Il CommentoPenale

Il superamento del principio solidaristico in materia di confisca e sequestro di valore

Gli argomenti a sostegno in vista della pronuncia delle Sezioni Unite penali

Globe, Law and justice concept

di Vittorio Mazzocca Gamba*

I termini della questione sottoposta all’attenzione delle sezioni unite

Con l’ordinanza n. 22935, depositata il 6 giugno 2024, la Corte di Cassazione, Sez. VI penale, ha rimesso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 co. 1 (ovvero ai sensi del co. 1 bis) c.p.p., alcune interessanti questioni in materia di confisca per equivalente.

Il tema controverso riguarda la perdurante validità, o comunque l’ampiezza applicativa, del principio giurisprudenziale introdotto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26654, Rv. 239924, del 27 marzo 2008, secondo cui “in caso di un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato…”, con la conseguenza che “perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato”.

La giurisprudenza successiva, infatti, ha variamente interpretato tale assunto, fornendone letture volte a fornirne una lettura forte ovvero più debole, se non addirittura a proporne un sostanziale superamento.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, teso ad espandere la portata del principio solidaristico, esso, in caso di confisca di valore, opererebbe sempre (Cass. Sez, II, n. 9102/2020). Tale lettura è infatti tesa ad escludere che, in caso di reato concorsuale, sia possibile procedere alla ripartizione dell’oggetto della confisca per equivalente (nonché del sequestro preventivo alla stessa finalizzato), dovendo invece l’ablazione essere disposta, per l’intero valore, nei confronti di ciascun concorrente, indipendentemente dal concreto conseguimento di una quota dello stesso o dalla misura percepita individualmente. Ciò con il solo limite della duplicazione o comunque del quantum complessivo.

V’è poi un secondo orientamento giurisprudenziale, teso a fornire una lettura più restrittiva del principio di solidarietà (Cass. Sez. VI, n. 6607/21). Diversamente dalla lettura più forte, tale linea ermeneutica limita l’ablazione indifferenziata solo a quelle ipotesi in cui non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto concretamente incamerata da ciascuno dei concorrenti, non potendo, altrimenti, la confisca (o il sequestro ad essa finalizzato) superare, per ciascuno, il valore di questa quota.

Per giungere a tale conclusione, cui l’ordinanza di rimessione manifesta espressa adesione, l’orientamento in esame valorizza alcuni passaggi contenuti nella stessa motivazione delle SU.

Ancora, in contrasto con le letture sin qui richiamate, un terzo orientamento giurisprudenziale fornisce una lettura che implica la sostanziale vanificazione del principio di solidarietà. In esso si sostiene, infatti, che, in caso di reato concorsuale, alla ripartizione dell’oggetto della confisca per equivalente debba provvedersi comunque, anche quando, cioè, non possa determinarsi la quota di profitto realizzata da ciascun concorrente (Cass., Sez. I, n. 4902 del 16/22/2016, dep 2017, G. [Omissis ndr.], Rv. 269387). Nell’ambito di tale orientamento, invero, non v’è concordia circa il criterio da adottare per operare la ripartizione del profitto. Secondo alcune decisioni, la suddivisione deve avvenire in parti eguali (come nelle obbligazioni solidali ai sensi degli artt. 1298, 2055 c.c.); secondo altre, deve aversi riguardo al grado di responsabilità del singolo concorrente e al suo “ grado di partecipazione al profitto ” (Cass, Sez. VI, n. 4727 del 20/01/2021, R. [Omissis], Rv. 280596).

Gli argomenti tradizionalmente posti a sostegno del principio solidaristico

Rispetto agli orientamenti ermeneutici sin qui richiamati, appare possibile auspicare che le Sezioni Unite assegnino prevalenza alla tesi che più circoscrive (anzi, supera) il principio di solidarietà. Per sostenere tale prospettiva, sembra utile prendere le mosse dall’analisi degli argomenti nei quali, nel ragionamento delle SU in commento, affonda le radici l’operatività dell’ablazione indifferenziata, o tendenzialmente indifferenziata, nella confisca (e nel sequestro ad essa finalizzato) per equivalente. Ciò consentirà, poi, di evidenziare gli aspetti critici che contraddistinguono tali argomentazioni e che consentono di ipotizzare l’opportunità del sostanziale superamento della logica della solidarietà.

