Penale

Consulta: l'avvio di un procedimento penale non basta per perdere il lavoro

La Corte costituzionale, sentenza n. 152 depositata oggi, ha dichiarato parzialmente illegittima la norma secondo cui chi controlla il biologico non deve essere interessato da procedimenti penali

di Francesco Machina Grifeo

La Consulta boccia la previsione secondo cui gli addetti all'attività di controllo della produzione agricola e agroalimentare biologica non devono "essere interessati da procedimenti penali in corso" pena la perdita del lavoro. La sentenza n. 152 depositata oggi ha infatti ritenuto non corretto il bilanciamento degli interessi in gioco fatto dal Legislatore rilevando un difetto di "coerenza e ragionevolezza intrinseca".

I delitti interessati sono quelli previsti dagli artiocli 513 (Turbata libertà dell'industria o del commercio), 515 (Frode nell'esercizio del commercio), 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine), 517 (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci), eventualmente aggravati ai sensi dell'articolo 517-bis, oppure dei delitti previsti dagli articoli 640 (Truffa) e 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) del Cp o, comunque, delitti non colposi per i quali è comminata la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni.

La disposizione censurata, spiega la decisione, "collega conseguenze pregiudizievoli per la persona, privandola del requisito di idoneità morale …, in modo automatico per il solo fatto di «essere interessat[a] da procedimenti penali in corso», anche a prescindere da una formale imputazion e e dal relativo vaglio del giudice; ciò che certamente è all'inizio del procedimento penale con l'iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato (art. 335 cod. proc. pen.), ma lo è anche in seguito con la notifica dell'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis cod. proc. pen.)".

Diverso invece era il caso della Legge Severino dove è stata riconosciuta l'adeguatezza del bilanciamento e dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 1, lettera a), del Dlgs. n. 235 del 2012. La norma infatti, prosegue il ragionamento, prevede la sospensione di diritto dalla carica di amministratore locale di coloro i quali siano stati condannati in via non definitiva per determinati reati contro la pubblica amministrazione. Vi è dunque almeno il requisito della condanna benché non definitiva. Con la sentenza n. 236/2015 la Consulta aveva affermato che di fronte a una grave situazione di illegalità nella Pa, "una condanna non definitiva può far sorgere l'esigenza cautelare di sospendere temporaneamente il condannato dalla carica, per evitare un «inquinamento» dell'amministrazione e per garantirne la «credibilità» presso il pubblico … talché la scelta operata dal legislatore … si colloca all'interno dei confini di un ragionevole bilanciamento dei vari valori costituzionali …".

Invece, prosegue la Corte, nella fattispecie in esame, il bilanciamento è stato operato in maniera "non equilibrata, con sacrificio non proporzionato di chi, essendo in possesso dei requisiti di moralità per esercitare l'attività di controllo, si trova ad essere «interessat[o] da procedimenti penali in corso» per determinati reati".

La valutazione dell'interesse ad evitare che l'attività di controllo "è anticipata a tal punto da impedire lo svolgimento di un'attività lavorativa, quale conseguenza già dell'essere la persona "interessata" da un procedimento penale". Il principio di ragionevolezza viene così "posto in sofferenza proprio dall'estensione, coniugata all'automatismo della misura".

E sul punto la Corte ricorda che l'esigenza secondo cui «la mera iscrizione del nome della persona nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale non determini effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo» è stata tenuta presente dal legislatore nella recente delega legislativa conferita al Governo per le modifiche al Cpp in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare e alle disposizioni dell'ordinamento giudiziario in materia di progetti organizzativi delle procure della Repubblica, tanto da essere elevata a specifico principio e criterio direttivo per il legislatore delegato.

In conclusione la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'Allegato 2, punto C, numero 3), lettera a), del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20, recante «Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, predisposto ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lett. g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, e ai sensi dell'articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170», limitatamente alle parole «o essere interessati da procedimenti penali in corso».

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