Il potenziale extraterritoriale della Corporate Sustainability Due Diligence Directive, quali i punti di forza e debolezza?
Il potenziale deriva dalla sua applicabilità non solo alle imprese che operano in territorio UE, ma anche alle loro filiali e ai loro partner commerciali all’interno delle loro catene del valore che operano in Paesi extraeuropei
La direttiva 2024/1760/UE in tema di due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità ( Corporate Sustainability Due Diligence Directive - CSDDD ) impone alle imprese europee, comprese le loro filiali e i loro partner commerciali nei Paesi extraeuropei, di rispettare rigorosi standard ambientali e sui diritti umani.
In altri termini, la CSDDD ha il potenziale di rimodellare il modo in cui le imprese rispondono alle problematiche ambientali e dei diritti umani legate alle loro operazioni lungo le loro catene del valore.
Pur essendo parte del diritto eurounitario, la CSDDD ha evidenti effetti extraterritoriali, in quanto influenza la condotta di attori stranieri e si propone di disciplinare fattispecie che si verificano in Paesi terzi.
Infatti, il potenziale extraterritoriale della direttiva, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a), deriva dalla sua applicabilità non solo alle imprese europee e straniere che operano nel territorio dell’Unione europea, ma anche alle loro filiali e ai loro partner commerciali all’interno delle loro catene del valore che operano in Paesi extraeuropei.
È interessante capire in che modo la CSDDD impatti su fattispecie ambientali e di tutela dei diritti umani nei Paesi extraeuropei in cui operano le filiali o i partner commerciali di imprese europee soggette alla direttiva, che, in genere, sono regolate da leggi regionali e nazionali.
Sebbene la CSDDD offra indubbi benefici, come una migliore protezione dell’ambiente e una maggiore responsabilità per le multinazionali, tuttavia essa solleva anche preoccupazioni circa l’imposizione di valori eurocentrici in Paesi extraeuropei, tentando di far rispettare norme eurounitarie a scapito dei contesti locali con possibili conseguenti squilibri di potere a livello globale.
Uno dei nodi principali di questa direttiva è proprio il livello di materiale osservanza della direttiva a livello globale e cioè se la stessa possa avere un impatto concreto sul diritto a un ambiente sano o alla tutela dei diritti umani in Paesi extra UE.
La CSDDD definisce gli impatti ambientali negativi come impatti negativi sulla persona derivanti dalla violazione dei divieti e degli obblighi degli accordi ambientali multilaterali (MEA) elencati nella parte II dell’allegato della direttiva (articolo 3, comma 1, lettera b). Tra questi, gli accordi multilaterali d’intesa che elaborano obblighi specifici per la protezione della biodiversità , dei siti del patrimonio naturale, delle zone umide e degli ambienti marini , e gli accordi multilaterali d’intesa che vietano il commercio di sostanze pericolose e di rifiuti tossici .
La direttiva stabilisce, altresì, che gli impatti negativi sui diritti umani sono definiti come violazione degli obblighi e dei divieti degli strumenti internazionali sui diritti umani elencati nella parte I dell’allegato della direttiva, che ricomprendono i diritti umani di individui, comunità e bambini, compresi i diritti alla vita, alla salute, a un’alimentazione adeguata, alla terra, alle risorse e ai mezzi di sussistenza (articolo 3, comma 1, lettera c).
Per far fronte a questi impatti, le imprese destinatarie della direttiva sono tenute a svolgere unadue diligence in materia di diritti umani e ambiente, adempiendo ai seguenti compiti specifici:
- integrare la due diligence nelle politiche aziendali e nei sistemi di gestione del rischio ;
- identificare e valutare gli impatti negativi effettivi e potenziali;
- dare priorità agli impatti negativi effettivi e potenziali identificati;
- prevenire gli impatti negativi potenziali ;
- porre fine agli impatti negativi effettivi ;
- condurre un impegno significativo con le parti interessate ;
- istituire procedure di notifica e di reclamo per ricevere preoccupazioni legittime in merito agli impatti negativi effettivi o potenziali ;
- valutare periodicamente le proprie operazioni e le misure adottate per garantire la continuità della conformità;
- pubblicare annualmente sui siti web delle imprese le dichiarazioni relative alle misure di due diligence adottate (articoli 6-15).
