Penale

"Beyond any reasonable doubt", rileva in sede di legittimità se la sua violazione ha una irragionevolezza evidente

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di Pietro Alessio Palumbo

L'adozione nel codice di rito della regola di valutazione dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" - principio del cosiddetto "b.a.r.d.", acronimo dell'inglese "beyond any reasonable doubt" - è stata effettuata con la riforma del giusto processo (Legge n. 46 del 2006), orientata a rafforzare la struttura accusatoria del rito anche attraverso l'importazione di alcuni elementi del processo anglosassone ed in particolare di quello nordamericano. In proposito, con la sentenza n. 18313/2020 depositata il 16 giugno scorso, la Corte di cassazione ha chiarito che non ogni "dubbio" sulla ricostruzione probatoria può tradursi in una "illogicità manifesta" deducibile in sede di legittimità, essendo piuttosto necessario che sia rilevato un vizio di tale gravità da incrinare in modo severo, la tenuta logica della motivazione del giudicante. Segnatamente una frattura della coerenza razionale del percorso argomentativo non solo "visibile", ma anche "decisiva", in quanto essenziale per la tenuta giustificativa della condanna penale.

La vicenda - La Corte d'appello confermava la condanna dell'imputato per il reato di rapina aggravata dall'uso delle armi. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il difensore che deduceva violazione di legge e vizio di motivazione: era stata violata la regola di valutazione "b.a.r.d." de "l'aldilà di ogni ragionevole dubbio". La testimonianza, in particolare, si esprimeva in un riconoscimento incerto, complessivamente inattendibile, a causa di un tenore perplesso, insicuro e fondato sulla incoerente valorizzazione di elementi non caratterizzanti.

La decisione - Nel processo statunitense l'esortazione a giudicare "oltre ogni ragionevole dubbio" fa parte delle "instructions" che il giudice deve impartire alla giuria, la quale decide con verdetto immotivato. Si tratta a ben vedere di una raccomandazione che in quell'Ordinamento non ha alcun precipitato controllabile nella motivazione. A seguito dell'importazione della formula in questione nel costrutto codicistico italiano, autorevole dottrina e maggioritaria giurisprudenza hanno collegato il canone alla presunzione di non colpevolezza contenuta nell'art. 27 comma 2 della Costituzione repubblicana.

L'indagine ermeneutica ha ritenuto inoltre che il criterio valutativo in questione segni il superamento del principio del "libero convincimento del giudice" e, quindi, della necessità che la condanna sia fondata sulla valorizzazione delle prove assunte in contraddittorio, le quali, per rispettare il canone valutativo, devono avere una capacità dimostrativa sufficiente a neutralizzare la valenza antagonista delle possibili tesi alternative. Deriva che il criterio in argomento non può tradursi nella valorizzazione di uno "stato psicologico" del giudicante, soggettivo ed imperscrutabile, ma sia indicativo della necessità che il giudice effettui un serrato confronto con gli elementi emersi nel corso della progressione processuale e, nei casi in cui decida su un'impugnazione a struttura devolutiva, anche con gli argomenti di critica proposti dall'appellante oltre che con le ragioni poste a sostegno della decisione.

La Corte di cassazione evidenzia inoltre che il mancato rispetto di tale regola di valutazione non può dar luogo alla invocazione in sede di legittimità di una differente valutazione delle fonti di prova. La (presunta) violazione di tale regola valutativa può al contrario essere invocata in Cassazione laddove sia riscontrabile una illogicità evidente, palese, a ben vedere manifesta e allo stesso tempo decisiva, della parabola motivazionale del giudicante. Ciò in quanto l'oggetto del giudizio di legittimità non è la valutazione di merito delle prove, bensì la tenuta logica della motivazione della sentenza di condanna. In altre parole il parametro di valutazione dell'"al di là di ogni ragionevole dubbio" opera in modo evidentemente diverso nella fase di merito rispetto a quella di legittimità. Unicamente davanti alla giurisdizione di merito tale parametro può essere invocato per ottenere una valutazione "alternativa" delle prove, sulla base delle allegazioni difensive. Differentemente in sede di legittimità la regola del "b.a.r.d." rileva soltanto nella misura in cui la sua inosservanza trabordi in una lampante illogicità del tessuto motivazionale.

In buona sostanza può essere sottoposta al giudizio di Cassazione solo l'idoneità deduttiva della motivazione, non la capacità dimostrativa delle prove. L'apprezzamento della capacità persuasiva delle singole prove, come anche dei complessi indiziari, è attività tipica ed esclusiva della giurisdizione di merito e non può essere devoluta alla giurisdizione di legittimità della Corte di cassazione se non nei limitati casi in cui si deduca, e si alleghi, un chiaro travisamento.

Il precipitato conseguente è che la regola del "beyond any reasonable doubt" rileva in sede di legittimità esclusivamente se la sua violazione dimostri una irragionevolezza evidente e per ciò stesso determinante del tracciato argomentativo posto a giustificazione della condanna penale.

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