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Compravendita: il “preliminare del preliminare” non dà diritto alla provvigione

Per la Cassazione, sentenza n. 31431 depositata oggi, non costituisce un “affare” idoneo a fondare la pretesa del mediatore

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 31431 depositata oggi, cristallizza in un “principio di diritto” il recente, ma ormai diffuso, orientamento contrario al riconoscimento del “diritto alla provvigione” nel caso di conclusione di un mero “preliminare di preliminare”. Deve dunque considerarsi definitivamente superato il precedente approdo basato, secondo i giudici di legittimità, su di una interpretazione forzata della sentenza a Sezioni unite n. 4628/2015. Perché tale decisione, precisa la Corte, nell’escludere la nullità per difetto di causa del “preliminare di preliminare, non si è specificamente occupata del profilo della idoneità di tale forma di pattuizione a fondare il diritto alla provvigione...”.

Un chiarimento rilevante quello fornito dalla Seconda sezione civile soprattutto per i casi in cui, come nello specifico, le parti siano costituite da grosse società o da fondi immobiliari. In queste evenienze, infatti, è prassi procedere a degli incontri preliminari in cui viene formalizzata la volontà delle parti a proseguire nella trattiva anche con una definizione di massima del prezzo.

Per la Corte d’appello invece l’intesa raggiunta costituiva “un contratto preliminare con il quale le parti si erano impegnate alla successiva conclusione di un contratto preliminare”, come tale idoneo a costituire “conclusione dell’affare” e dunque a fondare il diritto della società di mediazione a conseguire la provvigione da ambo le parti, ritenute “contraenti”, per un totale di 3milioni di euro.

Già nel 2019, tuttavia, la Suprema corte (n. 30083) aveva affermato che, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, “l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio”, ovvero per il risarcimento del danno “derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato”. Mentre conseguentemente si deve escludere il diritto alla provvigione qualora tra le parti “si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare”.

Il diritto del mediatore alla provvigione consegue dunque alla conclusione dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno. Un principio che deve essere coerentemente declinato nel senso di negare la possibilità di qualificare come “affare” concluso la mera conclusione di una intesa, come il “preliminare di preliminare”, la quale, in caso di inadempimento, legittima la parte non inadempiente non ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, bensì per il risarcimento del danno derivante dalla mancata prosecuzione delle trattative, e quindi dalla violazione dell’“obbligo a contrattare”.

Per la Suprema corte va dunque affermato il seguente principio di diritto: “il c.d. “preliminare di preliminare”, pur essendo vincolo valido ed efficace se rispondente ad un interesse meritevole di tutela delle parti, risulta idoneo unicamente a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, senza abilitare le parti medesime ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato e, conseguentemente, non viene a costituire un “affare” idoneo, ex artt. 1754 e 1755 c.c., a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime”.

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