In tale prospettiva, va richiamato il primo argomento posto a sostegno della solidarietà passiva nella confisca di valore. Esso è rappresentato dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente, la quale determinerebbe, non solo, in bonam partem, l’operatività delle garanzie di tassatività ed irretroattività (v. La strana coppia: sequestro e confisca per equivalente, c.s. solidarietà passiva tra i correi, D. Fondaroli, Arch. Pen. n. 2/11; ), ma anche, in malam partem, la riconducibilità del vincolo reale nel perimetro applicativo del principio di solidarietà nella pena sancito dall’art. 110 c.p. 

Il carattere afflittivo della misura, tesa a realizzare una forma di prelievo pubblico a compensazione di guadagni illeciti, conseguente alla mera produzione del profitto illecito e non alla sua effettiva disponibilità, ne consentirebbe quindi l’imposizione paritaria per tutti coloro che siano concorsi a produrlo.

Sempre nella stessa prospettiva, è opportuno richiamare anche il secondo argomento posto a sostegno dell’ablazione indifferenziata (o tendenzialmente indifferenziata) nella confisca per equivalente. Esso, invero, è strettamente legato a quanto appena sopra richiamato in ordine alla natura sanzionatoria, trattandosi di un argomento che s’incentra sulla natura monistica, o unitaria, del concorso di persone nel reato, secondo cui ciascun correo, la cui attività si sia inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, risponde anche degli atti posti in essere dagli altri compartecipi e dell’evento delittuoso nella sua globalità.

Mediante una lettura “ forte ” di tale principio, nonché alla luce della suindicata natura sanzionatoria della confisca di valore, si sostiene che i singoli concorrenti debbano rispondere in modo “ monolitico ” anche dei medesimi effetti sanzionatori, in particolare della medesima ablazione a prescindere dal quantum di profitto concretamente percepito.

La criticità del primo argomento fondante il principio solidaristico: la natura sanzionatoria è, illogicamente, sia la giustificazione sia l’effetto della solidarietà.

Richiamati i due principali argomenti tradizionalmente posti a sostegno della solidarietà del vincolo discendente dalla confisca di valore, è ora opportuno evidenziarne una prima criticità.

Questa attiene alle illogicità del ragionamento che, come sopra osservato, ricollega la solidarietà della confisca per equivalente alla natura sanzionatoria della stessa. Sul punto, può infatti osservarsi come, in realtà, l’unico dato che porta a connotare in senso afflittivo la confisca di valore, differenziandola da quella diretta, sia rappresentato proprio dalla possibilità di un’ablazione indifferenziata, cioè operante pure nei confronti di chi non abbia percepito alcun profitto accrescitivo.

In materia di confisca, il vero tratto differenziale tra la natura ripristinatoria e quella punitiva non si incentra tanto sulla sussistenza o meno dell’identità fisica tra il bene ablato e quello percepito, quanto, piuttosto, sulla presenza o meno di un complessivo e finale effetto di “impoverimento” del destinatario della misura: un effetto appunto conseguente proprio al principio di solidarietà. Se, quindi, la natura sanzionatoria della confisca di valore discende, principalmente, dalla sua potenziale applicazione anche al concorrente che nulla abbia percepito, risulta allora illogico giustificare tale effetto, cioè la solidarietà, sempre sulla base della stessa natura sanzionatoria che, in realtà, è al medesimo conseguente. Si tratta, infatti, di un ragionamento vizioso, che giustifica la solidarietà sul presupposto di una natura sanzionatoria derivante, invero, dalla solidarietà stessa e dall’effetto di “impoverimento” che ne deriva.

A sostegno degli assunti appena evidenziati, è possibile richiamare le autorevoli opinioni dottrinali già espresse sul punto. In dottrina (Riflessioni sulla quantificazione del profitto illecito e sulla natura giuridica della confisca diretta e per equivalente, S. Finocchiaro, DPC n. 3/20), infatti, è stata criticata la tesi della “ natura necessariamente punitiva della confisca di valore ”, osservandosi che “fin quando l’afflizione consiste nel “perdere” qualcosa che si trova attualmente nel proprio patrimonio, ma che non vi sarebbe se non fosse stato commesso il fatto illecito, la misura non assume contenuto punitivo, ma si pone quale mera logica conseguenza della sua originaria acquisizione illecita”. Conseguentemente, si è precisato che “la natura sostanziale della confisca non è influenzata dal fatto che l’arricchimento illecito venga neutralizzato apprendendo proprio le cose tratte dal reato o un loro esatto equivalente; piuttosto, la natura della misura ablatoria dipende dalla modalità di calcolo del quantum confiscabile, calcolo sul quale è parametrata tanto la confisca diretta quanto quella per equivalente. Anche quest’ultima, cioè, acquista connotati punitivi quando i beni appresi per equivalente siano di valore superiore all’effettivo arricchimento illecito che il destinatario della misura ha conseguito grazie al reato; mentre invece assume natura meramente ripristinatoria allorché la misura si limiti a riportare il valore economico del patrimonio del reo nelle condizioni in cui si troverebbe se non fosse stato commesso il reato”.

