Penale

Dlgs 231/2001 e per la responsabilità sul lavoro. Focus: i concetti di interesse o vantaggio dell''Ente

Secondo opinione ormai consolidata della giurisprudenza, anche in seguito alla nota sentenza del caso ThyssenKrupp, i due concetti di interesse o vantaggio devono essere considerati in maniera autonoma e distinta. In particolare, l'interesse dell'ente deve qualificarsi come l'obiettivo cui è finalizzata la condotta del soggetto che agisce, alla stregua di una valutazione "ex ante" e secondo un giudizio essenzialmente soggettivo.

di Fabrizio Ventimiglia e Giorgia Mancuso *

Lo scorso 11 novembre si è tenuto il webinar "D.lgs. 231/2001 e la responsabilità per infortuni sul lavoro. Focus: i concetti di interesse o vantaggio dell'ente ", organizzato dal Centro Studi Borgogna e dallo Studio Legale Ventimiglia, in collaborazione con il Gruppo 24ORE.

L'Avv. Fabrizio Ventimiglia, Presidente del Centro Studi Borgogna, ha aperto i lavori in qualità di moderatore, osservando preliminarmente come, in base a quanto riportato dalle statistiche INAIL, i fatti di cronaca e i numeri relativi agli infortuni sul lavoro e alle cosiddette "morti bianche" siano una chiara testimonianza del fatto che la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sia ancora oggi un traguardo per nulla raggiunto. Per tali ragioni, è opportuno approfondire quale sia il rapporto di causalità tra le scelte organizzative aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e i reati di cui all'art. 25-septies D.lgs. 231/2001 in base al quale l'ente può essere ritenuto responsabile in caso di infortuni sul lavoro.

A seguire, l'Avv. Maria Francesca Fontanella, Partner di LFC Studio Legale, si è occupata di trattare e analizzare i concetti di interesse o vantaggio dell'ente, quale presupposto applicativo della disciplina di cui al D.lgs. 231/2001, nell'ambito dei reati colposi. In particolare, a distanza di più di dieci anni dall'introduzione dell'art. 25-septies nell'impianto normativo del D.lgs. 231/2001 e dei delitti colposi di omicidio e lesioni personali in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro quali reati-presupposto per la responsabilità dell'ente, la concreta applicabilità di tali fattispecie alla disciplina di cui al D.lgs. 231/2001 è ancora oggetto di un ampio dibatto giurisprudenziale. Al riguardo, l'Avv. Fontanella ha inteso fornire, in maniera esaustiva, i criteri orientativi alla cui stregua è possibile valutare la sussistenza o meno dei requisiti di interesse o vantaggio al fine di scongiurare un'applicazione automatica della norma e di conseguenza un eccessivo ampliamento dell'ambito di operatività della stessa a tutte le ipotesi di mancata adozione di una qualsiasi misura di prevenzione.

Secondo opinione ormai consolidata della giurisprudenza, anche in seguito alla nota sentenza del caso ThyssenKrupp, i due concetti di interesse o vantaggio devono essere considerati in maniera autonoma e distinta. In particolare, l'interesse dell'ente deve qualificarsi come l'obiettivo cui è finalizzata la condotta del soggetto che agisce, alla stregua di una valutazione "ex ante" e secondo un giudizio essenzialmente soggettivo.

Diversamente, il vantaggio non può considerarsi come il fine che indirizza l'azione criminosa, ma come quel risultato che origina dall'azione stessa sia nel caso in cui quest'ultima sia finalizzata a soddisfare l'interesse dell'ente, sia nel caso in cui l'ente, a prescindere da qualsiasi scopo iniziale, abbia di fatto tratto un beneficio giuridicamente apprezzabile dalla consumazione dell'illecito.

Ciò premesso, in tema di responsabilità dell'ente derivante da reati colposi è necessario comprendere in quali situazioni i requisiti di interesse o vantaggio si dimostrino concretamente apprezzabili e consentano di cogliere l'effettivo disvalore della fattispecie.

Invero, tali concetti non possono configurarsi automaticamente nel caso in cui viene positivamente valutata la commissione di un reato che rientri nel catalogo di quelli imputabili all'ente ai sensi del D.lgs. 231/2001, ma devono essere individuati e dimostrati con riguardo a ciascuna fattispecie. Del resto, come ha ribadito l'Avv. Fontanella, il coinvolgimento dell'ente non può essere valutato alla stregua di una inammissibile responsabilità oggettiva né può derivare solo dalla mera inesistenza o inadeguatezza del Modello Organizzativo. Per tali ragioni, si auspica un intervento chiarificatore-correttivo da parte del legislatore per poter dirimere la questione di compatibilità con la struttura dei reati-presupposto di natura colposa.

