Penale

Falso ideologico per l'avvocato che attesta l'autenticità della firma apocrifa nell'atto di citazione

Se poi nella fattispecie sussiste una lesione particolarmente grave della fede pubblica non è configurabile l'ipotesi di particolare tenuità del fatto

di Andrea Alberto Moramarco



Commette il reato di falso ideologico in certificati l'avvocato che attesta falsamente l'autenticità della sottoscrizione apposta a margine dell'atto di citazione. Se poi nella fattispecie sussiste una lesione particolarmente grave della fede pubblica e non sussiste alcuna giustificazione per il comportamento delittuoso tenuto dal legale, non è configurabile nemmeno l'ipotesi di particolare tenuità del fatto. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza n. 6348/2021, confermando il verdetto di condanna per il reato di cui all'articolo 481 cod. pen. nei confronti di un avvocato, reo di aver attestato l'autenticità della firma apocrifa nell'atto di citazione per impugnare una delibera dell'assemblea condominiale.

Nello specifico, a rivolgersi al professionista, al fine di impugnare una delibera assembleare, era una coerede di un appartamento sito in un condominio. L'atto di citazione recava la firma della donna e degli altri due fratelli coeredi, essendo però questi ultimi del tutto ignari dell'iniziativa giudiziaria intentata dalla sorella anche a loro nome.
In seguito la vicenda passava all'esame dei giudici penali che, in entrambi i gradi di giudizio, condannavano il legale a una pena di 230 euro, oltre al risarcimento del danno subito dalle parti offese, ovvero i due fratelli la cui firma apocrifa compariva a margine dell'atto di citazione incriminato.

Vano è il tentativo dell'avvocato di far annullare il verdetto in Cassazione. I giudici di legittimità, infatti, condividono in pieno la motivazione della corte territoriale ritenendo infondati i motivi di ricorso del legale, che puntava sull'assenza del dolo, nemmeno nella forma eventuale, e sulla possibilità di ottenere perlomeno il riconoscimento della tenuità del fatto.

Ebbene, puntualizza la Suprema corte, la consapevolezza del disaccordo tra i coeredi in relazione alla divisione dell'appartamento, l'insussistenza di un qualsiasi rapporto professionale o di qualunque forma di contatto tra l'avvocato e i due fratelli coeredi, nonché la palese somiglianza delle firme apposte, sono elementi che depongono per la consapevolezza del professionista di autenticare delle firme apocrife.
La stessa condotta e il pericolo per la pubblica fede ravvisato nella fattispecie, inoltre, non lasciano spazio nemmeno alla tenuità del fatto, in quanto «entrambi valutati non esigui». Difatti, a fronte di «un agire senza dubbio deliberato e chiaramente contrario ai doveri professionali, pertanto non di poco conto dal punto di vista del piano lesivo della condotta, non intervengono adeguate, differenti ragioni di segno contrario».

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Sezione 5