Professione e Mercato

Controversie tra avvocati, negato l'accesso agli atti dei procedimenti disciplinari

Per il Tar Bari è infondata la richiesta di accesso finalizzata a conoscere l'esatto numero delle segnalazioni disciplinari, in quanto indeterminata, esplorativa e lesiva della riservatezza

di Francesco Machina Grifeo

Il Tar Bari (sentenza 29 maggio 2023, n. 824) mette un argine alle battaglie legali tra avvocati sottraendo alla disputa gli atti dei procedimenti disciplinari. Il Tribunale ha infatti negato la richiesta di accesso agli atti, di uno dei due contendenti, fra l'altro, anch'egli autore di un esposto al Consiglio di disciplina, finalizzata a conoscere l'esatto numero delle segnalazioni pervenute a fini disciplinari, in quanto si tratta di un'istanza indeterminata, esplorativa e lesiva della riservatezza di terzi.

Nel caso concreto, un avvocato aveva impugnato il provvedimento di diniego di accesso agli atti opposto dal Consiglio distrettuale presso l'Ordine degli avvocati di Bari, lamentando l'illegittimità, per un verso, del rifiuto opposto a fornire informazioni inerenti procedimenti disciplinari pendenti concernenti l'altro professionista anch'egli avvocato e, per altro verso, del diniego di accesso documentale. In particolare, parte ricorrente attivava, con unico ricorso, due processi connessi, il primo, ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., riguardante un (presunto) silenzio-rifiuto a fornire talune informazioni richieste, e, il secondo, ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.a., sul provvedimento di diniego di accesso agli atti.

"Va detto - si legge nella decisione - che le parti, a più riprese, hanno inteso introdurre nell'odierno processo alquanto copiosa documentazione, atta a comprovare la sussistenza di inveterate e perduranti controversie tra avvocati, di carattere patrimoniale e personale (più ché strettamente attinenti lo svolgimento della professione forense), sfociate vieppiù in numerose azioni giudiziali e delazioni poste davanti, rispettivamente, a diverse Autorità giudiziarie e all'Ordine degli avvocati".

L'azione avverso il silenzio è stata dichiarata inammissibile, sia perché il Consiglio distrettuale aveva adottato un provvedimento espresso, sia perché in materia di accesso la legge prevede la formazione di un silenzio diniego. Quanto all'impugnativa del diniego dell'istanza finalizzata a conoscere il termine di conclusione del procedimento, essa è stata ritenuta infondata perché – se la legge non regola il procedimento disciplinare – l'istituzione gode di ampia discrezionalità nel gestirlo.

Quanto poi alla domanda di accesso, essa è stata ritenuta infondata in primo luogo perché esplorativa: per giurisprudenza costante, ricorda il Tar, l'istanza di accesso agli atti deve avere a oggetto una specifica documentazione in possesso dell'Amministrazione (indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto) e non può riguardare dati e informazioni generiche relative a un complesso non individuato di atti, di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche l'effettiva sussistenza.

In secondo luogo, perché il procedimento disciplinare era ancora nella fase istruttoria, non essendovi alcuna incolpazione: e "nella fase (istruttoria) pre-procedimentale, l'accesso agli atti non è consentito né al soggetto sottoposto ad accertamenti né all'esponente (o denunciante); né a quest'ultimo può accordarsi una tutela maggiore rispetto a quella che va riconosciuta al potenziale incolpato. Non può darsi luogo ad accesso, quando pendono accertamenti (potenzialmente anche involgenti dati "sensibili" oppure dati cruciali), a pena della compromissione della genuinità degli elementi acquisiti o ancora da acquisirsi, alla stessa stregua di quanto accade in qualsivoglia procedimento sanzionatorio sia penale che di indole amministrativa".

Seppure è vero, prosegue il ragionamento del Tar, che parte ricorrente ha dedotto, nell'istanza di accesso, la sussistenza di proprie (non meglio precisate) "esigenze defensionali", in relazione a pregresse "querele", tuttavia – oltre a non comprendersi ex se quale rilievo possano riflettere simili esposti presentati da terzi, per altri fatti, sulle vicende personali – la predetta istanza non è stata in concreto meglio argomentata, come prevede la giurisprudenza più recente in materia di c.d. accesso difensivo.

Pertanto, quanto al c.d. accesso difensivo, "spetta alla parte interessata dimostrare in modo intelligibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e proprie esigenze di difesa e, in assenza di tale dimostrazione, circa l'indispensabilità della richiesta documentazione, la domanda di accesso rappresenta un tentativo meramente esplorativo di conoscere tutta la documentazione versata agli atti e, pertanto, va dichiarata inammissibile".

Non si vede, dunque, quale connessione possa aversi tra esposti (eventuali) presentati da altri soggetti e la posizione del ricorrente, che peraltro ha presentato - come innanzi ricordato - un proprio esposto, in fase di delibazione da parte del Consiglio di disciplina, sul quale va atteso lo scrutinio da parte di detto organo, onde poter esercitare il diritto di accesso, a partire però dalla eventuale archiviazione, oppure dall'avvio del procedimento disciplinare vero e proprio, salvo restando in quest'ultima evenienza l'esercizio eventuale del potere di motivato differimento nei limiti di legge.

Infine, l'accesso lederebbe il diritto alla riservatezza del terzo che ha presentato l'esposto; e "Colui che presenti un esposto ad un'autorità amministrativa ha diritto che sullo stesso sia mantenuto il più stretto "riserbo", ossia la riservatezza (Reg. U.E. 2016/679 c.d. G.D.P.R.) e il segreto d'ufficio (art. 5 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 326 c.p.), in quanto inerente le esclusive potestà pubbliche esercitabili dall'autorità al quale è stato presentato e riguarda un caso specifico. L'esposto dunque non è, per sua intrinseca natura, ostensibile a terzi in toto estranei".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©