Penale

Il nuovo ergastolo ostativo ai sensi del Testo unificato delle proposte di Legge della Camera

Le proposte di legge in materia si sono rese necessarie a seguito delle recenti pronunce della Corte Costituzionale aventi ad oggetto, in particolare, il testo dell'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, ritenuto in contrasto con taluni principi fondamentali dell'ordinamento in quanto ostativo all'accesso ai benefici penitenziari per i condannati, anche alla pena dell'ergastolo, per reati particolarmente gravi contemplati al primo comma del medesimo articolo

immagine non disponibile

di Fabrizio Ventimiglia e Giorgia Conconi *

Le commissioni parlamentari permanenti I, VI e XI hanno recentemente espresso parere favorevole con riguardo al Testo Unificato delle proposte di legge della Camera dei Deputati in ordine alle modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 e alla legge 13 settembre 1982, n. 646 in materia di revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia.

Le proposte di legge in materia si sono rese necessarie a seguito delle recenti pronunce della Corte Costituzionale aventi ad oggetto, in particolare, il testo dell'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, ritenuto in contrasto con taluni principi fondamentali dell'ordinamento in quanto ostativo all'accesso ai benefici penitenziari per i condannati, anche alla pena dell'ergastolo, per reati particolarmente gravi contemplati al primo comma del medesimo articolo.

Nel 2019 la Consulta sanciva, dapprima, l'illegittimità costituzionale della citata previsione normativa in relazione agli artt. 3 e 27 co. 3 della Costituzione, nella parte in cui condizionava l'accesso ai benefici penitenziari alla collaborazione ai sensi dell'art. 58-ter dell'Ordinamento penitenziario da parte dei detenuti. Secondo la Corte, infatti, "mentre è corretto ‘premiare' la collaborazione con la giustizia prestata anche dopo la condanna - riconoscendo vantaggi nel trattamento penitenziario - non è invece costituzionalmente ammissibile ‘punire' la mancata collaborazione, impedendo al detenuto non collaborante l'accesso ai benefici penitenziari normalmente previsti per gli altri detenuti" (Corte Cost., 04/12/2019, n. 253).

Sulla scorta di tale precedente e della pronuncia dello stesso anno della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che dichiarava l'istituto del diritto italiano dell'ergastolo ostativo contrario all'art. 3 della CEDU in quanto pena inumana e degradante, nel 2021 la Corte Costituzionale statuiva che la pericolosità sociale del condannato per taluno dei reati sanciti dal primo comma dell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354, che si rifiuta di collaborare, deve essere presunta fino ad una eventuale prova contraria che può ben consistere in diversi e ulteriori elementi dai quali emergano i progressi ottenuti dal detenuto nel corso dell'esecuzione della pena. La Corte in tale occasione riteneva, dunque, che "il carattere assoluto della presunzione di attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata impedisce, infatti, alla magistratura di sorveglianza di valutare — dopo un lungo tempo di carcerazione, che può aver determinato rilevanti trasformazioni della personalità del detenuto — l'intero percorso carcerario del condannato all'ergastolo, in contrasto con la funzione rieducativa della pena, intesa come recupero anche di un tale condannato alla vita sociale, ai sensi dell'art. 27, comma 3, Cost." (Corte Cost., 11/05/2021, n. 97).

Con tale pronuncia la Consulta ha definitivamente posto un ultimatum al legislatore italiano sospendendo il giudizio in tema di ergastolo ostativo fino alla prossima udienza del 10 maggio 2022 e concedendo al Parlamento un anno di tempo per adeguare la disciplina di tale istituto ai principi costituzionali di uguaglianza e di umanità nonché alla funzione rieducativa della pena.

A distanza di quasi un anno dal suddetto provvedimento, l'odierno Testo Unificato della Commissione estende la concessione dei benefici di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario ai detenuti o internati per reati particolarmente gravi che, pur non avendo collaborato con la giustizia, abbiano fornito sufficienti elementi a dimostrazione di una avvenuta rieducazione a seguito del percorso carcerario. Orbene, ai sensi del nuovo testo in esame il condannato per i delitti di cui al primo comma dell'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario potrà accedere a permessi premio, lavoro all'esterno, semilibertà e liberazione anticipata allorché dimostri di non essere più legato all'associazione criminale cui apparteneva.

Nello specifico, il nuovo comma 1-bis del predetto articolo prevede che tale prova potrà essere fornita dal detenuto tramite l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna nonché mediante la documentazione di specifici elementi che testimonino la propria estraneità alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva che non siano, tuttavia, limitati alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione al percorso di rieducazione o alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale.

Ebbene, ai sensi delle modifiche introdotte dal Testo Unificato la concessione di tali benefici rimane, in ogni caso, condizionata alla soddisfazione di particolari requisiti nonché alle risultanze dei successivi accertamenti espletati dall'Autorità giudiziaria. Il testo in esame prevede, infatti, che la decisione del Giudice competente, ovvero il Tribunale di sorveglianza, in merito all'accoglimento o al rigetto di un'istanza di accesso ai benefici penitenziari debba essere subordinata al previo parere del Pubblico Ministero presso il Giudice che ha emesso il provvedimento di primo grado – o del Pubblico Ministero presso il Tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado – nonché del Procuratore Nazionale antimafia e antiterrorismo.

Il citato Giudice è, inoltre, tenuto ad acquisire informazioni da parte dell'istituto di detenzione dell'istante e ad eseguire accertamenti sulla situazione patrimoniale dello stesso, nonché su eventuali iniziative di riparazione o risarcimento del danno nei confronti delle vittime. Tuttavia, qualora, trascorso il termine di 30 giorni, non siano pervenuti i suddetti pareri o le informazioni relative agli accertamenti richiesti, il Giudice potrà decidere, ancorché motivando adeguatamente il provvedimento di accoglimento o di rigetto, anche in assenza di questi.

Infine, occorre rilevare, con particolare riguardo alla liberazione condizionale, che la nuova disciplina prevede che il detenuto che non collabori con la giustizia debba aver scontato almeno due terzi della pena temporanea o un minimo di 30 anni per la pena dell'ergastolo ai fini dell'istanza di accesso a detto beneficio.

*a cura dell'Avv. Fabrizio Ventimiglia e della Dott.ssa Giorgia Conconi (dello Studio Legale Ventimiglia)


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©