Comunitario e Internazionale

Cgue: assegni familiari, l'Austria discrimina i migranti intra Ue

Per la Corte di Lussemburgo, sentenza nella causa C 328/20, l'adeguamento delle prestazioni e dei vantaggi fiscali basato sullo Stato di residenza dei figli dei lavoratori comunitari non è legittimo

Costituisce una discriminazione indiretta, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti all'interno della Ue, l'adeguamento degli assegni familiari e di altri vantaggi fiscali concessi dall'Austria a favore dei lavoratori in funzione dello stato di residenza dei loro figli. Lo ha stabilito la Corte Ue, sentenza nella causa C 328/20 affermando che tale regolamentazione è contraria al diritto dell'Unione.

Nel gennaio 2019, l'Austria ha istituito un meccanismo di adeguamento per calcolare l'importo forfettario degli assegni familiari e di altri vantaggi fiscali per i lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro. Tra le agevolazioni sono ricompresi il credito d'imposta per figli a carico, il bonus famiglia Plus, il credito d'imposta per famiglie monoreddito, il credito d'imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d'imposta per gli assegni alimentari. L'adeguamento può avvenire al rialzo o al ribasso in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro interessato.

La Commissione Ue ha proposto un ricorso per inadempimento contro l'Austria. Con la sentenza pronunciata oggi, la Corte constata, anzitutto, che gli assegni familiari e il credito d'imposta per figli a carico costituiscono prestazioni familiari che non sono soggette ad alcuna riduzione o modifica per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello che concede dette prestazioni.

Non solo, la Corte rileva che la normativa austriaca costituisce una violazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Il Collegio ricorda poi che il diritto dell'Unione vieta qualsiasi discriminazione, in materia di sicurezza sociale, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti. Mentre il sistema austriaco applicandosi soltanto in caso di residenza del figlio al di fuori del territorio nazionale, incide essenzialmente sui lavoratori migranti, in quanto è probabile che siano più in particolare i loro figli a risiedere in un altro Stato membro.

Inoltre, poiché la grande maggioranza dei lavoratori migranti è originaria di Stati membri in cui il costo della vita è inferiore a quello in Austria, essi percepiscono prestazioni e vantaggi di importo inferiore rispetto a quello concesso ai lavoratori austriaci. Di conseguenza, tale meccanismo di adeguamento costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza che, in ogni caso, non è giustificata. I lavoratori migranti, infatti, partecipano allo stesso modo di un lavoratore nazionale alla determinazione e al finanziamento dei contributi alla base degli assegni familiari e dei vantaggi fiscali senza che sia preso in considerazione al riguardo il luogo di residenza dei loro figli.

In conclusione, a giudizio della Corte, la normativa austriaca controversa costituisce altresì una violazione del regolamento relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione.

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