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Corporate Sustainability Due Diligence Directive, con il varo delle proposte si compone il mosaico del Green Deal europeo

Il 23 febbraio dello scorso anno la Commissione UE ha approvato la proposta di Corporate Sustainability Due Diligence Directive (la "CSDDD" o "Direttiva CSDD") che stabilisce che le società europee e quelle extra-UE, che partecipano alle supply chains globali, adottino procedure di due diligence volte alla promozione di condotte aziendali sostenibili ed attente alla tutela dell'ambiente e dei diritti umani

di Pietro Massimo Marangio*

Il 23 febbraio dello scorso anno la Commissione UE ha approvato la proposta di Corporate Sustainability Due Diligence Directive (la "CSDDD" o "Direttiva CSDD") che stabilisce che le società europee e quelle extra-UE, che partecipano alle supply chains globali, adottino procedure di due diligence volte alla promozione di condotte aziendali sostenibili ed attente alla tutela dell'ambiente e dei diritti umani.

La proposta di Direttiva CSDD si inserisce nell'articolato quadro delle recenti disposizioni euro-unitarie che definiscono il framework regolamentare indirizzandosi sia ai c.d. "partecipanti ai mercati finanziari" e ai consulenti finanziari (venendo ad evidenza, a questo specifico riguardo, il Regolamento UE n. 2019/2008 – SFDR – e il Regolamento UE n. 2019/852 – c.d. " Taxonomy Regulation ", cui ho già avuto modo di fare riferimento, in un mio precedente contributo) sia alle imprese, quotate e non quotate di maggiori dimensioni, anche non finanziarie (con riferimento, in particolare, alla Direttiva UE n. 2022/2464, c.d. "Corporate Sustainability Reporting Directive" o CSRD, menzionata in quest'altro articolo, e modificativa, in senso estensivo, della Non-Financial Reporting Directive, o NFRD, del 2014).

Con quest'ulteriore tessera, si va componendo il mosaico del Green Deal europeo, integrando gli obblighi di rendicontazione di natura non finanziaria imposti dalla CSRD e relativi (in base al principio della "doppia materialità"), sia all'influenza esercitata dai fattori di sostenibilità su performance, sviluppo e posizionamento commerciale dell'impresa, sia all'impatto che l'attività dell'impresa esercita sulla società e sull'ambiente esterno.

Rientrano nell'ambito di applicazione soggettivo della CSDDD:

• le grandi imprese UE che, nell'ultimo esercizio sociale, abbiano avuto in media oltre 500 dipendenti e abbiano realizzato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 150 milioni di euro;
• le medie imprese UE le quali, pur senza soddisfare i requisiti precedenti, operano in settori merceologici ad elevato impatto di sostenibilità ambientale (quali tessile, pellami e calzature, commercio all'ingresso di tessuti e abbigliamento; agricoltura, silvicoltura e pesca, fabbricazione di prodotti alimentari, allevamento di bestiame e legname; estrazione di risorse minerarie, fabbricazione di prodotti in metallo di base e commercio all'ingrosso di risorse minerarie) e che, nell'ultimo esercizio sociale, abbiano avuto in media oltre 250 dipendenti, abbiano realizzato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 40 milioni di euro che sia imputabile, per almeno il 50%, allo svolgimento delle predette attività economiche;
• le imprese extra-UE che abbiano realizzato, nel penultimo esercizio sociale, un fatturato netto a livello mondiale superiore a 150 milioni di euro o, alternativamente, soddisfino entrambe le condizioni della generazione di un fatturato compreso tra i 40 e i 150 milioni di euro che sia imputabile, per almeno il 50%, allo svolgimento delle suelencate attività economiche ad elevato impatto di sostenibilità.

Ma quali sono gli obblighi che organi amministrativi e dirigenti aziendali sono tenuti a codificare in procedure, protocolli, codici di condotta e mansionari aziendali per rispettare gli adempimenti in materia di due diligence di sostenibilità richiesti dalla Direttiva CSDD?

A tal riguardo, le società destinatarie del provvedimento devono:

1) integrare la richiesta due diligence in tutte le politiche aziendali, predisporre
(i) un'apposita politica di due diligence e
(ii) un piano aziendale atto ad assicurare che business model e strategia d'impresa siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC, in conformità al target dell'Accordo di Parigi;

2) identificare gli effetti negativi (attuali e potenziali) dell'operatività aziendale, sia in ambito ambientale sia nell'ambito dei diritti umani;

3) prevenire ed attenuare gli impatti negativi potenziali ed arrestare gli impatti negativi effettivi, predisponendo ed implementando un "piano operativo di prevenzione", contenente scadenze ragionevoli e precise per gli interventi e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi fatti.
È inoltre richiesto che ciascuna società richieda ai suoi partner commerciali specifiche garanzie contrattuali per il rispetto del proprio codice di condotta ed (eventualmente) del piano operativo di prevenzione, estendendo in tal modo, a livello contrattuale, la rete di protezione dagli impatti negativi lungo l'intera catena del valore di ciascuna impresa coinvolta (clienti – venditori/agenti/distributori e concessionari – fornitori);

4) stabilire e mantenere una procedura di reclami, ai sensi della quale possano essere trattati reclami presentati dalle persone colpite da un impatto negativo, nonché da quelle che abbiano "fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite", dai sindacati e dagli altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone che lavorano nella catena del valore interessata, nonché dalle organizzazioni della società civile attive nei settori collegati alla catena del valore interessata;

5) monitorare, almeno annualmente, l'efficacia della politica di due diligence e le misure di diligenza adottate;

6) effettuare sul proprio sito internet, entro il 30 aprile di ciascun anno, la comunicazione al pubblico sugli obblighi di diligenza implementati nell'anno precedente.

In caso di mancata osservanza degli obblighi di due diligence, gli Stati membri dovranno porre a carico delle imprese inadempienti determinate sanzioni, che si affiancheranno ad un regime di responsabilità civile.

Se è prematuro esprimere una compiuta valutazione sulla proposta di Direttiva CSDD, si può comunque rilevare che essa si caratterizza per
(i) certi eccessi di procedimentalizzazione e un "neo formalismo contrattuale" analoghi a quelli che attenta dottrina già contestò, poco meno di vent'anni fa, alla Direttiva MiFID nell'ambito dell'intermediazione finanziaria e per (ii) una sorta di "ipostatizzazione" degli obblighi di due diligence in materia ambientale e dei diritti umani, traslando in capo alle imprese obiettivi di politica ambientale tipici dei Governi.

Tuttavia, la situazione di emergenza climatica è tale da rendere inevitabile un diretto coinvolgimento, a tutti i livelli, del settore privato.

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*A cura dell'Avv. Pietro Massimo Marangio, Partner di Gentili & Partners

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