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Condominio, la clausola regolamentare che vieta la pasticceria costituisce servitù reciproca soggetta a trascrizione

Lo precisa la Cassazione con la sentenza 24526/2022

di Fulvio Pironti

La clausola contenuta in un regolamento di condominio contrattuale, limitativa della facoltà di adibire il proprio immobile a destinazione artigianale (nel caso di specie, pasticceria), costituisce servitù reciproca a favore e contro ciascuna proprietà esclusiva ed è soggetta, ai fini della opponibilità, alla trascrizione in base agli articoli 2643, n. 4, e 2659, comma 1, n. 2 c.c. E' il principio statuito dalla Suprema Corte con sentenza numero 24526 pubblicata il 9 agosto 2022.

Il caso
La querelle si origina dalla domanda di cessazione di una pasticceria ed annesso laboratorio artigianale in quanto esercizio vietato dal regolamento di condominio. Il tribunale ha accolto l'istanza e la corte di appello confermato la sentenza di prime cure rilevando che il regolamento ha natura contrattuale e da esso scaturisce la vincolatività dei limiti all'uso delle proprietà esclusive (la clausola vieta le attività artigianali nel cui novero rientra la pasticceria).

La decisione
Il ricorrente approda in Cassazione negando che la clausola, generica e indeterminata, è riferita all'uso artigianale. Incidendo sui diritti dei condòmini, va ricondotta nelle servitù atipiche. L'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata con le servitù avendo riguardo alla trascrizione - che nella fattispecie difetta - del peso mediante indicazione degli specifici limiti. Il generico rinvio al regolamento è insufficiente.
Gli Ermellini ritengono fondato il motivo. Evidenziano che i limiti di destinazione alle facoltà di godimento sulle proprietà esclusive devono scaturire da espressioni rivelatrici di chiari intenti. Le clausole contenute nei regolamenti formati dal costruttore o accettati da tutti gli acquirenti hanno natura contrattuale soltanto qualora comprimano i diritti sulle proprietà esclusive e sono modificabili solo con l'assenso unanime. Il regolamento deve determinare una relatio perfecta mediante inserimento nel rogito delle parti negoziali ad effetto limitativo non essendo sufficiente il mero rinvio. La Corte distrettuale è incorsa in errore asserendo che dalla natura contrattuale discendeva la vincolatività delle limitazioni all'uso delle proprietà esclusive. Ha omesso di accertare se erano state riprodotte nel titolo, non ha verificato se esso conteneva un rinvio al regolamento o se riproduceva le clausole limitative.
La recente giurisprudenza sostiene che le restrizioni alle facoltà dominicali contenute nei regolamenti condominiali costituiscono servitù reciproche e necessitano della approvazione unanime, mentre la loro opponibilità ai terzi resta subordinata all'onere di trascrizione. L'articolo 2659, comma 1, n. 2, c.c. (per il quale nella nota di trascrizione si indica il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data) va collegato con l'articolo 2665 c.c. il quale prescrive che l'omissione o inesattezza delle indicazioni chieste nella nota non lede la validità della trascrizione sempreché non emerga incertezza sulle persone, sul bene o rapporto giuridico. Non è sufficiente che nella nota di trascrizione sia menzionato il regolamento contrattuale occorrendo l'indicazione specifica delle clausole limitative. Tale orientamento risiede nella ammissibilità delle servitù atipiche e reciproche. Ogni fondo è al tempo stesso servente e dominante.
Perciò l'opponibilità ai terzi acquirenti di ogni unità dipende dalla trascrizione che deve riguardare la specifica convenzione contenente la servitù. La servitù è costituita a favore e contro il primo immobile di proprietà esclusiva e a favore e contro i restanti fondi invenduti. In assenza di trascrizione, è sufficiente il solo contenuto del rogito sempreché corredato della specifica indicazione delle clausole impositive della servitù e le clausole reiterate nei successivi trasferimenti.

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