Sempre sul punto, si è altresì osservato che, “nella confisca per equivalente, come voluta e congegnata dal legislatore, si confisca al reo pur sempre un valore equivalente al provento da lui effettivamente ritratto; nella confisca “in solido”, invece, tale principio di equivalenza viene obliterato e aggirato: si confisca, infatti, al correo più di quanto egli abbia effettivamente ricavato. Ecco, allora, che affermare: “la confisca per equivalente ha natura sanzionatoria” (Confisca per equivalente e concorso di persone: tra responsabilità individuale e principio solidaristico, G. Civello, Arch. Pen. 2024, n. 1).

In altri termini, non può attribuirsi natura natura punitivo-sanzionatoria alla confisca per equivalente semplicemente richiamando la diversità dei beni appresi mediante la stessa. Si deve invece avere riguardo alla modalità di calcolo del quantum confiscabile, che sono appunto influenzate, in senso punitivo, proprio dal principio di solidarietà, la cui operatività può condurre all’ablazione di un quantum superiore rispetto a quello effettivamente percepito dal singolo concorrente.

Conseguentemente, è nel vincolo di solidarietà che principalmente risiede la natura punitiva della confisca di valore; con l’ulteriore conseguenza che quest’ultima (la natura punitiva) non può certo giustificare il primo (il vincolo solidale).

Le criticità del secondo argomento fondante la solidarietà: la tesi dell’unitarietà del reato concorsuale non giustifica la solidarietà ed è ormai in via di superamento.

Ciò posto circa le criticità del primo argomento a sostegno della solidarietà, è ora possibile, nella stessa prospettiva, evidenziare le problematicità del secondo. Quest’ultimo, come sopra rilevato, è rappresentato dalla teoria monistica (o unitaria) del reato concorsuale; tale principio, inerente alla fattispecie plurisoggettiva eventuale, tuttavia, non sembra in realtà idoneo a giustificare il vincolo di solidarietà passiva della confisca di valore.

Infatti, anche a prescindere dall’osservazione secondo cui esso affonda le radici in una ratio storica dell’art. 110 c.p. da ritenersi ormai superata con l’avvento del principio costituzionale di personalità ex art. 27 Cost. (Arch. Pen n. 1/24), va altresì evidenziato come la stessa disciplina codicistica del reato concorsuale (artt. 112-114 c.p.) consenta una differenziazione in concreto della pena, non essendosi mai sostenuto che dal modello unitario debba derivare l’applicazione in concreto, a tutti i correi, della stessa e identica sanzione “ fissa ” (ibidem).

Sembra, quindi, una forzatura trarre dal principio monistico la conseguenza dell’ablazione indifferenziata in caso di confisca di valore, peraltro in contrasto con il principio personalistico e il finalismo rieducativo nonché con il principio di proporzione.

L’evidenziata inidoneità del principio monistico del reato concorsuale a supportare la solidarietà nella confisca è poi argomentabile alla luce di un’ulteriore osservazione. La concezione unitaria della fattispecie plurisoggettiva eventuale, risulta infatti, attualmente, in via di progressivo superamento o, comunque, ne risultano fortemente attenuati i risvolti interpretativi concreti. Secondo l’orientamento interpretativo che si sta affermando, il principio monistico rappresenta “ un postulato, un dogma immotivato ”, le cui radici storiche sono ormai state superate dall’introduzione dei suindicati valori costituzionali e convenzionali di personalità e proporzione.

In questa prospettiva, è stata proposta un’accezione “debole” di tale principio, il quale deve essere inteso quale mera unitarietà, sotto un profilo causale, dell’offesa tipica, senza ulteriori corollari né sul titolo di reato o sull’elemento psichico né sulla punibilità o sulla pena.

