Giudicato implicito sui vizi processuali non impugnati
Per le Sezioni unite civili, sentenza n. 24172 depositata oggi, il giudice d’appello non può più rilevare d’ufficio la questione di rito “saltata” in primo grado, salvo vizi espressamente rilevabili “in ogni stato e grado” o incidenti su questioni fondanti
Il giudice dell’impugnazione ha o meno il potere di rilevare d’ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel precedente grado, nel quale la domanda è stata rigettata nel merito, e in mancanza di impugnazione incidentale della parte vittoriosa. La questione è stata risolta negativamente – salvo alcune eccezioni – dalle Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 24172 depositata oggi, a seguito della rimessione, per via di un contrasto insorto in seno alle Sezioni semplici, da parte della Terza sezione civile con l’ordinanza interlocutoria n. 17925/2024.
Nel caso specifico, la questione pregiudiziale di rito atteneva alla inammissibilità della domanda di responsabilità aggravata proposta al di fuori del giudizio in cui è maturata la condotta illecita, sulla quale il giudice di primo grado (sebbene oggetto di discussione tra le parti) non si è pronunciato, rigettando nel merito la pretesa risarcitoria della società attrice; inammissibilità che, però, è stata rilevata d’ufficio dal giudice di appello in assenza di gravame incidentale della parte vittoriosa nel merito (e che detta eccezione aveva sollevato in comparsa conclusionale di primo grado)”.
La Sezione rimettente dà atto che la questione dell’azione ex art. 96 c.p.c. al di fuori del processo cui si riferisce, configurandosi come questione inerente alla stessa proponibilità dell’azione, non si connota come eccezione rilevabile ad istanza di parte, bensì come questione di diritto rilevabile d’ufficio, per cui, ove non decisa in primo grado, non deve essere oggetto di deduzione a pena di decadenza, potendo essere rilevata anche da parte del giudice d’appello. Tuttavia, proprio su tale potere del giudice di secondo grado sono maturate opinioni contrastanti.
Un primo indirizzo (Cass. n. 25934/2022; Cass. n. 10641/2023), si legge nella decisione, ritiene che la reiezione nel merito di una domanda riconvenzionale da parte del giudice di primo grado non comporti alcuna statuizione implicita sull’ammissibilità della domanda medesima, con la conseguenza che non è predicabile l’attitudine della decisione di merito a formare giudicato implicito sulla questione di rito pregiudiziale. Il giudice del gravame ha dunque il dovere di rilevare in via officiosa la questione pregiudiziale di rito. Un secondo orientamento afferma, invece, che il giudice di primo grado deve pronunciarsi d’ufficio su una questione processuale per la quale è prescritto un termine di decadenza o il compimento di una determinata attività - in difetto di espressa previsione normativa della rilevabilità “in ogni stato e grado” ed escluse le ipotesi di vizi talmente gravi da pregiudicare interessi di rilievo costituzionale - entro il grado di giudizio nel quale essa si è manifestata. Se, invece, il giudice abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare d’ufficio sulla questione, resterebbe precluso l’esercizio del potere di rilievo d’ufficio sulla stessa, per la prima volta, tanto al giudice di appello quanto a quello di cassazione, ove non sia stata oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta. Si sarebbe infatti formato un giudicato implicito interno.
Al termine di una complessa ricostruzione normativa e giurisprudenziale, la sentenza è di 49 pagine, le S.U. addivengono al seguente principio di diritto: «Qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente su un vizio processuale rilevabile d’ufficio (in base alla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico, indisponibile dalle parti, sotteso alla norma processuale che stabilisce un requisito formale, prescrive un termine di decadenza o prevede il compimento di una determinata attività), la parte che abbia interesse a far valere detto vizio è onerata di proporre, nel grado successivo, impugnazione sul punto, la cui omissione determina la formazione del giudicato interno sulla questione processuale in applicazione del principio di conversione del vizio in motivo di gravame ex art. 161, comma primo, c.p.c., rimanendo precluso tanto al giudice del gravame, quanto alla Corte di cassazione, il potere di rilevare, per la prima volta, tale vizio ex officio».
«A tale regola – prosegue la Cassazione - si sottraggono, così da consentire al giudice dei gradi successivi di esercitare il potere di rilievo officioso, i vizi processuali rilevabili, in base ad espressa previsione legale, “in ogni stato e grado” e i vizi relativi a questioni “fondanti”, la cui omessa rilevazione si risolverebbe in una sentenza inutiliter data, ovvero le ipotesi in cui il giudice abbia esternato la propria decisione come fondata su una ragione più liquida, che impedisce di ravvisare una decisione implicita sulla questione processuale implicata».