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Corte Ue: Dop ad ampio raggio, tutelati non solo i prodotti ma anche i "servizi" collegati al food

I giudici di Lussemburgo chiariscono l'ambito di applicazione del Regolamento Ue (n. 1308/2013 )

di Francesco Machina Grifeo

Si estende anche ai servizi "collegati" la protezione accordata dal Regolamento Ue (n. 1308/2013) ai prodotti a denominazione di origine protetta. Lo ha chiarito la Corte Ue, sentenza nella causa C-783/19, affrontando il caso di una catena di tapas bar spagnoli che utilizzava il denominazione "champanillo" (piccolo champagne) accompagnata da due coppe riempite di una bevanda spumante, per designare e promuovere i suoi locali. Il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di champagne, ha adito i giudici spagnoli al fine di ottenere che sia vietato l'uso del termine champanillo in quanto l'uso di tale segno costituisce una violazione della denominazione d'origine protetta (DOP) «Champagne».

La Corte precisa, in via preliminare, che, nel caso di specie, trova applicazione il regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e, in particolare, la disposizione relativa alle condotte che non utilizzano né direttamente né indirettamente la denominazione protetta stessa, ma la suggeriscono in modo tale che il consumatore sia indotto a stabilire un sufficiente nesso di vicinanza con quest'ultima. In primo luogo, la Corte dichiara che il regolamento protegge le DOP da condotte relative sia a prodotti che a servizi, avendo lo scopo di garantire ai consumatori che i prodotti abbiano talune caratteristiche particolari. In tal modo tutela gli sforzi qualitativi dei produttori.

Il regolamento dunque, spiega la decisione, predispone una protezione ad ampio raggio destinata ad estendersi a tutti gli usi che sfruttano la notorietà associata ai prodotti protetti da una di tali indicazioni. Una interpretazione diversa dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del Regolamento non consentirebbe di conseguire pienamente l'obiettivo di protezione, considerato che la notorietà di un prodotto DOP può essere indebitamente sfruttata anche quando la pratica prevista da tale disposizione riguarda un servizio.

In secondo luogo, la Corte rileva che il regolamento non contiene indicazioni riguardo al fatto che la protezione contro qualsiasi evocazione sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui i prodotti designati dalla DOP e i prodotti o i servizi per i quali è utilizzato il segno controverso siano «comparabili» o «simili». L'evocazione del resto può risultare anche da una «vicinanza concettuale» tra la denominazione protetta e il segno di cui trattasi. Per cui il criterio determinante è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce protetta dalla DOP.

La Corte conclude che il regolamento deve essere interpretato nel senso che l'«evocazione» da un lato, non richiede, quale presupposto, che il prodotto che beneficia di una DOP e il prodotto o il servizio contrassegnato dal segno controverso siano identici o simili e, dall'altro, si configura quando l'uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP.

E l'esistenza di un tale nesso può risultare da diversi elementi, in particolare, dall'incorporazione parziale della denominazione protetta, dall'affinità fonetica e visiva tra le due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra la DOP e la denominazione di cui trattasi o ancora da una somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima DOP e i prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima denominazione. Una valutazione che spetta al giudice nazionale.

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