolo 216 del rd 16 marzo 1942 n. 267 e il comma 3 dell'articolo 217 dello stesso rd emerge la netta differenza voluta dal legislatore rispettivamente per la bancarotta fraudolenta e per quella semplice.
Nel primo caso, la condanna importa «per la durata di dieci anni» l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Nel secondo caso, è previsto che la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa «fino a due anni».
In definitiva, nell'ipotesi più grave della bancarotta fraudolenta, il legislatore ha voluto che, quale che sia la pena principale, il soggetto fosse posto in condizioni di non operare nel campo imprenditoriale dove ha creato danno e “disordine” per il (considerevole) lasso di tempo di dieci anni; nell'ipotesi meno grave della bancarotta semplice, l'inabilitazione e l'incapacità hanno un “tetto” molto meno elevato e la loro effettiva durata è rimessa all'apprezzamento del giudice: nel primo caso, la proibizione dura ininterrottamente per una decade, nel secondo, invece, non può superare il biennio ma può quindi anche coprire un più ridotto arco temporale (cfr. Sezione V, 30 maggio 2012, Pinelli ed altri).
Sulla diversa disciplina della durata delle pene accessorie nella bancarotta semplice, cfr. anche, di recente, Sezione V, 5 giugno 2014, C., secondo la quale, appunto, in tema di bancarotta semplice, le pene accessorie previste dal comma 3 dell'articolo 217 della legge fallimentare (inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa) devono essere commisurate alla durata della pena principale, in quanto, essendo determinate solo nel massimo «fino a due anni», sono soggette alla regola dettata dall'articolo 37 del Cp, per il quale la loro durata è uguale a quella della pena principale inflitta.

Corte di Cassazione – Sezione V penale – Sentenza 11 novembre 2015 n. 45190

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