Civile

Il danno parentale per la morte del coniuge va liquidato anche in base allo stato degli effettivi rapporti tra i due

La presunzione della sofferenza interiore e del peggioramento dell'aspetto dinamico-relazionale va raffrontata agli indizi contrari

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di Paola Rossi

Il risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del coniuge non va misurato in base ad automatismi. L'esame del giudice deve certamente partire dalla presunzione della sussistenza tanto del danno dinamico-relazionale quanto di quello morale per l'intima sofferenza, ma non può non verificare la sussistenza di eventuali elementi contrari che possano attenuarne o escluderne il riconoscimento. Infine, dice la Cassazione, che la sua liquidazione equitativa deve essere rapportata - per quanto possibile - a un sistema di punteggi da attribuire agli elementi affermativi o negativi della sua sussistenza.

Nel caso concreto la Corte di cassazione (sentenza n. 9010/2022) dopo aver confermato il corretto accertamento del nesso causale tra il comportamento dei medici dell'azienda sanitaria e il decesso del coniuge, ha dichiarato però "incompleto" l'esame del giudice nel verificare la situazione di fatto posta a base della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dalla moglie.

Infatti, la Cassazione conferma la validità del motivo di ricorso, proposto dall'azienda sanitaria, che riteneva essere stati ingiustamente pretermessi alcuni elementi di fatto che potevano portare a escludere o a ridurre sensibilmente la somma riconosciuta alla moglie come ristoro del danno da perdita di rapporto parentale. Tali elementi - contrastanti con i presunti danni non patrimoniali- erano costituiti dalla mancata prova della coabitazione nella stessa epoca dell'avvenuto decesso, dalla risalente relazione omosessuale intrattenuta dal marito e dal repentino cambio di vita realizzato dalla donna subito dopo l'evento luttuoso. Essa aveva, infatti, concepito un figlio con un nuovo compagno con il quale aveva intrapreso una nuova convivenza in epoca successiva a tale nascita. Elementi effettivamente poco o per niente valorizzati dal giudice di merito.

Il rinvio al giudice di merito
Da ciò - dice la Cassazione - è possibile giungere a escludere che vi fosse ancora quel legame affettivo e di condivisione "parentale" che in caso di perdita del familiare o del convivente determina tanto il danno dinamico-relazionale quanto quello dell'intima sofferenza morale. Infine, sulla liquidazione del danno la Cassazione ritiene non adeguato l'uso delle tabelle milanesi che non prevedono per il danno parentale l'applicazione del sistema cosiddetto a punti, ma solo un minimo e un tetto massimo. Per cui - in base agli orientamenti indicati nella decisione di rinvio - il giudice dovrà privilegiare - a meno di espressa motivazione - la tabella fondata su un sistema a punti che consenta anche l'estrazione media del loro valore, rapportato a tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini dell'accertamento del danno concretamente patito.

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