Cartabia, pene sostitutive con prescrizioni obbligatorie (ritiro passaporto, armi ecc.)
La Cassazione, sentenza n. 44347 depositata oggi, ha chiarito che le “prescrizioni” che conseguono a semilibertà, domiciliari e lavoro di pubblica utilità, non sono “pene accessorie” ma vanno applicate obbligatoriamente dal giudice
In caso di applicazione di una pena sostitutiva introdotta dalla riforma Cartabia, le prescrizioni aggiuntive come, per esempio, il ritiro del passaporto, non sono discrezionali e rimesse alla valutazione del giudice, ma obbligatorie. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 44347 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato per reati tributari a 1 anno e 15 giorni di reclusione poi sostituito con lavori di pubblica utilità, con ritiro del passaporto.
Contro quest’ultima prescrizione, l’imputato ha proposto ricorso sostenendo, tra l’altro, la violazione degli articoli 545 bis cod. proc. pen., 20 bis cod. pen., 53, 56 bis e 56 ter legge 689/81 nonché l’erronea applicazione dell’articolo 2 del Protocollo n. 4 CEDU in relazione alla statuizione relativa al ritiro del passaporto sostenendo che nelle «disposizioni di legge in ordine al divieto di espatrio che permeano l’ordinamento giuridico nella propria interezza e nella giurisprudenza sovranazionale» non si rinviene alcun automatismo nell’applicazione del divieto di espatrio, che deve essere quindi disposto caso per caso dall’autorità giudiziaria.
Al contrario la Terza sezione penale, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, ribadisce che «le prescrizioni previste dall’art. 56-ter della legge 24 novembre 1981, n. 689 - introdotto dall’art. 71 Dlgs 10 ottobre 2022, n. 150 - per la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva e il lavoro di pubblica utilità sostitutivo non sono “pene accessorie” la cui applicazione dipende dalla discrezionale valutazione del giudice, ma costituiscono contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva, da applicare obbligatoriamente anche in caso di patteggiamento». E la richiesta formulata dall’imputato per l’applicazione di dette pene sostitutive, o il consenso prestato alla richiesta del pubblico ministero, «implica necessariamente l’accettazione delle prescrizioni che le connotano».
La Cassazione ha così dichiarato anche manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Il ricorrente, infatti, non ha tenuto conto che il lavoro di pubblica utilità svolge una duplice funzione, rieducativa e risocializzante ma anche afflittiva, costituendo pur sempre una pena derivante dalla commissione di un reato «come d’altronde sottolineato dalla modifica del nome iuris disposto dalla riforma Cartabia con l’introduzione dell’art. 20 bis cod. pen., e che l’applicazione della misura ha, quale necessario presupposto, l’assenso del condannato che, quindi, ha la possibilità di valutare la congruità e la convenienza della pena sostitutiva rispetto alla pena comminata».
Del resto, prosegue la Corte, le prescrizioni previste dall’articolo 56 ter «rispondono a esigenze special preventive evidenti». E lo dimostrano il comma 2 della norma, e l’articolo 58 che consentono la sostituzione della pena detentiva solo quando le pene sostitutive assicurino «la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati» eventualmente anche mediante l’imposizione di obblighi ulteriori rispetto a quelli preveduti dall’articolo 56 ter.
Con riguardo poi alla sentenza della Cedu del 20/9/2016 evocata dal ricorrente, in cui si sanciva l’illegittimità del diniego al rilascio del passaporto in caso di pena condizionalmente sospesa, la Suprema corte afferma che «è di tutta evidenza, che la vicenda in valutazione è del tutto differente dal caso esaminato dalla Corte EDU, risultando il divieto di espatrio potenzialmente in conflitto con il giudizio di non pericolosità che aveva permesso a Vlasov e Benyash di usufruire della sospensione condizionale della pena» mentre, nel caso specifico «è strumentale alla funzione specialpreventiva che la pena sostitutiva è destinata a soddisfare».