Il secondo intervento del Dott. Marco Cipriano, Direttore Osservatori CSB, ha avuto lo scopo di approfondire la figura del professionista ed imprenditore e la relativa responsabilità in tema di infortuni sul lavoro. Il Dott. Cipriano ha ribadito che l'imprenditore, nell'ambito della normativa sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, è chiamato a svolgere un ruolo primario anche in tema di compliance, con particolare riguardo alle attività di formazione e informazione nei confronti della popolazione aziendale nonché di sensibilizzazione sia di soggetti esterni alla governance (es. clienti e fornitori), sia dei vertici aziendali circa le opportunità di predisporre, adottare e attuare efficacemente il Modello Organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/2001. In particolare, l'imprenditore, Datore di Lavoro, deve avere contezza del reale andamento dell'azienda ed essere dunque in grado di riconoscere preliminarmente i livelli del rischio aziendale.

Pertanto, l'individuazione delle attività sensibili alla commissione del reato così come quelle misure e cautele che devono essere adottate per ridurre al minimo la possibilità che l'illecito venga commesso, devono far parte di una specifica politica di governance aziendale che deve essere definita già a monte dai vertici e dunque dall'imprenditore medesimo.

Allo stesso modo, il D.lgs. 81/2008 (Testo Unico per la Sicurezza del Lavoro) deve considerarsi come uno strumento necessario per tutte le realtà imprenditoriali in quanto è stato ideato con la finalità di organizzare e coordinare tutti i precetti in materia di lavoro. Il testo normativo traccia infatti tutti gli interventi che possono garantire e migliorare la tutela della salute dei lavoratori – specificando le modalità da seguire per l'attuazione delle necessarie azioni preventive – e, al contempo, ottenere una valutazione realistica ed oggettiva sui rischi esistenti all'interno dei luoghi di lavoro. Inoltre, il Testo Unico identifica i soggetti interessati e titolari delle posizioni di garanzia sui quali potrebbero ricadere responsabilità di carattere penale in caso di condotte omissive delle misure di sicurezza o di mancato rispetto degli obblighi di prevenzione, qualora, in ragione dell'evento lesivo, venga accertata una colpa di organizzazione in capo all'ente.

È quindi chiaro che l'adesione ad un sistema di compliance in materia di salute e sicurezza del lavoro, oltre naturalmente a garantire una più efficiente tutela dei lavoratori, rappresenta anche uno strumento fondamentale per prevenire o ridurre i rischi di commissione dei reati in capo all'ente nonché dimostrare, in un potenziale giudizio, l'assenza di colpevolezza dell'ente stesso.

Da ultimo, è intervenuto il Dott. Federico Maurizio d'Andrea, Presidente OdV Banco BPM, il quale, in un'ottica di sinergia tra i vari sistemi di compliance a disposizione dell'impresa, ha ribadito che lo stesso D.lgs. 81/2008 riconosce la rilevanza del Modello Organizzativo. Invero, l'art. 30 del Testo Unico per la Sicurezza del Lavoro stabilisce che il Modello ex D.lgs. 231/2001, per poter avere un'efficacia esimente della responsabilità dell'ente, deve rispettare una serie di requisiti minimi affinché il Modello stesso sia uno strumento efficace per la prevenzione dei reati di cui all'art. 25-septies.

È bene precisare che il Modello di cui all'art. 30 D.lgs. 81/2008 è orientato alla prevenzione dei reati presupposto in materia di infortuni sul lavoro ed è pertanto destinato ad assicurare solo le misure relative alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ad ogni modo, seppure la norma abbia un carattere meramente tecnico e contempli delle norme cautelari di settore, si pone come una fonte di disciplina speciale rispetto a quella più generale di cui al D.lgs. 231/2001.

Per questi motivi, l'adozione di un Modello di organizzazione gestione e controllo ai sensi del D.lgs. 231/2001 e la sua efficace attuazione in conformità a quanto richiesto dall'art. 30 del D.lgs. n. 81/2008, rappresenta un'occasione per l'imprenditore di dotarsi degli strumenti idonei ad evitare un'imputazione a titolo di "colpa in organizzazione" o mitigarne le pregiudizievoli conseguenze fornendo nel processo il primo argomento probatorio difensivo utile a conseguire quegli effetti liberatori.

*a cura dell'Avv. Fabrizio Ventimiglia e dell'Avv. Giorgia Mancuso (Studio Legale Ventimiglia)


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