Immobili

Comodato, deve lasciare la casa alla madre il figlio di 62 anni disoccupato da 20

Nessun rapporto giuridico giustifica il diritto all’immobile. La perdita dell’occupazione non fa rivivere l’obbligo di mantenimento in capo al genitore

di Patrizia Maciocchi

Il figlio di 62 anni deve restituire alla madre la casa avuta in comodato. Non basta per provare lo stato di necessità la perdita del lavoro, avvenuta circa 20 anni prima, senza aver trovato un’altra attività. Lo stato di disoccupazione sopravvenuto non fa rivivere, infatti, alcun obbligo di mantenimento in capo al genitore. La Corte di cassazione, con la sentenza 3163, respinge il ricorso del figlio che contestava la decisione del Tribunale prima, e della Corte d’Appello poi, di condannarlo a rilasciare immediatamente l’immobile di proprietà della madre che aveva avanzato la domanda di restituzione attraverso il suo amministratore di sostegno. Ad avviso del ricorrente la donna aveva nei suoi confronti un’obbligazione alimentare, in virtù dell’obbligo dei genitori di mantenere i figli che versino in stato di bisogno. Una condizione nella quale l’uomo, che aveva fatto il rappresentante, riteneva di trovarsi visto che a 62 anni era senza un lavoro da circa 20 anni. A suo avviso doveva essergli riconosciuta la detenzione precaria qualificata sull’immobile, nel quale aveva sempre abitato, equiparabile ad un comodato senza determinazione di durata. Per la Corte di merito la pretesa era infondata «a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto fra le parti». La madre non aveva alcun dovere di versare gli alimenti ad un figlio che aveva raggiunto una veneranda età, ed aveva trascorso 20 anni senza trovare alcuna occupazione. Era inoltre non dimostrato lo stato di bisogno. Anzi era contraddetto proprio da un argomento boomerang usato dallo stesso ricorrente, che affermava di aver anticipato 1.500 euro di spese in favore della madre. La Cassazione è costretta a ricordare che «l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento».

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