Comunitario e Internazionale

Il recupero transfrontaliero dei crediti commerciali in ambito fallimentare

Il creditore, in caso di declaratoria del fallimento del proprio debitore, non può ricorrere allo strumento dell'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari

di Rossana Mininno


Con il decreto legislativo 26 ottobre 2020 n. 152 il legislatore ha proceduto all'adeguamento della disciplina nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 655/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 , mediante il quale il normatore eurounitario ha introdotto uno strumento giuridico finalizzato a facilitare, nell'ambito dell'Unione europea, il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale.

Trattasi, nello specifico, di una misura cautelare emessa nella forma dell'ordinanza, riconosciuta ex lege e con efficacia esecutiva negli altri Stati membri a prescindere dal ricorso a procedure di riconoscimento e a dichiarazioni di esecutività e direttamente utilizzabile dal creditore al fine di ottenere, nei casi connotati dal carattere della transnazionalità, il sequestro conservativo delle somme detenute dal debitore in conti bancari ubicati in Stati membri diversi onde evitarne il prelievo o il trasferimento da parte del medesimo debitore.

Nell'ottica del normatore eurounitario la transnazionalità non deve costituire un ostacolo alla tutela giurisdizionale del diritto di credito in ambito europeo.

Ai sensi del Regolamento un caso è transnazionale quando il conto bancario su cui si intende effettuare il sequestro è detenuto in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede l'Autorità giudiziaria competente all'emissione dell'ordinanza oppure da quello del domicilio del creditore.

Per quanto attiene alla fonte della pretesa creditoria da azionare il Regolamento ha individuato, in senso legittimante all'instaurazione della procedura, tre diversi titoli: la decisione giudiziaria, definita come «qualsiasi decisione emessa da un'autorità giudiziaria di uno Stato membro, compresa la decisione sulla determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere» (articolo 4); la transazione giudiziaria, definita come «la transazione approvata dall'autorità giudiziaria di uno Stato membro o conclusa dinanzi all'autorità giudiziaria di uno Stato membro nel corso di un procedimento» (articolo 4); l'atto pubblico, definito come «un documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico in uno Stato membro e la cui autenticità: a) riguardi la firma e il contenuto dell'atto; e b) sia stata attestata da un'autorità pubblica o da altra autorità a tal fine autorizzata» (articolo 4).

Avendo il fattore ‘tempo' un rilievo non trascurabile, in quanto potenzialmente in grado di vanificare il soddisfacimento della pretesa creditoria, la procedura può essere avviata anche in epoca antecedente all'instaurazione del procedimento di merito finalizzato alla formazione di un titolo spendibile nei confronti del debitore onde assicurare al creditore una tutela anticipata rispetto all'esecuzione di una successiva decisione di merito.

Al ricorrere di tale ipotesi il creditore è tenuto a fornire la prova sia del periculum in mora, dovendo dimostrare che vi è la «urgente necessità di una misura cautelare sotto forma di ordinanza di sequestro conservativo» in quanto «sussiste il rischio concreto che, senza tale misura, la successiva esecuzione del credito […] sia compromessa o resa sostanzialmente più difficile» (articolo 7) che del fumus boni iuris, dovendo dimostrare che «la sua domanda relativa al credito vantato nei confronti del debitore sarà verosimilmente accolta nel merito» (articolo 7).

L'ordinanza è emessa inaudita altera parte: il debitore «non è informato della domanda di ordinanza di sequestro conservativo, né è sentito prima dell'emissione dell'ordinanza» (articolo 11).

La garanzia delle ragioni del debitore è posticipata a un momento successivo, nel quale la pienezza del contraddittorio si riespanderà, essendo al medesimo riconosciuto il diritto di impugnare l'ordinanza per i motivi enumerati all'articolo 33 ovvero di opporsi alla relativa esecuzione nelle ipotesi indicate dall'articolo 34.

La misura cautelare istituita dal Regolamento è facoltativa e si aggiunge a quelle previste dalle legislazioni nazionali, delle quali il creditore rimane libero di avvalersi, in tal modo instaurandosi un sistema multilivello connotato dall'esistenza di una rete di garanzie processuali a livello non solo nazionale, ma anche europeo.

Il normatore eurounitario ha, tuttavia, escluso dall'ambito applicativo del Regolamento le procedure concorsuali: «il presente regolamento non dovrebbe applicarsi a crediti vantati nei confronti del debitore nel contesto della procedura d'insolvenza. Ciò dovrebbe comportare che non possa essere emessa alcuna ordinanza di sequestro conservativo nei confronti del debitore una volta aperta una procedura di insolvenza a suo carico […] tale esclusione dovrebbe consentire di avvalersi dell'ordinanza di sequestro conservativo a garanzia del recupero di pagamenti pregiudizievoli effettuati dal debitore a terzi» (considerando 8).

La ratio di tale esclusione è quella di evitare che l'ordinanza di sequestro conservativo su conti bancari possa porsi in rapporto di incompatibilità con le norme inderogabili e di ordine pubblico vigenti nei singoli Stati in materia di procedure concorsuali.

Ne discende che, per quanto attiene all'ordinamento italiano, l'accertamento dei crediti vantati nei confronti di un soggetto dichiarato fallito rimane regolato dalle norme dettate dagli articoli da 92 a 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in virtù delle quali le operazioni di formazione e di verificazione dello stato passivo sono compiute in ossequio ai principi di concorsualità ed esclusività del procedimento di accertamento del passivo, strutturato in maniera tale da assicurare la partecipazione e il contraddittorio di tutti i soggetti che vantino pretese creditorie da far valere sul patrimonio acquisito all'attivo.

Il Regolamento, pertanto, non incide in senso derogatorio sul divieto di azioni esecutive e sull'effetto di cristallizzazione del patrimonio del debitore riveniente dalla declaratoria del fallimento, precipuamente finalizzati a porre detto patrimonio al riparo dalle pretese di soggetti che vantino titoli formatisi in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento ovvero a impedire che siano fatte valere, nel concorso fallimentare, pretese aggiuntive rispetto a quelle facenti parte del patrimonio del fallito alla data della sentenza di fallimento (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. I, 8 agosto 2013, n. 19025 ).

Il procedimento di accertamento del passivo, soggetto al rito speciale previsto dagli articoli 93 e seguenti del regio decreto n. 267 del 1942 e improntato a cognizione sommaria, si conclude con il decreto del Giudice delegato che rende esecutivo lo stato passivo, la cui definitività sancisce, con un grado di stabilità assimilabile al giudicato, l'ammissione del credito con efficacia preclusiva di ogni altra questione che possa riguardarlo, comprese le eventuali cause di prelazione che lo assistono (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 24847; Cass. civ., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19003; Cass. civ., Sez. I, 27 ottobre 2017, n. 25640 ).

Pertanto, per il creditore che intenda ottenere il soddisfacimento della pretesa vantata la partecipazione al procedimento di verificazione dello stato passivo, rectius l'insinuazione al passivo è (e rimane) l'unica modalità a disposizione del creditore.

Avendo il normatore eurounitario precisato che l'esclusione «dovrebbe consentire di avvalersi dell'ordinanza di sequestro conservativo a garanzia del recupero di pagamenti pregiudizievoli effettuati dal debitore a terzi» (considerando 8), si potrebbe ritenere - sulla base del mero dato letterale - il ricorso allo strumento giuridico introdotto dal Regolamento consentito al solo curatore.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©