Per garantire l’osservanza degli obblighi previsti, la direttiva impone agli Stati membri di adottare norme per facilitare l’imposizione di sanzioni pecuniarie in caso di violazione delle leggi nazionali sulla dovuta diligenza (articolo 27).
Al riguardo, l’articolo 27, comma 4, stabilisce che le eventuali sanzioni pecuniarie imposte si basano sul fatturato netto mondiale della società. Il limite massimo della sanzione pecuniaria non è inferiore al 5% del fatturato netto mondiale della società nell’esercizio precedente la decisione che impone la sanzione.
In base all’articolo 28 della direttiva (Rete europea delle autorità di controllo), la Commissione europea stabilisce una rete unionale delle autorità di controllo con il compito di coordinare e allineare le prassi regolamentari investigative, sanzionatorie, di vigilanza e di condivisione delle informazioni. In particolare, la rete europea delle autorità di controllo pubblica, tra l’altro, un elenco indicativo delle società di Paesi terzi soggette alla CSDDD.
Sulla base dei richiamati disposti normativi, è evidente come l’ampia portata extraterritoriale faccia assurgere la direttiva a veicolo per la continua universalizzazione dei valori europei, quale realizzazione dell’effetto Bruxelles.
Poiché la conformità sarà richiesta a un gran numero di società, filiali e partner commerciali nella catena di approvvigionamento globale, per un verso, la direttiva sembrerebbe avere il potenziale per diventare una legislazione sovraordinata, che definisce ciò che è conforme alle norme eurounitarie in materia di diritti umani e di due diligence ambientale; per l’altro, essa pone seri interrogativi in ordine alla sua materiale implementazione in paesi in via di sviluppo, soprattutto in ragione del fatto che molte giurisdizioni presentano sistemi normativi in tema di tutela ambientale e diritti umani poco efficaci, sistemi di due diligence aziendale scarsamente implementati e significativi livelli di corruzione.
Ci si chiede se, ad esempio, la CSDDD sia realmente in grado di interrompere i cicli estrattivi illegali o comunque non in linea con gli standard internazionali nei Paesi terzi produttori di materie prime, con il rischio che, nonostante gli ambiziosi obiettivi posti dal provvedimento eurounitario, di fatto, si continui a perpetuare il trasferimento e l’esternalizzazione del danno ambientale tipico delle supply chain globali.
In questa direzione, il potenziale extraterritoriale della CSDDD ha recentemente indotto parte della comunità internazionale a ritenere che il provvedimento unionale di che trattasi tenda a imporre valori eurocentrici attraverso il trasferimento diretto e indiretto di norme eurounitarie in detti Paesi, in pregiudizio dei valori e dei sistemi giuridici locali, soprattutto se si considera che le imprese destinatarie della direttiva sono per lo più imprese multinazionali, che esercitano forti pressioni economico-sociali in Paesi essenzialmente fragili.
In altri termini, c’è il rischio che, su scala globale, le ambizioni extraterritoriali del provvedimento unionale in esame finiscano per essere interpretate come un tentativo di rafforzare una certa dominanza culturale del Nord del mondo sulla periferia.
In conclusione, la materiale implementazione della direttiva su scala globale potrebbe essere impedita, oltre che dalle segnalate gravi criticità afferenti ai sistemi socio-economici e istituzionali dei Paesi terzi, anche da un ostracismo culturale delle élite di quei Paesi a voler accettare un provvedimento unionale che potrebbe essere interpretato come una forte ingerenza nella sovranità esclusiva di quei Paesi a disciplinare le delicate materie coperte dalla CSDDD.
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*A cura di Marco Letizi, PhD, Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Legale, Consulente Internazionale delle Nazioni Unite, Commissione Europea e Consiglio d’Europa