Contestazione in forma «chiusa» o «aperta», configurabilità e conseguenze
Esecuzione penale – Divieto di un secondo giudizio ex art. 649 c.p.p. – Contestazione cd. aperta – Medesimezza del nuovo fatto contestato – Non sussiste.
Nella fattispecie in esame, il ricorrente riteneva che i fatti a lui contestati fossero i medesimi di quelli che avevano costituito oggetto di una precedente sentenza irrevocabile riguardante gli stessi imputati e le stesse modalità di svolgimento dell'azione delittuosa (nello specifico: spaccio di sostanze stupefacenti). Ai fini della determinazione della “medesimezza” del fatto, ex art. 649 c.p.p., la contestazione cd. aperta (senza indicazione della data di cessazione dell'illecito) non copre tutti gli episodi e i comportamenti criminosi avvenuti nel periodo di riferimento ma soltanto quelli concretamente individuabili in base all'imputazione effettuata e agli elementi di prova introdotti nel processo. Nel caso concreto, infatti, ai fini della insussistenza della medesimezza del nuovo fatto contestato rispetto a quello già giudicato in precedenza, rileva sia la circostanza che nel nuovo procedimento figurano acquirenti delle sostanze psicotrope diversi e ulteriori rispetto quelli individuati nella sentenza irrevocabile, sia la diversità delle modalità di commissione del fatto nuovo contestato (attività di spaccio svolta attraverso pusher incaricati della vendita).
•Corte cassazione, sezione VI, sentenza 29 marzo 2017 n. 15564
Reato – Reato permanente - Contestazione in forma cosiddetta “aperta” - Esclusiva rilevanza processuale - Verifica in concreto della protrazione della condotta criminosa - Necessità.
In presenza di un reato permanente nel quale la contestazione sia stata effettuata nella forma cosiddetta “aperta” o a “consumazione in atto”, senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita, la regola di “natura processuale” per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data, spettando all'accusa l'onere di fornire la prova a carico dell'imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all'indicato ultimo limite processuale. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il principio deve trovare rigorosa applicazione, soprattutto nelle ipotesi, quale quella di specie, in cui una successione di leggi abbia determinato effetti modificativi “in pejus” del trattamento sanzionatorio).
•Corte cassazione, sezione II penale, sentenza 6 giugno 2016 n. 23343
Reato permanente - Contestazione in forma “chiusa” o “aperta” - Configurabilità - Conseguenze.
Nel caso di contestazione di un reato permanente nella forma cosiddetta “chiusa”, con precisa indicazione della data di cessazione della condotta illecita (ad es. con la formula “accertato fino al...”), il giudice può tener conto dell'eventuale protrarsi della consumazione soltanto se ciò sia oggetto di un'ulteriore contestazione a opera del pubblico ministero ex art. 516 c.p.p.; qualora invece il reato permanente sia stato contestato in forma c.d. “aperta” - essendosi il P.M. limitato a indicare solo la data di inizio della consumazione, ovvero quella dell'accertamento - il giudice può valutare, senza necessità di contestazioni suppletive, anche la condotta criminosa eventualmente posta in essere fino alla data della sentenza di primo grado.
•Corte cassazione, sezione II penale, sentenza 19 maggio 2016 n. 20798
Violazione degli obblighi di assistenza familiare - Violazione degli obblighi di assistenza familiare - Precedente giudizio - Condotta giudicata - Contestazione in forma aperta - Periodo da intendersi comprensivo - Parziale coincidenza con il periodo contestato nel nuovo procedimento - Non doversi procedere per ne bis in idem.
In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la condotta già giudicata, contestata in forma aperta, vale a dire senza l'indicazione della data di consumazione dell'illecito, deve ritenersi comprensiva di tutto l'arco temporale intercorrente tra la genesi dell'obbligo, vale a dire la data di emissione del provvedimento del Giudice civile, recante l'obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento, e la data del deposito del dispositivo della sentenza emessa all'esito del predetto procedimento penale. Ne consegue che laddove la condotta nuovamente contestata al soggetto in relazione al medesimo delitto, sia relativa al predetto periodo, deve concludersi per una declaratoria di non doversi procedere per divieto di ne bis in idem. Nella specie il giudicato per estensione soggettiva (identità delle persone offese) coincide con i fatti per i quali si procede, per estensione oggettiva, invece, li include.
•Tribunale di Taranto, sezione II penale, sentenza 9 gennaio 2015 n. 3008
Cosa giudicata - Divieto di un secondo giudizio (”ne bis in idem”) - Giudicato assolutorio relativo a reato permanente contestato in forma cosiddetta aperta - Effetto preclusivo - Individuazione.
La preclusione del giudicato assolutorio, modulandosi sul dato formale dell'imputazione, involge tutto l'arco temporale della contestazione della permanenza, dal termine iniziale fino a quello finale se indicato, ovvero, nel caso di contestazione in forma cosiddetta aperta, fino alla data della sentenza di primo grado, non potendo rilevare che nel giudizio definito con assoluzione il P.M. abbia addotto - o il giudice assunto - prove che concernono la permanenza della condotta criminosa per tutto - ovvero, soltanto per parte - del relativo arco temporale.
•Corte cassazione, sezione I penale, sentenza 7 febbraio 2012 n. 4796