Civile

Cartelle e notifiche da mostrare in giudizio anche dopo i 5 anni

immagine non disponibile

di Stefano Sereni

Il termine quinquennale entro il quale l’Agente della riscossione deve conservare la cartella (con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento), non lo esenta dall’onere probatorio di produrla in giudizio, anche scaduto tale termine, se il contribuente ne chiede l’esibizione. A fornire questo principio è la Ctp Reggio Emilia, sezione 2, (presidente e relatore Montanari) con la sentenza 143 depositata lo scorso 30 luglio.

Il contenzioso
Nel giudizio il ricorrente assumeva di aver richiesto copia del proprio estratto di ruolo, apprendendo in quell’occasione dell’esistenza di numerosi ruoli a suo carico, derivanti da avvisi di accertamento e cartelle di pagamento divenuti definitivi a seguito di notifiche (avvenute tra il 2001 ed il 2016) che però lamentava di non aver mai ricevuto. Di conseguenza, eccepiva l’illegittimità di tutti gli atti impositivi chiedendone l’annullamento, oltre alla produzione delle copie delle cartelle in questione, per verificare il contenuto dei plichi che sarebbero stati notificati.

Si costituiva l’Agente della riscossione producendo solo tutte le attestazioni delle notifiche dei propri atti, ma non questi ultimi, precisando che, ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del Dpr 602/73, l’obbligo di conservazione delle copie delle cartelle ha un limite di cinque anni, il quale era abbondantemente superato per la maggior parte di quelle indicate nell’estratto di ruolo impugnato.

La sentenza
I giudici hanno ritenuto fondato il ricorso, dando continuità all’orientamento secondo il quale la norma non fa venire meno l’ordinario onus probandi esistente in capo al concessionario oltre il quinquennio, facendo tale termine solo riferimento ai fini amministrativi e ispettivi, cioè all’esibizione dell’atto al contribuente o all’amministrazione.

Per quanto concerne invece l’ambito del contenzioso giurisdizionale, continuano a trovare applicazione le regole generali sul riparto dell’onere della prova, le quali non vengono derogate da tale disposizione: l’Agente della riscossione è dunque, in ogni caso tenuto, indipendentemente dal dovere di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la dimostrazione della notifica della cartella.

In sintesi quello dei cinque anni costituisce solo un obbligo minimo di conservazione, anche perché è interesse del concessionario, anche nel rispetto del dovere di diligenza, conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi in detto termine e in occasione di rapporti giuridici ancora non definiti, la copia della cartella fino al momento in cui il credito non sia stato del tutto recuperato. Infatti è necessario mantenere la possibilità di fornire prova documentale della legittimità del proprio operato in caso di contestazione del contribuente. Quest’ultimo, peraltro, solo verificando il contenuto dell’atto impositivo potrà esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa.

In conclusione, non avendo l’Agente della riscossione fornito effettiva prova della notifica degli atti, gli stessi sono stati annullati. Inoltre, precisa infine la Ctp, non era stata prodotta copia nemmeno delle cartelle che avevano meno di cinque anni, per le quali l’articolo 26 non avrebbe comunque trovato applicazione.

Ctp Reggio Emilia 143/2/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©