L’impostazione appena posta in rilievo trova un concreto riscontro nell’interpretazione giurisprudenziale. Il riferimento è anzitutto alla recente giurisprudenza in materia di concorso in autoriciclaggio (Cass., Sez. II, 17.12018, n. 17235, T.), nel riciclaggio e nel reimpiego (art. 648 ter c.p.): essa, oltre ad aver letto in senso “ debole ” il principio monistico, quale “unità di concorso nel fatto sotto un profilo essenzialmente causale, senza conseguenze su punibilità, titolo, elemento psichico”, ha altresì introdotto il concetto di “ concorso nell’illecito complessivo ” così delineando una “una categoria ricostruttiva utile anche sotto il profilo dell’applicazione del principio solidaristico” (Il quantum da sottoporre a sequestro e a confisca nei delitti di reimpiego, I. Teresi, Giustizia Insieme), ancorché senza farne discendere il superamento di quest’ultimo.

Un ulteriore riferimento favorevole al progressivo “ affievolimento del principio monistico può trarsi dal recente dibattito formatosi in vista del pronunciamento delle Sezioni Unite in materia concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti (Cass., SU, 11.7.2024, n. 27727). In esso, infatti, paiono significative le osservazioni formulate dal PG nella propria memoria, volte appunto a sostenere una lettura “debole” del principio in esame (in linea con Cass. Sez. IV, n. 7032/2019).

Alla luce di tali considerazioni, tese a evidenziare il progressivo superamento/affievolimento del “dogma” dell’unitarietà del reato concorsuale, sembra irragionevole continuare a valorizzarlo ai fini della solidarietà in materia di confisca di valore. Se, nell’ambito dei recenti sviluppi interpretativi, tale principio non può essere inteso quale eguale titolo di responsabilità, né quale identità di nomen iuris né, soprattutto, quale “ eguale punibilità estesa a tutti i concorrenti, nell’an e nel quantum ” (Cass Sez. IV, n. 7032/2019), non si vede allora come il “dogma” dell’unitarietà possa, invece, continuare a sostenere l’ablazione indifferenziata dei beni nei confronti di tutti i concorrenti, a prescindere dalla concreta percezione, da parte dei medesimi, del profitto accrescitivo ovvero del ruolo da ciascuno svolto nel determinismo produttivo dell’evento concorsuale.

Appare, pertanto, ragionevole sostenere che anche tali considerazioni sulla validità e portata del “dogma” dell’unitarietà possano inserirsi nel dibattito concernente la questione sottoposta dalla Sezione VI con ordinanza n. 22935, del 6 giugno 2024, al vaglio delle SU. Esse, infatti, possono rappresentare degli ulteriori elementi a sostegno della tesi interpretativa secondo cui, in caso di reato concorsuale, alla ripartizione dell’oggetto della confisca per equivalente debba provvedersi comunque, anche quando, cioè, non possa determinarsi la quota di profitto realizzata da ciascun concorrente (Cass., Sez. I, n. 4902 del 16/22/2016, dep 2017, G., Rv. 269387).

Considerazioni conclusive

In conclusione, vi sono molteplici argomenti a sostegno della opportunità del superamento del principio di solidarietà. In tale direzione, in vista della decisione delle Sezioni Unite, è possibile valorizzare anzitutto l’argomento teso ad evidenziare l’illogicità del ragionamento che giustifica la solidarietà richiamando un’asserita natura sanzionatoria invero derivante, sostanzialmente, dalla stessa solidarietà anziché dalla mera divergenza tra i beni ablati e quelli pertinenti al reato. Inoltre, può valorizzarsi l’osservazione secondo cui la natura unitaria del reato concorsuale, non implicando certo una parità di trattamento sanzionatorio (peraltro contrastante con i principi di personalità e proporzione), non implica neppure l’ablazione indifferenziata.

A tali considerazioni, già valorizzate in dottrina, sembra poi possibile aggiungere l’argomento secondo cui, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di stupefacenti, autoriciclaggio e reimpiego, il “dogma” dell’unitarietà del reato concorsuale non possa che essere inteso in senso “debole, cioè quale mera unitarietà causale nella stessa offesa tipica, senza implicazioni in relazione al trattamento sanzionatorio e, quindi, neppure in relazione alla confisca di valore.

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*A cura dell’Avv. Vittorio Mazzocca Gamba, Studio Legale Proietti