Dalla Cedu sì alla sanzione per l’avvocato che ritarda il processo
Il legale che non vede accolta la propria istanza di rinuncia all'incarico e ritarda il procedimento può essere condannato a versare una sanzione pecuniaria. E questo anche se la multa gli viene inflitta nel corso del processo principale e in sua assenza. A patto, però, che durante la fase dinanzi alla Corte suprema possa fornire prove e nuovi documenti.
Lo ha chiarito la Corte europea dei diritti dell'uomo che ha dato ragione all'Islanda (ricorso n. 68273/14) e respinto il ricorso di due legali. Questi ultimi erano stati designati come difensori in un processo penale ma avevano chiesto di essere sostituiti perché, a loro dire, l'accusa non forniva il materiale necessario per il processo. Il tribunale aveva respinto la domanda e inflitto un'ammenda di circa 6.200 euro ciascuno sia per i ritardi provocati sia per l'oltraggio alla Corte.
Di qui il ricorso a Strasburgo che, però, non l’ha accolto e ha condiviso la posizione dell'Islanda. È vero – osserva la Corte europea – che in un primo tempo la sanzione era stata decisa in assenza dei due legali, ma nel ricorso dinanzi alla Corte suprema i ricorrenti avevano potuto presentare documenti e testimonianze, con un nuovo esame delle questioni non solo di diritto, ma anche di merito. Pertanto, per la Corte non si è realizzata una violazione dell'articolo 6 della Convenzione che assicura l'equo processo. Esclusa anche la violazione dell'articolo 7 che afferma il principio nulla poena sine lege. Questo perché la sola circostanza che il diritto interno non fissi l'importo massimo di un'ammenda non è contrario alla Convenzione.